“Agosto è il mese più freddo dell’anno” – 3

“Agosto è il mese più freddo dell’anno” (da una canzone dei Perturbazione) è un racconto a puntate. In un torrido giorno agostano, i personaggi qui raccontati, sono coinvolti in una rapina al portavalori. Questo il contesto: il quartiere di Montesacro, tra Tufello, Talenti, Valle Melaina, San Basilio, Fidene, Porta di Roma, Podere Rosa; gli ambienti sono: case popolari, Bar, parcheggi, muretti, scale di condominio, stradoni, buche e cantieri. Come sfondo alla rapina, si parla di amicizia, d’amore, e tra le righe qualche citazione: Pasolini, Calvino, Flaiano, Queneau e Ionesco. Una storia da Nulla, nel Nulla. Un luogo dove i personaggi affrontano le vite come se fossero in uno sceneggiato televisivo, perché qui i Media e la Tv sono l’Ara della cultura, e la legalità un mero punto di vista. Montesacro nel racconto è un luogo dove si dorme, si vive, si muore, soli.
In ogni parte del racconto troverete un link di un brano idoneo a fare da sottofondo alla lettura

Cemento Armato

Via Conti è un fabbricato enorme, grigio, con 9 torri/scale. Opera del 1975 dello Studio Passarelli, lo stesso architetto che ha progettato Corso Sempione a Milano e La Banca d’Italia di via XX Settembre a Roma. È famoso per essere inquadrato e usato come sfondo nel film “Bianco Rosso e Verdone”. Via Conti è uno stradone di un chilometro circa che contiene circa 1000 appartamenti e 36 scale tanto da essere contraddistinte da codici alfanumerici. Sono abitazioni popolari, che nulla hanno da invidiare al Corviale. Qui c’è la casa di Riccardo e della madre. Una casa operaia, dignitosa anche se malandata. Riccardo passa sotto le gallerie a ponte dei parcheggi sotterranei, spegne il motore, scende dalla macchina, sale due rampe di scale ed entra al livello strada. È un lungo labirinto che neanche Dedalo avrebbe potuto immaginare.
C’è una prima fila di case basse da un piano coperte dalle antenne satellitari da cui si copre la strada. Mentre ti addentri tra le scale a chiocciola si vede di tutto: carte straccia, santini, lari, edicole, rifiuti vari, cataloghi di Ikea abbandonati, scritte sui muri inneggianti destra e sinistra o all’uso delle droghe, indifferentemente.
Dio qui c’è sempre anche se è probabilmente morto.
Carrelli e motorini abbandonati sostano al terzo piano su strane piazze in cemento e gomma da palestra. I graffitari, non so se per mancanza di studi classici o per volontà, usano font illeggibili e scrivono sgrammaticato, tanto che dei segni sulle pareti intuisci poco o nulla. La fanno da padrone Lazio o Roma e correzioni una sopra l’altra. Riccardo prende le scale, si fa il segno della croce davanti ad un’edicola di una Madonna. Le scale bianche in teoria, mai nessuno l’ha pulite, il cemento è logoro e si sgretola da solo.
All’interno della casa, Annamaria attende in una consunta vestaglia bianca, capelli bianchi sciolti ma con una certa compostezza. Sorseggia un caffè. Mentre si sente la chiave che gira e la porta che si apre.
Riccardo entra, grida: «Ciao Ma».
Annamaria (scocciata): «Vuoi il caffè?».
Riccardo: «Si grazie» – entra e le bacia la fronte.
Annamaria si alza e versa un caffè non guarda nemmeno il figlio: «Ma’ndo vai in giro tutta la notte? Mi fai stare in pensiero. Perché non ti cerchi un lavoro?». Riccardo: «Ma io lavoro – tentenna – faccio il Pierre, e c’è la crisi».
Annamaria: «C’hai trentacinque anni e ragioni come un pupetto se ci fosse ancora papà tuo».
Riccardo: «Ho fatta la domanda alla SDA, m’ha detto Gianni che me ce infila». Annamaria: «Seh! e tu credi ancora a Gianni, vai da Mario è tu zio, lui te pja».
Riccardo: «Ma non vojo lavor’ ar’ mercato».
Annamaria: «Il banco è ‘na sicurezza». Gli zucchera il caffè.
Riccardo: «Grazie», beve un sorso, «Ma’, poi mee lasci cinquanta sacchi, devo fa’na cosa?».
Lei scocciata, sorride amaro, fa cenno di sì colla testa. Si alza ed esce dalla cucina, senza parlare. Riccardo si siede a bere il caffè.
Immaginate di volare fuori dalla finestra e di dirigervi verso Valle Melaina, poco prima del mercato girando a sinistra per le Isole Curzolane, arriverete ad una piazza, il Monte Rocchetta, dove sta la circoscrizione e il mercato coperto del Tufello. Qui le palazzine sono più basse di quattro piani, se ci poggiassimo sul davanzale di una finestra del secondo piano, guardando dentro come dei piccioni, vedreste: una scrivania ingombra, un posacenere colmo di sigarette spente, fogli di carta, cavi per il computer vari, jack e cavi arrotolati, uno stereo anni ’70, delle grandi casse e dischi in vinile, libri impilati a terra, cestini, vecchi quotidiani sparsi alla rinfusa, Cd ed altro ancora.
Davide è di schiena, fuma una sigaretta di quelle fatte a mano, guarda i fogli uscire dalla stampante, li legge e riflette, si ferma guarda l’orologio. Si reca in cucina. Davide è sulla quarantina, alto, fintamente trasandato, belle mani, occhi chiari, sguardo da dritto, barba non fatta e capelli biondi spettinati mezza lunghezza, entra con una cartella, la faccia è soddisfatta, la camicia da stirare. Raccoglie dal tavolo un cornetto già morso, tra le tazze di caffè sporche e qualche lattina di birra, segno evidente di una nottata, e del disordine generale. Carica una caffettiera da 6/9 tazze. La pone sul fornello e accende la fiamma. Torna in sala da pranzo e accende la radio dello stereo (inizia la rassegna stampa di RadioRai Tre) Si trova a riflettere ad alta voce su Cos’è “La crisi”?, così declama: «È un modo per annunciarci la fine del mondo del consumo, la fine del sogno americano? La fine delle libertà? O di consumare e farci belli con i soldi degli altri». Batte il dito come fosse un direttore di orchestra. «Ecco ora arriva la notizia sul debito pubblico preparandoci alla manovra finanziaria di fine stagione. Chissà perché a Settembre c’è sempre la congiuntura; La manovra aggiuntiva». La radio riporta davvero la notizia di una stagnazione del mercato e prosegue con le notizie sul caldo insistente e la ricetta per Ferragosto. «Roma, è morto il 17 enne travolto stanotte a Largo Lumiere, inutili i soccorsi, il giovane travolto da una Bmw questa notte, la famiglia ha deciso di donare gli organ… Il sindaco… Un vecchio attore è morto… Una montagna nel Nord è franata… Nel mentre da qualche parte in Medio Oriente bombardano… «Toh, è nato il principe di Inghilterra». La rubrica della salute, le diete. «L’oroscopo? Ah gi,à RadioTre non lo fa». Davide si siede e accende una sigaretta artigianale di quelle a tabacco.

