This Will Destroy You @Circolo degli Artisti (09/2014)

La band texana nella data romana tra momenti di grazia quasi commovente e blocchi compatti di note portate all’esasperazione...

Ci sono giorni –giorni di pioggia e di una qualche disperazione– che hai un’unica arma in tuo possesso: il post-rock.
Se poi non sono certi giorni, ma un periodo o perché no uno stile di vita, la risposta diventa pizza e post-rock, in altre parole come iniziare a scavare quando pensi di aver già toccato il fondo.
Quando mi sono trovata ad ascoltare i This Will Destroy You, durante il loro concerto romano al Circolo degli Artisti, non ho fatto altro che pensare a come questo genere musicale sia senza ombra di dubbio uno dei miei preferiti. Perché il post-rock mica è per tutti. Diciamocelo, suona quasi sempre uguale. Se metti un loro disco –o uno dei Mogwai, dei Mono o degli Hammock– sai quando inizia ma non sai quando finisce. O meglio, non hai la percezione che stia per finire, l’impressione è di galleggiare su un fiume che diventa cascata per poi ritornare placido.
Ma il punto è proprio questo: non importa quanto sia uguale un pezzo all’altro perché, come diceva Eraclito, “tutto scorre“. E quella che ti sembra un’unica traccia rivela un universo molto complesso e tutt’altro che facile.
Partiamo dall’inizio perché non so se lo sapete e/o vi interessa, ma ho la soglia dell’attenzione molto bassa, anche con me stessa.

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I This Will Destroy You sono un gruppo texano che porta nel nome una promessa, metti su un loro disco e ti ritrovi schiacciato a fissare un muro mentre ti vengono in mente pensieri che neanche Hegel e Nietzsche sotto metanfetamina.
La domanda, allora, potrebbe essere: perché ascoltarli?
Per lo stesso motivo per cui si compra la Nutella anche se ingrassa e sarebbe meglio brucare l’erba: perché è buona. Non solo, ma ha un sapore definito dal millenovecentosettordici. Hai voglia a produrre creme alla nocciola delle Langhe, a proporre mousse fatte dalle caprette senza parabeni, senza OGM, senza frutta secca! La Nutella contiene il famoso ingrediente segreto per cui non ci sono brufoli o calorie che tengano.
Stessa cosa per il gruppo statunitense. So che molto probabilmente ascoltarli mi renderà depressa con brio, ma hanno un modo di mettere insieme frequenze e accordi per cui non posso farne a meno. Mi ritrovo, quindi, in un mercoledì che minaccia temporale, a dirigermi verso il Circolo degli Artisti.

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Gli ingredienti ci sono tutti: fulmina e io sono terrorizzata, in più è un giorno infrasettimanale e i trent’anni passati si fanno sentire quasi subito. Non solo, ma per non farmi mancare niente, mangio anche un “focacciotto” melanzane e ricotta salata. Per chi non fosse di zona, nei dintorni del Circolo c’è una pizzeria che prepara delle piccole pizze tonde fatte, credo, di solo lievito. Ottime, ma dopo un po’ sembra che abbiano gonfiato un canotto nel tuo stomaco.

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Alle dieci sale sul palco il gruppo spalla, i Lymbyc Systym, due fratelli dell’Arizona attivi dal 2001, che qualche anno più tardi hanno pubblicato uno split con la band principale della serata.
Anche i loro pezzi sono strumentali, ma con un uso maggiore e, oserei, più ludico della componente elettronica. Non a caso una mia amica, a un certo punto, mi chiede se sta per partire “Maracaibo”. Cosa che naturalmente non avviene, anche perché il duo non ha certo l’aria di chi fa trenini a Capodanno. Anzi, se dovessi descriverli direi che sono a metà tra un personaggio dei film di Wes Anderson e uno di quegli adolescenti chiusi in casa intenti a diventare Steve Jobs.
I Lymbyc Systym ci accompagnano per quasi un’ora, per essere poi raggiunti dai This Will Destroy You con cui suonano alcuni brani dallo split “Field Studies“. L’atmosfera comincia a surriscaldarsi in tutti i sensi.
La sala si è riempita trasformandosi in una serra dove coltivare orchidee, ma invece che piante grasse sono spuntate barbe a perdita d’occhio e pantaloni alle caviglie.

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I This Will Destroy You danno il cambio ai fratelli dell’Arizona e mi sorprendo a constatare che hanno l’aspetto da montanari del Wisconsin come altri gruppi post-rock (vedi Mogwai o Explosions In The Sky). Non che io sappia come si vestano in Wisconsin, ma immagino questi ragazzi barbuti e con le maniche della camicia arrotolate procedere nella neve mentre si trascinano dietro sequoie abbattute. Poi la sera tornano nella loro casetta nel bosco a scrivere pezzi come “New Topia” solo per farmi piangere. Non credo le loro vite siano esattamente così, ma a guardarli, in effetti, non hanno il physique du role di chi compone musiche di tale maestosità.
Eppure nel momento in cui salgono sul palco hanno la capacità di fermare il tempo, non c’è pioggia, non c’è stanchezza. Persino il “focacciotto” ha smesso di agitarsi in me e riposa come un Alien dormiente.

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Intorno a noi solo suono.
Per ovvi motivi non ricordo com’è galleggiare nel liquido amniotico, ma questa sera sembra di essere immersi in qualcosa di denso e al tempo stesso impalpabile, minaccioso e confortante allo stesso tempo. I This Will Destroy You ci cullano lentamente, le note sono dita leggere che accarezzano lievi, per poi all’improvviso lasciarci cadere di fronte a un muro di suono, gli accordi come lame che affondano.
Una volta parlai per i Mogwai di un’esperienza anestetizzante. A ragione propongo nuovamente il paragone per il gruppo americano, in grado di stordire con momenti di grazia quasi commovente alternati a blocchi compatti di note portate all’esasperazione.

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Il concerto finisce, fuori piove e io mi sbrigo ad andarmene finché la musica mantiene intontita la mia paura dei temporali.
Spero di avere dentro casa almeno un secchio di Nutella.

Agnese Iannone

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http://youtu.be/qGkHHPYwBAc

 

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