“Io splendo. La storia di Malena” – intervista su positive speranze

La toccante e sorprendente storia di una ragazza in lotta contro il destino

Questa è la storiavera – di Malena, una ragazza normalissima a cui il destino e la malattia avevano detto che non ce l’avrebbe fatta e che i suoi giorni si sarebbero conclusi all’età di 26 anni: «Un altro mese di vita, niente più».
Eppure Malena una mattina si è accorta che quel mese lo aveva superato, grazie alle cure, a una grandissima forza di volontà e a quel suo senso dell’umorismo che non l’ha mai lasciata.
Si è accorta di esserci ancora. E da quel fatidico aprile del 2007 lei splende, lotta, ride e piange. Lei vive.

È una storia che comincia in un momento della sua vita in cui Malena trascorre le giornate come fosse ancora un’adolescente, leggera e spensierata, tra shopping, amiche e la sua passione per i balli sudamericani. Malena ama ballare. E quando scende in pista la luce la avvolge. Finché, in quel cielo azzurro, qualche nuvola inizia a addensarsi: rimane incinta, ma quando lo comunica al compagno, lui fa un passo indietro.
Inizia ad avere problemi di respirazione e poco dopo le viene diagnosticato un mesotelioma pleurico epitelioide maligno, un tumore rarissimo e aggressivo.
Per mesi Malena combatte per la piccola nuova vita che le cresce dentro, fino alla mattina in cui il sogno di essere madre svanisce. E proprio quando l’unica strada sembra quella di arrendersi, lei stupisce tutti.
Dà un nome al suo cancro, per poterci parlare e trattarlo male. Sfrutta ogni secondo per aggredire la vita, scappa in vacanza nonostante la chemioterapia. Tiene duro quando le dicono che le toglieranno un polmone. Si concentra sulle cose belle e ce la fa. Malena ora vive con una spada di Damocle sulla testa, ha problemi di respirazione e al cuore, non può più ballare saltando come prima, non può stancarsi troppo: ma può stare in un angolo, guardare, sorridere, ancheggiare. E può pensare che in verità quello che sta facendo adesso sia il ballo più bello mai fatto in vita sua. E che – anche così – la luce la avvolge.

Il libro è di Simone Toscano, giornalista, lavora dal 2005 in Mediaset.
È inviato del programma “Quarto Grado” e conduttore per il canale all news TgCom24. Ha già pubblicato il romanzo “Il Creasogni” (2015) e il libro inchiesta “Nel nome di Lorys” (2018), altro libro bellisimo.
Conosce Malena dal primo giorno di liceo. Simone racconta la storia di Malena in maniera incredibile, come solo un amico può fare. E Malena in questo mette tutto il suo splendore.

L’abbiamo intervistata dopo essere letteralmente rimasti folgorati dal suo libro, e casualmente, dopo la fase di lockdown. Ecco cosa ci racconta Malena di sé:

 

  • Cara, come stai prima di tutto. Come hai trascorso il periodo della pandemia? Raccontaci la tua giornata tipo, so che sei piena di energia. Ci dice che non ha paura di parlare apertamente anche della sua malattia, ne parla continuamente, fa parte del suo carattere e della sua apertura.

Una giornata tipo, nonostante all’inizio sia un po’ dura, mi alzavo e mi collegavo al lavoro in smartworking, con un’agenda molto scandita, e nonostante non avessi paura del virus inizialmente, mi hanno detto di prendere precauzioni… poiché io ho sempre pensato che la vita vada vissuta fino all’ultimo. Ho chiesto quindi di lavorare da casa e lo facevo fino alle 17, 30 circa. Poi iniziavo gli allenamenti, una mezz’ora, altrimenti mi veniva a mancare il fiato essendo anche cardiopatica, e seguivo dei personal trainer, ma ho trovato un mio circuito. In più mi sono dedicata alla cucina, e poi videochiamate, Tv….

  • Parliamo del libro. Come ti è venuta l’idea di mettere per scritto qualcosa come, un dolore diciamo, trascorso e che mi dicevi vedevi quasi come una cosa lontana, da dove nasce questa esigenza?