Incroci nel traffico

Su un autobus di linea. Melissa seduta, guarda fuori dal finestrino e vede Lucia uscire dal portone di casa. Melissa ha uno scatto e cerca di salutarla con la mano.
Lucia non la vede, si gira, è indaffarata, è vestita in tailleur, tacco basso. Cammina tra le decine di macchine parcheggiate in ogni modo e dove. Sono come delle formiche accavallate. Sale nella sua di macchina facendo strani movimenti per entrare, alla fine sedutasi, accende il motore, mette la radio e parte (accendendo la radio). Onda Verde ha il solito bollettino di guerra del traffico. Anche ad agosto ci sono code sul Santo GRA e su tutte le consolari. Passa così al Tufello (via Capraia) davanti alla casa di Giancarlo che ancora con la divisa, entra nel portone. Sale le scale e alla seconda rampa incontra Marta che scende di corsa, vestita con la divisa da supermercato. Una Camicia bianca molto stretta che le evidenzia le curve, un foulard, una gonna blu.
Giancarlo: «Ciao».
Marta : «Ciao, scusami bello – smack, lanciando un bacio con la mano – ma sto in ritardissssimo, ciao teesòro».
Giancarlo: «Buon lavor».
Apre la porta di casa e vi entra. È buia, scarna di mobilia di Mondo Convenienza, le persiane chiuse per non fare entrare la luce che filtra comunque. Ci sono delle foto sul frigo, attaccate con il magnete, famiglia con bambini al mare di Fiumicino o di Ladispoli, qualche altro magnete vario, è nel complesso sporca, disordinata. Giancarlo entra in cucina appoggia le cose sul tavolo. Trova un biglietto: «Ciao Amo’, siamo partiti, nel frigo c’è la parmigiana. A domenica baci». Il frigo è praticamente vuoto.
Giancarlo lo apre prende una birra economica la stappa e ne beve, seduto.
L’autobus arriva alla fermata del mercato del Tufello, fa la fermata, ne scendono persone. Sbuffando riparte a passa rapido. Melissa attraversa la strada e si reca al mercato imbronciata. Passa prima tra i banchi dei raccatta monnezza e degli zingarelli, poi passato il forno arriva ai banchi della frutta dove la salutano, quindi si ferma ad un banco ne prende un frutto. Sorride alla signora. Lo pulisce sul vestito e lo morde. Riesce a sinistra e va verso i banchi dell’abbigliamento.

