“Another Life”, che prezzo ha la curiosità dell’Uomo?

L’essere umano sembra incapace di trovare appagamento in un Centro creativo, spinto piuttosto com’è da una brama di scoprire che pare però tirare fuori il peggio dall’uomo stesso

Arriverà mai il giorno in cui l’Essere Umano smetterà di essere curioso? Sarebbe disposto a cedere il proprio “dirittodi esplorare lo spazio cosmico al di fuori dell’orbita di Plutone in cambio di una tecnologia in grado di risolvere in maniera assurdamente rapida il problema del cambiamento climatico e dell’inquinamento? E’ la scelta davanti alla quale vengono posti i protagonisti della serie NetflixAnother Life”, datata 2019. Tralasciando la trama ed eventuali commenti sulla serie, il quesito si rivela interessante e vale la pena ragionarci sopra, anche in vista di una futura nuova era spaziale.

I nostri discendenti saranno disposti a barattare la possibilità di esplorare lo spazio fuori dal Sistema Solare in cambio di un dispositivo in grado di decontaminare e ripristinare in maniera assoluta aree devastate come quella attorno a Chernobyl? È la scelta di fronte alla quale viene posta la specie umana da una delle razze aliene della serie sci-fiAnother Life”. Escludendo per un attimo la possibilità che si possa trattare di un inganno (ossia che il dispositivo possa essere in realtà, ad esempio, un’arma o alla “meglio” di uno strumento del tutto inutile), si rivela interessante capire quale risposta sarebbe più conveniente per il futuro dell’Umanità.

È chiaro che, per ragioni di trama, le due opzioni arrivano a dividere i protagonisti in due fronti contrapposti. La motivazione principale di coloro che preferirebbero accettare la proposta degli alieni fa leva sul fatto che in fondo le esplorazioni spaziali, avendo come obiettivo primario quello di individuare nuovi pianeti con cui sopperire alla crisi demografica e di risorse che affligge costantemente la Terra, non hanno più di tanto senso se si entra finalmente in possesso di un dispositivo in grado di “resettare” un ambiente e renderlo nuovamente “funzionale”.

Dall’altra parte, l’idea di fidarsi di una specie aliena tecnologicamente avanzata e di cui si sa poco o nulla, non piace. A questo, si aggiunge sicuramente il tormento di “condannarel’Umanità a rimanere confinata in una sorta di giardino dell’Eden, circondata e accudita da una civiltà aliena super avanzata, rinunciando definitivamente alla propria curiosità. Dopo Tutto, bisognerebbe domandarsi se i vari Colombo, Magellano e De Gama, avrebbero accettato un consistente compenso in oro per rinunciare a quelle imprese che li hanno consacrati alla storia; forse sì ma si sarebbero dovuti poi caricare il peso del rammarico di quell’esperienza mai vissuta.

Impossibile non individuare in questo un richiamo al racconto della Genesi biblica: L’Uomo che, sebbene provvisto di qualsiasi cosa necessiti, esegue l’unica azione che Dio gli ha proibito ossia la raccolta il furto della Mela, oltrepassando così per la prima volta i confinidell’ignotoe delpossibile” (in tutte le accezioni del termine). Su quest’ esempio credenti e non credenti potrebbero non trovarsi d’accordo: per i primi si dà per scontato che gli ordini impartiti da Dio siano “giusti” e quindi su quale debba essere la scelta migliore lo dice la dottrina cristiana stessa. Per i secondi, invece, questo tipo di presupposto non esiste affatto, anzi, per qualche ateo più agguerrito potrebbe sembrare quasi più probabile il contrario e quindi, di conseguenza, potrebbero trovare azzeccatissimo il paragone.

Direi comunque di non allargare il discorso alle celebri teorie secondo cui la Bibbia non sarebbe altro che il resoconto di una serie di visite aliene avvenute in tempi antichi sul pianeta Terra. Sebbene tali ipotesi sembrerebbe perfettamente in linea con l’esempio, preferirei lasciare l’onore ai “siti di settore”.

