Intervista a Viola Lo Moro autrice di “Cuore allegro”

Dalle parole dell’Io lirico che si racconta in questo libro di poesie emergono dolore, rabbia e disparate emozioni... una frustrazione volta alla comprensione del Sé

L’autrice romana Viola Lo Moro è nata nel 1985 ed è laureata in letteratura moderna e contemporanea e specializzata in letterature comparate. È socia della libreria delle donne di Roma: Tuba della quale cura la programmazione, nonché ideatrice e organizzatrice del festival delle scrittrici “InQuiete”. Scrive articoli per riviste letterarie e femministe (Leggendaria, DWF, Letterate Magazine, Femministerie)

  • Chi è Viola Lo Moro, si presenti al pubblico?

Sono una poetessa, un’attivista lesbo femminista, sono socia della libreria delle donne Tuba, della quale curo la programmazione. Insieme ad altre donne ho inventato il festival di scrittrici InQuiete di cui ho curato tre edizioni, e mi occupo della comunicazione del festival del fumetto Bande de Femmes. Sono stata per alcuni anni nella redazione di DWF (donna woman femmes), la rivista storica del femminismo romano, ho scritto e scrivo per LM (letterate magazine), Femministerie e Leggendaria. Cuore allegro è la mia prima raccolta di poesie pubblicata dalla casa editrice Giulio Perrone

  • Qual è la sua storia come scrittrice e inoltre come ideatrice del Festival delle scrittrici “InQuiete”?

La mia storia di poetessa non ha molto a che vedere con la creazione di InQuiete, se non per un punto di vista fondante ed essenziale per me, che è il continuo arrovellarmi su tutto ciò che ha a che fare con l’universo materiale e simbolico delle donne. Quindi, non ha nulla a che fare, ma anche tutto!

  • Come è nato “Cuore allegro” e quali sono i temi più importanti che vengono trattati in questo libro?

Cuore allegro è sempre stato nel mio costato, ma la pubblicazione è avvenuta grazie ad alcune scosse, direi elettriche – esattamente come funziona nel caso del cuore anatomico: alcuni incontri, l’accompagnamento alla morte di una persona cara, e la sensazione forte che fosse arrivato il momento giusto per mettere al mondo questa raccolta.

  • “Il cuore anatomico è diviso in quattro camere” può spiegare meglio questo concetto?

Questa frase non è un concetto, ma un fatto: il cuore anatomico è diviso da 4 camere, due atri e due ventricoli. Detto in modo molto semplificato, il sangue passa attraverso queste quattro camere divise da pareti sottilissime e valvole, arriva saturo e riparte pieno di ossigeno. Questo congegno idraulico/meccanico/elettrico avviene all’interno del corpo umano circa 70 volte al minuto. Le parole all’interno di questa raccolta hanno fatto similmente questi giri.

  • Le sue poesie sono state definite potenti e ruvide e nei suoi versi ricorrono spesso metafore che riportano ad arnesi di metallo, spilli e aghi come mai?

Gli oggetti, nella loro “natura” scevra da simboli e metafore, hanno una consistenza materica molto forte. Spesso parto da lì per generare delle immagini che possano essere simbolicamente su un piano altrettanto reale. Per fare un esempio: il ferro può essere freddo o caldo – è lì che invento – ma è inequivocabilmente duro – è da lì che prendo l’ispirazione. Mi interessano poi gli oggetti che rivelano una natura ostinata di immobilità, di immodificabilità. Gli oggetti sono violenti, esistono e basta. Da lì in poi sta a noi poetesse e poeti saperne tirar fuori, con le parole, una duttilità.

  • Ha altri progetti in cantiere? Cosa deve aspettarsi il suo pubblico?

Ho sempre molti progetti in cantiere. Per me adesso il punto è capire quali tra questi brilla in modo più vero. Il pubblico dalla mia scrittura può anche non aspettarsi nulla, sono io che mi aspetto e la cosa che so con certezza è che pubblicherò solo quando sarà certa di aver trovato le parole giuste.

  • Come vive al livello artistico questo periodo storico particolare contornato dalla pandemia?

Da questo punto di vista per me non c’è alcuna differenza tra l’arte e la vita: con pena, preoccupazione, inquietudine, contemplazione della voragine, e voglia di vivere pienamente.

  • Crede nell’editoria italiana? Se potesse cosa cambierebbe?

L’editoria italiana non è una forma divina, quindi direi che non “credo” nell’editoria italiana. Penso piuttosto che l’editoria italiana sia un’industria e che, come tutte le industrie, vada supportata in tutta la sua filiera, ma penso anche che le persone radicate in quell’industria debbano conservare uno spirito imprenditoriale anche utopico, che consente di scavallare e di immaginare nuovi libri, nuovi lettori e lettrici, eventualmente un nuovo mondo.

Angela Senni

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