Il Mercato

Davide esce dal portone del palazzo di fronte. Si ferma per accendersi un’altra sigaretta. Tira una boccata, alza gli occhi, quando l’alone della sigaretta lo supera e si dilegua, vede Melissa tra i banchi.
Lei si aggira, guarda tra le bancarelle, e quando dopo un attimo si ferma e dal mucchio prende un vestitino bianco di lino, che prova mettendolo sulle petto e le spalle.
Le calza bene. La cosa la mette di buonumore. È solare, di una bellezza unica, cosi sorride e si illumina. Davide lascia cadere la sigaretta. Melissa davanti ad uno specchio viene illuminata da un fascio di luce riflessa. Davide si avvicina, attraversando la strada senza guardare.
Un furgoncino dell’SDA inchioda. Alla guida c’è Gianni, suona il clacson, fa valere la sua professionalità urlando: «A rincojonito e bevitelo un caffè prima de suicidatte». Davide alza il braccio per scusarsi.

Nota musicale:

Il Banco dell’usato è sempre stato di Annamaria, cosi aveva conosciuto Antonio il padre di Riccardo, negli anni della contestazione studentesca. Lei bella e giovane aveva lasciato il paese e deciso di fare fortuna a Roma. Trafficavano in vestiti usati, con Antonio e ai bei tempi c’avevano anche il banco la domenica a Porta Portese. Guarda la ragazza con quel fisico slanciato, qualsiasi cosa prenda le starebbe bene, da mestierante decide di attaccarle pilotto.
Annamaria «A’ signorì lo prenda che le sta bene».
Melissa: «Non ho soldi, quanto costa?».
Anna Maria: «Trenta euro è un bel lino, italiano de marca».
Melissa: «Possiamo fare venti?».
Annamaria scuotendo la testa: «Venticinque non meno»..
Melissa guarda Davide che sta fermo imbambolato e la fissa: «Eh, tu, che ne pensi? Mi sta bene?». Dopo qualche esitazione
Davide: «A me… a me piace, credo sia bellissima».
Melissa: «Ma non è che poi mi sta troppo stretto».
Davide: «No, b.., be.., bello molto». Le fissa il seno.
Melissa (richiama la sua attenzione con uno schiocco delle dita sul petto): «Io -pausa- dicevo il vestito, non sembra una cosa sciatta?».
Davide: «No, scusami, è bello, elegante adatto anche ad una serata fuori, se lo metti ad una cena fa davvero una bella figura – pausa – almeno per me».
Melissa lo guarda, gli sorride: «Che tipo di cena?».
Davide: «Una tranquilla, un posto al mare, di quelli bianchi con i tavoli sghembi e le posate spaiate, con il tovagliolo di carta, con la brezza del mare che accarezza i capelli e con il cameriere che dice “signorì” come intercalare, e che parla solo con te, non con me, per quanto sei affascinante. Alla fine segna il conto su un foglietto di carta perché una fattura non l’hanno fatta mai. Ma dove si mangia bene perché le cose sono poche e tutte fresche, il vino è una formalità, un caso, e se c’è o non c’è poco importa tanto uno è talmente preso dalla situazione che si dimentica le cose brutte».
Melissa, sorride: «Bello, mi ci porti? O hai qualcosa che sia più semplice da realizzare?».
Davide: «Una serata in giro per il centro di Roma a trovare amici, un giro su lungotevere finendo ubriachi a sentire musica di tutti i tipi e a ballare scalzi su un barcone».
Melissa: «Carina».
Davide: «Prendilo, cosi, cosi, ci andiamo».
Melissa: «Mi piacerebbe ma non ho soldi abbastanza».
Davide: «Ti do una mano io, se permetti».
Rivolgendosi ad Annamaria: «Signora che dice le sta bene?».
Annamaria: «È un incanto, da lasciarci il cuore».
