Torneranno i prati (Recensione)

Recensione di un film che ho visto un po’ di tempo fa, ma lo ricordo come se l’avessi visto ieri

Ad un certo punto diversi anni fa, dovetti dare l’esame di “Storia del cinema italiano”, era uno degli esami a scelta ed aveva fama di essere un esame difficile perché il professore era esigente e stronzo, ma a me il cinema già piaceva ed ho pensato di volerlo sostenere. Diedi l’esame da non frequentante portando una parte generale sul cinema italiano dalle origini agli ultimi autori (piuttosto nozionistica e inutile a mio avviso) e una monografica su Ermanno Olmi. Per qualche strano motivo non leggo che i film da visionare erano solo alcuni e quindi mi vedo tutta la filmografia di Olmi trovando una valida soluzione per le mie notti bianche. Il professore si dimostrò veramente esigente, ma ero preparatissimo perché mi piaceva molto la materia, inoltre si dimostrò anche veramente stronzo dal momento che mi mise 28 e non 30 perché venivo da Lettere e non da Scienze dello spettacolo, una sorta di peccato originale che si traduceva in una penalizzazione data dai piccoli deliri di onnipotenza microcosmici quotidiani.
O più probabilmente la notte prima non aveva scopato.

In qualche modo si deve sempre razionalizzare.

Detto questo, Olmi ho continuato a seguirlo perché è un regista italiano da cui non si può prescindere, la sua sensibilità e la sua intelligenza sono fuori da ogni possibile discussione, la sua regia nitida con stampo documentarista si fonde con una scrittura mai banale e sempre innovativa.

Confeziona così un film bellissimo sulla “Grande Guerra” proprio a ridosso di celebrazioni e appropriazioni indebite.

Torneranno i Prati” è probabilmente il film di guerra più bello che abbia mai visto finora, è scevro da ogni retorica posticcia e ammiccante, è un film onesto e diretto, è un film che racconta, non è un film che fa qualcosa per piacere. Non è spettacolare, è lontano da ogni cosa sia derivata da “Apocalipse Now”, rende abbastanza chiaro che in una guerra non vince realmente nessuno tra chi la fa, chi vince non si sporca mai le mani, chi combatte lo fa per motivi che spesso nemmeno comprende ed è forse troppo stanco e stremato per chiederseli.

Racconta una notte in trincea e la racconta con sconcertante lucidità, mostra la noia, la paura, la follia della guerra, da piccoli gesti fa vedere come l’Italia fosse stata si fatta una cinquantina d’anni prima, ma gli italiani assolutamente no, divisi dai dialetti e dalle differenze culturali. Gli attori parlano a stento, con parole che escono lente, staccate a fatica dal calore del proprio corpo, schiacciate dalla gravità degli eventi, dall’oppressione di un’esistenza precaria.

Ma trova anche un filo comune importantissimo che unisce l’Italia di allora con quella di oggi, ossia la figura del comando. Si vede come chi era nella posizione di prendere le decisioni non avesse assolutamente idea di cosa accadesse lì, nel vivo della battaglia.

I generali facevano piani e davano ordini senza conoscere il territorio esponendo a rischi mortali i soldati così come oggi i governi fanno leggi senza sapere cosa sia la società contemporanea, mandando una popolazione allo sbando.

Magari Olmi farà un film anche su questo. Chissà…

 

Nicholas Ciuferri

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