Babilonia: la svolta sonora “glocal” della Riserva Moac

È uscito per l'etichetta tedesca Galileo MC, "Babilonia", il nuovo disco della Riserva Moac

È ormai disponibile “Babilonia“, il nuovo disco della Riserva Moac con l’etichetta tedesca Galileo MC di Daniel Dinkel, già compagna di viaggio della Riserva negli anni passati grazie alle numerose incursioni live in Germania che hanno visto la band impegnata in vari Festival di rilievo internazionale tra cui il TFF di Rudolstadt.

Nel disco realizzato con la professionalità di Marco Capaccioni (recording, mix) e Alberto Brizzi del Sound Studio di Città di Castello (PG), e la produzione artistica a cura di Francesco Bruni, già musicista e programmatore di Frankie Hi-Nrg, la Riserva Moac, supportata dalla forza degli ottoni della Bukurosh Balkan Orkestra, intreccia la tradizione balkan-mediterranea, l’intensità del beat movement, la raffinatezza dell’elettronica, la spavalderia e la giovinezza del rap. Se incrociate a suon di hip-pop e rock le coordinate dei Dub Fx con la Fanfara Ciocarlia o quelle dei Gogol Bordello con Dj Shantel sui binari delle robuste basi electro vi troverete nella Babiloniaglocal” della Riserva Moac. Un posto dove la globalizzazione è quella delle diverse bellezze culturali e sociali, non quella triste dei mercati; dove la vera ricchezza è l’umanità, quella cosa bellissima che il genere umano deve recuperare.

Babilonia” è un album corale, in cui i featuring di numerosi artisti contribuiscono a creare quella Festa global che è il sound e il messaggio della Riserva Moac. Da Erriquez della Bandabardò (presente in “Jackpot“) ai rapper Master App e Big Roma, fino ad arrivare a Salia, cantante africano di speranza ed alla White Widow, singer statunitense dall’anima suadentemente e caparbiamente rock.

Voci che cantano la “Città del Sole” che la Riserva vorrebbe, uscendo insieme, anche attraverso la musica, dal cattivo stato in cui ci troviamo (“Mayday Midai“). Voci che cantano un mondo in cui l’unica razza sia quella “umana” (“Babilonia“), dove i bambini non siano più strumento di morte al servizio del capitale (“Komba Bomba“), dove l’amore venga vissuto anche nella sua essenziale tristezza (“La Verità“) ed irrazionale “ebrezza” (“Alcolizzato Sentimentale“), dove la comunicazione e la socialità escano dai Social e tornino ad essere vita vissuta, tatto e realtà (“Festa Social Global Underground“) e dove le uniche esperienze tattili non siano solo premere il bottone di una slot machine (“Jackpot“) o il sesso con qualche bambina affittata in qualche favela sudamericana (“Regina del Samba“).  Parafrasando Chuck Palahniuk, sperando di non dover arrivare a tanto: «Occorre davvero distruggere la civiltà per poter cavare qualcosa di meglio dal mondo?». (Fight Club).

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