Davide prende venti euro e le porge ad Annamaria: «Avevo detto trenta». Melissa guarda Davide (incuriosita e sorridente).
Davide guarda nel portafogli e alza gli occhi al cielo: «Intanto erano venti cinque, ho solo questi venti, i cinque li porto domani, è una vita che mi conosce».
Melissa taglia corto: «Ecco signora gli altri cinque». Poi si rivolge a Davide lo guarda gli sorride: «Grazie». Porge le cinque euro mancanti – poi si gira verso Davide ridendo. Lo prende sottobraccio Melissa: «Devo dire grazie, grazie a..?».
Davide: «Davide mi chiamo Davide».
Melissa: «Io, Melissa».
Davide: «Bello, mi sembra il nome di una fata dei boschi».
Melissa: «E questo cos’è? Secondo te un complimento?».
Davide: «Mi sa di no. Credo sia una frase idiota, mi servono un paio di caffè, magari riesco anche a sembrare, intrigante e simpatico».
Melissa: «Allora come fatina esaudisco un tuo desiderio – alza gli occhi al cielo – “O Giano re dei boschi restituisci la favella a questo ragazzo”». Dovrebbe bastare. Ride: «Ma per sicurezza ti offro un caffè».
Facendo l’occhiolino lo prende per il braccio.
Davide: «Grazie volentieri» (camminando).
Melissa: «Che fai qui Davide?».
Davide : «Sono appena uscito di casa abito, là – indica col braccio – e vado all’ennesimo, inutile, appuntamento di lavoro. Uscendo di casa t’ho vista, e me n’ero dimenticato. Peccato che non sei una fatina non potrò trovare la pentola d’oro Tu invece che fai nella vita?».
Melissa: «Adesso faccio colazione con un ragazzo imbranato che mi ha quasi regalato un vestito usato. Così la giornata inizia bene. La mattina di solito ascolto i folletti e i matti che esprimono desideri. Il pomeriggio seppellisco pentole d’oro, per i desideri, i vaticini li faccio fare alla Sibilla Cumana».
Davide ride: «Ops… ne ho fatta un’altra?».
Melissa: «Si. Sei un imbranato».
Davide «È che Melissa è il nome di una pianta officinale e anche il titolo di un disco heavy metal».
Melissa: «Lo so, lo so mi ci hanno preso in giro per una vita. È che un po’ ci gioco – sorride – io mi chiamo Maria, ma è scontato, Melissa è più esotico acchiappa e rimane impresso. Ma, non sarai mica un satanista?».
Davide: «No di sicuro. Ma neanche un chierichetto». Cosi ridendo entrano nel bar. Davanti loro passa Gianni, trentacinque anni, rasato a zero, mento e naso pronunciati, nervoso, scattante, magro, muscolatura da podista, alto uno e ottanta, colori chiari carnagione bianca, in divisa da autista dell’S.D.A, pochi studi, ma una buona dose dell’arte di arrangiarsi, quartiere Tufello o Val Melania. Uscendo dal bar parla al telefono.
Gianni: «Se vabbè passa mo sto pieno de lavoro devo anna’ che c’ho fretta, se alle tre e mezza va bene, passo io nun te preoccupà. Ce pensa Gianni».
Passando saluta Massimo che è ancora parcheggiato sul muretto, legge il Corriere dello Sport. Massimo : «Bella zi ?».
Gianni: «Ciao Max? Er compare tuo?».
Massimo: «Sta in giro non so’».
Gianni: «Se vedemo più tardi».
Arriva al furgone parcheggiato di traverso in doppia fila. E ci sale.
Nel Bar intanto si sono seduti di fronte Melissa e Davide. Siedono al tavolino lui con il caffè lei con un dolce. Davide : «Sei sposata? Hai tre figli, un ex geloso appena uscito di galera? Sei ortodossa lesbica?».
Melissa: «No, nulla di tutto questo. Sono single, non credo al principe azzurro, l’unico che frequentavo si è rivelato essere il lupo cattivo».
