Un calcio al terremoto

Non si può togliere il calcio ai ragazzini ne mandare un avviso di garanzia alla natura per disastro colposo. Sono solo polemiche e poi tutto come prima

Bisogna sempre prendersela con qualcuno?
Mi chiedo, mentre osservo i servizi dagli inviati d’assalto, con caschetti e volti goduriosi come ricci quando riescono a filmare in diretta una nuova scossa.
Io non voglio offendere nessuno, anche se qualcuno si offenderà lo stesso, ma proprio non ce la faccio a sentire e leggere queste cose.
È comprensibile sentire frasi del genere da qualcuno che gli è venuta giù la casa o il capannone, ma non da giornalisti e politici in perdita di consensi.
Come non comprensibile è la continua sottolineatura del “noi” vogliamo ricostruire, “noi” siamo diversi, “noi” non siamo grandi lavoratori, frasi che lasciano incompleto un pensiero, che avrebbe continuato con un «mica come quelli de L’aquila o del sud».
E questo da fastidio assai, perché in quei posti non ci sono lavativi, ma gente schiacciata dalla corruzione ad alto livello e che non ha “l’arma” delle industrie da non far ripartire per mettere sotto pressione un governo centrale o le risorse per fare da se e aggirare gli sciacalli che già ridevano nel letto.
Ma a parte questo, la sensazione è che c’è sempre un motivo, c’è sempre qualcuno da incriminare o c’è sempre qualcosa sotto.
E quando succedono certe cose, nessuno sa rassegnarsi al fatto che sia inevitabile, o imprevedibile, e va accettato e basta.
I capannoni crollano, ma potevano non crollare, i terremoti si possono prevedere, anzi no, sono provocati dalle onde elettromagnetiche, il fracking, Haarp e dice Red Ronnie che i Maya l’avevano predetto.
Ecco cos’è una strage inevitabile causata dalla natura che non potremo mai controllare ai tempi dei social network: una grande chiacchierata isterica senza senso.
Perché, visto che una verità unica non esiste, ne possono esistere molteplici.
L’importante è aver mandato un SMS per gli aiuti.
Che un SMS non si nega a nessuno, se ce ne fosse bisogno lo manderemmo anche a quei giovani scommettitori di notte e calciatori di giorno, tutti figa-pallone-macchine, magari per comprare qualche partita da un cinese. Anche senza avere spiegazioni, perché magari del terremoto bisogna trovarlo un colpevole ma nel calcio no, nel calcio “lo sapevano tutti”, “funziona così”, “sono solo due mele marce”.
Quando invece è la cassetta ad essere piena di sudore e marciume.
Ma tanto che ci frega? Mica li paghiamo direttamente noi questi, li pagano gli sponsor con i soldi loro (fatti i con i nostri).
È indiretto, è indolore.
Fiumi di milioni che scorrono allegramente, lì dove è concesso, dove c’è la nostra droga, ci sono i nostri sogni e la rappresentazione di chissà quale metafora sociale, e se rubano e barano non è colpa di nessuno (anzi, forse sono stati i magistrati, disse Buffon con una ricevuta della Snai in mano), non è mica un terremoto che bisogna capire chi è stato.
E allora che facciamo?
Mica si può togliere il pallone ai ragazzini che giocano come vorrebbe fare il nonno Monti, e nemmeno si può mandare un avviso di garanzia alla natura per omicidio e disastro colposo.
Bisogna solo polemizzare un po’, in attesa che tutto torni come prima.

Marco Caponera

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5 Comments

  • caponera mi lascia sempre perplesso. in generale sono d'accordo con il suo sfogo, ma è anche vero che senza il coinvolgimento emotivo, o le polemiche se si vogliono vedere così, senza aver nulla a che fare con lo sciacallaggio mediatico, sono pur sempre un mezzo importante per mettere sotto pressione il governo, o eventuali responsabilità… perchè le responsabilità ci sono, al di là dell'imprevedibilità della natura. 😉

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