L’idea è stata di Simone (Toscano (ndr ) , che sosteneva sin dall’inizio che la mia storia fosse così bella da dover essere raccontata. Io non è che la vedessi lontana, piuttosto come una storia travagliata, né brutta né bella, ma come tante. Il mio sentire, il mio trascorso. Ma l’idea è stata sua… di questa trasformazione in ‘qualcosa di bello’, e per me la cosa fondamentale era che la storia fosse d’aiuto a qualcuno. Io ricordo molto bene di quando stavo male, di come mi sentivo sola e poco compresa, nonostante poi fossi circondata da persone che mi volessero bene, da amici, parenti, etc, ma soprattutto cercavo proprio testimonianze. Andavo su Internet per cercare altre persone e capire come avevano affrontato storie simili disperatamente, cercavo una speranza, perché ero preoccupata anche del dopo. Magari può arrivare a chi sta passando un periodo del genere, ma anche a chi sta vicino. Io non sopportavo il pietismo ad esempio. Mi facevo vedere splendida, per non far star male gli altri. A volte sentire altre storie di vita vissuta aiuta anche il proprio percorso.

  • Tu sei molto forte, sicuramente puoi essere d’esempio a molte giovani ragazze. Qualcuna ti ha scritto?

Si , tante persone, Simone fece un servizio su “Verissimo” molti anni fa, e su Facebook ricevetti più di 5000 contatti, con tantissimi complimenti. Adesso quando mi scrivono mi sento più in contatto con le persone poiché magari capitano casi di gente che ha momenti di debolezza come addirittura casi di suicidio, in cui mi si ringraziava per avergli dato una visione più ampia della vita. O persone che attraversano momenti difficili per la diagnosi di un tumore, poiché non si sa mai come affrontare l’argomento, e bisogna sempre rispettare la persona, sia che se ne voglia parlare sia che non.

  • Dal libro emerge che i tuoi amici sono stati fondamentali insieme ai tuoi genitori in questo percorso, conta molto per te l’amicizia?

Considera che io sono nata in Perù e sono cresciuta lì fino ai dieci anni e poi trapiantata a Roma. Per me gli amici sono stati la famiglia che mi sono scelta tutt’oggi. I miei congiunti sono loro. Ho avuto la fortuna di avere persone che mi hanno voluto veramente bene, nei momenti belli, nei momenti dei sorrisi e in quelli brutti. Sono quelli che ogni giorno mi scelgo. Mia mamma è stata una roccia, io l’ho sempre vista fragile, ho cercato di proteggerla, e invece è venuta fuori una donna tutta d’un pezzo e questa cosa ci ha fatto conoscere molto.

  • Raccontaci una follia… un po’ come nel libro

Proprio durante le cure me ne scappavo dall’ospedale, magari per un ultimo supplì… dal Policlinico. In discoteca andavo tra una cura e un’altra, sennò altre follie proprio ne ho fatte appena finito chemio e la radio, come aver preso l’aereo, lì i medici li ho fatti patire! Con molti di loro sono rimasta in contatto. Oppure quando gli chiedevo se e quanto potevo bere appena uscita: “Datemi un limite, ma fatemi bere un cocktail!”

  • Un consiglio di cuore a chi sta vivendo questa malattia

Le casistiche sono tante e sono diverse. Io dico di strizzare la vita. La vita potrebbe finire non solo per una malattia, la vita può finire per motivi diversi, è imprevedibile. Sicuramente di cercare di godersi i secondi che le cose che l’attimo ci regala, un parente, un abbraccio, un po’ di sole, seguire la propria strada, i propri desideri, ma facendo un po’ di attenzione a tutte queste cose che quotidianamente ci si perde. Quindi dite tutto quello che dovete dire, fate tutto quello che dovete fare, ognuno deve seguire il proprio cuore.

  • Cosa vuoi fare appena il lockdown sarà finito?

Per me viaggiare è importantissimo, ho diverse prenotazioni in ballo, prima tra tutte la mia amata Capri!!

Laura Petringa

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