Davide: «Mannaggia ho tre paia di scarpe di cristallo in soffitta dal 36 al 39 se vuoi provarle…?».
Melissa: «In realtà ho smesso da poco. Tu hai qualcosa di familiare, per qualche motivo ti conosco, forse andavamo a scuola assieme, e ti confesso che era un bel po’ che non ridevo, mi ci voleva stamattina. Ora vorrei rimanere sul frivolo, dai spara qualcosa di divertente».
Davide: «Ok Vediamo, dimmi il tuo momento perfetto?».
Melissa: «Un bagno profumato la domenica mattina, il tuo?».
Davide: «In campagna, un forno, del pane cotto a legna, avrei scelto un bagno caldo la domenica, ma l’hai detto prima tu».
Melissa: «Non ci credo».
Davide: «Infatti, non è vero, ma Porta Portese alle sette non mi sembra così affascinante».
Melissa «Mah, alle sette è prestino, forse alle 11 e mezza?».
Davide: «Di solito non ho una donna nuda nel bagno, messa così, potrei anche fare tardi o non andare proprio».
Melissa: «Riposta carina, si potrebbero combinare le cose. Ora tocca a me, a fare domande: Sei un musicista?».
Davide: «No. Anche se mi piace molto la musica, mi sarebbe piaciuto farlo. Tutti i miei amici, disoccupati, fanno il Dj o i fotografi. L’altra sera mi sono proposto anch’io per farlo per un bagno di un locale a piazza Navona».
Melissa: «Scherzi?».
Davide: «No, sono serio, nel bagno hanno la musica diversa dalla sala».
Melissa: «Mi piacerebbe, vederlo».
Davide: «Il locale o il bagno?».
Melissa: «Tutti e due, che musica metteresti?».
Davide: «Ci ho pensato a lungo. Credo la Pausini o i Verdena, sicuramente gli 883, delle cose disturbanti, così dura meno la fila – Prende la palla al balzo – Esci con me? Cosi ci andiamo?».
Melissa: «Non so, non ancora, può darsi, non mettermi fretta».
Davide: «Te la faccio io una domanda, sei una che mangia normale o sei un tipo radical, vegana, erbivora o che ne so io celiaca, intollerante al glutine…». Melissa: «Vegani?».
Davide: «I vegani sono degli alieni che combattono Goldrake, si sono infiltrati tra di noi, tipo il film “Essi vivono” di Wes Craven, sembrano normali ma sfogano la frustrazione di essere ricchi non mangiando carne, né avendo contatti con altri umani, se non aggressivamente, non toccano nulla che non sia la plastica, non so nemmeno se fanno sesso? Però si riproducono per cui sono convinto che esistono».
Melissa: «Ho capito. No. Mangio di tutto e con voracità, cucino bene e vengo da Venere, facendo citazioni così a caso pure io».
Davide: «Meravigliosa, sana, intelligente, pericolosa, se continua così mi innamoro».
Melissa (sorride con gli occhi): «Pensavo fosse successo già».
Davide: «E che mantengo un minimo di dignità, vediamo.. e se inforco gli occhiali da sole per avere più carisma e sintomatico mistero?».
Melissa: «È Battiato, vero?».
Davide: «Touche».
Melissa: «Si ma sei imbranato e tale rimani, indipendentemente dagli occhiali da sole, non funziona un granché» (e strizza l’occhio).
Davide beve il caffè di un fiato: «Non me ne andrei più, sto bene con te. Ma devo scappare. Faccio tardi all’ennesimo inutile appuntamento di lavoro. Ti va se continuiamo più tardi? Te lo chiedo sul serio ti va di vederci dopo?».
Melissa: «Può darsi, ma ho da fare nel primo pomeriggio però chiamami verso le quattro e ti faccio sapere».

..continua.

di Daniele De Sanctis

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