Matrimoni omosessuali e Costituzione

I "Principi Fondamentali" della Costituzione sono stati posti a salvaguardia del rispetto di ogni inclinazione personale di ciascuno

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge ka sua personalità[…](art. 2 Cost.). Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione[…]. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli[…], che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana[…](art. 3 Cost.). La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi[…](art. 29 Cost.)

 

Festa e accese polemiche nel giorno in cui il Sindaco di Roma Ignazio Marino, sfidando i divieti del Ministro Angelino Alfano e l’avviso del Prefetto Giuseppe Pecoraro, ha trascritto nel registro capitolino le nozze gay contratte all’estero da 16 coppie omosessuali, undici di uomini e cinque di donne.

La trascrizione nella Capitale ha sicuramente un alto valore simbolico anche se Marino non è stato il primo sindaco “ribelle”. In tanti hanno alzato la voce dopo che il 7 ottobre il Ministro dell’Interno Angelino Alfano ha parlato della circolare ai prefetti perché rivolgano «Un invito formale al ritiro ed alla cancellazione» delle trascrizioni di nozze gay.

Il primo riconoscimento di un matrimonio gay in Italia lo ha ordinato il Tribunale di Grosseto, accogliendo il ricorso di due uomini che si sono sposati all’estero il 10 aprile 2014

Il Tribunale di Grosseto ha ordinato al Comune di trascrivere nei registri di Stato Civile il matrimonio che due uomini italiani avevano celebrato all’estero nel dicembre del 2012, facendo diventare l’atto automaticamente valido anche per la legislazione italiana. Si tratta del primo riconoscimento in Italia di un matrimonio omosessuale: finora, infatti, diverse sentenze relative a casi simili avevano riconosciuto solo singoli diritti, come quello al permesso di soggiorno. Nella sentenza del Tribunale –che ha deciso sul ricorso presentato dalla coppia dopo che l’ufficiale di Stato Civile del Comune si era rifiutato– c’è scritto che la trascrizione non ha natura «Costitutiva ma soltanto certificativa e di pubblicità di un atto già valido di per sé».

 

I matrimoni gay in Italia non sono espressamente previsti dal codice civile italiano, né dalla Costituzione.

In questi anni, e sempre con una maggior forza, le associazioni omosessuali di tutto il mondo stanno unendo le forze e chiedono a gran voce la rivendicazione dei propri diritti, nella concezione che l’unione omosessuale sia un’espressione della propria personalità e pertanto non debba essere vietata o limitata da norme discriminatorie.

I matrimoni gay, ad oggi, risultano impossibilitati dalla normativa italiana sul Diritto di Famiglia. Tali tipi di unione infatti vengono ritenuti non coincidenti con i principi del nostro ordinamento.

Tuttavia la Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo, La Carta di Nizza e diverse Risoluzioni del Parlamento Europeo hanno sancito per molti anni la necessità di evitare discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale nel diritto ad avere una famiglia.
In tutto questo l’Italia si pone al di fuori di qualsiasi confronto giustificandosi con il ricorso ad una matrice religiosa che determinerebbe l’impossibilità di celebrare matrimoni gay.

Tale posizione non tiene però conto del fatto che il matrimonio non è quello celebrato in Chiesa, bensì quel negozio bilaterale (o “contratto” secondo alcuni) tra due persone che produce effetti innanzitutto per l’ordinamento italiano.

 

La nostra Costituzione, tra l’altro, non detta alcun divieto ai matrimoni gay, né direttamente né indirettamente.

Essa tutela l’individuo all’interno delle formazioni sociali secondo il principio di uguaglianza, e riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

La formulazione degli articoli della nostra Carta Fondamentale  lascia spazio non solo al riconoscimento delle unioni di fatto ma persino ai matrimoni gay, in quanto il matrimonio non viene definito come l’unione di un uomo ed una donna, ma viene lasciata ampia libertà al legislatore nella disciplina dei singoli aspetti meritevoli di tutela.

Il mondo omosessuale, che rientra di diritto nel macrocosmo delle coppie di fatto, ma non lo esaurisce, ha quindi alzato la posta in gioco chiedendo il riconoscimento dei matrimoni gay.

La vera domanda è: su quali basi giuridiche?

La risposta viene direttamente dalla nostra Carta Fondamentale, la nostra Costituzione.

L’Art. 2 della Costituzione stabilisce che:

«La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità».

Ovviamente la famiglia è una formazione sociale in cui l’individuo svolge la sua personalità, e su questo non è possibile obiettare alcunché.

Non solo, perché l’Art. 3 sempre della nostra Costituzione, recita:

«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».

Questi due articoli sono inseriti in una parte della Costituzione intitolata “Principi Fondamentali“, tale denominazione ci ricorda, quindi, come tali articoli siano stati posti a salvaguardia del rispetto di ogni inclinazione personale di ciascuno.

 

Il comportamento dei sindaci italiani è chiaramente di un atto simbolico, a cui si spera ne seguiranno altri che tengano accesa la discussione e porti all’approvazione di una legge nazionale.

 Katia Valentini

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