Probabilmente, il paragone con la Bibbia richiederebbe un dibattito un po’ più approfondito, ma credo di non “commettere peccato” quando dico che secondo me gli autori si sono fatti ispirare dal videogame della Niantic (la società che ha sviluppato “Pokemon Go”) “Ingress”: il dilemma sulla buona fede degli alieni “apparentemente benefattori” e soprattutto l’utilizzo della cosiddetta “materia esotica” (sia nel gioco che in “Another Life”) sembrerebbero dar credito a questa tesi.

Oltre alla scarsa fiducia e alla paura di privare l’Umanità della propria essenza, gli “scettici” nei confronti dell’offerta degli extraterrestri in questione adducono un’altra ragione importante di carattere antropologico: nel corso della storia umana, ogni incontro tra due civiltà ha quasi sempre portato, presto o tardi, alla totale sottomissione di quella più debole ad opera di quella più “progredita” o più forte militarmente. In questo, ovviamente, a far la parte dell’impero azteco distrutto dai conquistadores saremmo noi. Del resto, è chiaro che se sono riusciti a trovare prima loro noi significa che la loro civiltà è enormemente più avanzata della nostra.

Dal canto loro, gli alieni, non sembrano all’inizio voler dare troppe spiegazioni sul perché di una simile proposta, limitandosi a considerare la specie umana capace solo di “combinare disastri” ovunque vada. Non solo: ad un certo punto agli umani viene esplicitamente spiegato che i terrestri non hanno la più pallida idea di cosa ci sia là fuori nello spazio profondo e che si è rivelata una “fortuna” il fatto che siano stati loro i primi a trovarli.

Rispondere all’ offerta degli alieni non credo sarà possibile finché non ci si ritroverà a dover affrontare il problema realmente (se mai dovesse accadere). Probabilmente, l’Umanità accetterebbe la proposta dei “forestieri”, guidata da un eccesso di zelo che è tipico degli esseri umani quando si trovano a dover affrontare ostacoli che hanno a che fare con l’ignoto o la sopravvivenza. Ciò non toglie che, come dicevamo prima, la scelta verrebbe poi pagata a caro prezzo con un pesante rammarico che di solito è lo stesso che ci tormenta dopo aver rinunciato ad un’impresa che pensavamo impossibile ma che si sarebbe poi rivelata essere “rivoluzionaria”.

Semplificando il discorso, si potrebbe allora provare a misurare con una bilancia immaginaria cosa potrebbe pesare di più se il “fallimento” o il rammarico di non averci mai provato (ovviamente, proprio perché siamo partiti dal presupposto che stessimo semplificando, non è il caso di sparare una risposta dopo un’analisi così superficiale). Teniamo presente però che a noi non interessa soltanto la semplice potenziale risposta della nostra specie ma bensì di ragionare sul ruolo dell’Essere Umano nell’Universo e se i limiti che questi ci impone siano superabili o “drammaticamente” eterni. Nello specifico basti tener presente che con le attuali conoscenze tecnologiche e scientifiche [ma credo sia risaputo] non c’è modo di raggiungere il più vicino sistema planetario in tempi “umanamente ragionevoli”.

In conclusione aggiungo una piccolo parere personale sebbene non fosse intenzione di quest’articolo esprimere opinioni in merito alla serie: credo che l’utilizzo “eccessivamente palese” del politically-correct sia stata una scelta quanto mai pessima.

Daniel Nicopòlis

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4 Comments

  • questa provocazione di nicopolis mi fa pensare all insistenza di uki nel importanza di gestire pensieri e emozioni
    l intelligenza umana, e quindi la tecnologia , ci porta progresso e comodita’ ma anche infelicita’… questa e’ la sfida di ogni societa’, non servirebbero neanche piu’ alieni salvatori se riuscissimo a trovare il giusto equilibrio

  • SECONDO ME NN E’ GIUSTO PORRE DEI LIMITI ALLA CURIOSITÀ’
    SE C’È’ UNA COSA CHE CI HA FATTO EVOLVERE E’ PROPRIO QUESTA SPINTA VERSO L ‘INFINITO

  • Abbiamo tanti limiti e non sappiamo vivere in armonia con chi o cosa ci circonda… dove vogliamo andare ???
    Sempre letture interessantissime e affascinanti
    grazie Daniel

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