Red Fang @Traffic

Di chi è lo scettro della rock band stoner più importante del momento?

Uno stuolo di magliette nere con stampate su i loghi di tutte le band della storia del rock e del metal mi attendono fuori l’entrata del Traffic.
“Minchia, c’è la fila…e siamo in piena estate!” Penso rollandomi una sigaretta.
Non mi aspettavo che un concerto al “chiuso” potesse attirare ancora così tanta gente.
Poi do un’occhiata in giro e capisco che qui la gente sarebbe venuta anche strisciando frustata da Giuliano Ferrara mentre canta “Tienimi da conto Monti”; che questo non è un concerto di quelli da: “Che ce stà n’giro stasera?” detto con la tipica svogliatezza romana.
Te ne accorgi dai: “Quant’è forte il batterista”, “Spingono davvero di brutto”, “L’ultimo album è un capolavoro” che circolano tra la folla fuori il locale, tutta intenta a raggiungere il livello birrifero giusto per l’inizio del concerto.
Te ne accorgi pure dal fatto che al primo tonfo di batteria la gente fila dentro di corsa lasciando discorsi e sigarette a metà.
S’inizia subito con un mix di pezzi tra il vecchio (più ruvido e sporco) album e il nuovo (più pulito ed efficace) tanto per scaldarci. Dopo tre-quattro pezzi non posso che constatare e confermare che il loro sound è un muro di pietra che ti casca addosso intero e senza che tu abbia la forza di opporre resistenza e fare qualsiasi movimento, se non quello della testa che fa su e giù.
Riff veloci e ritmi serratissimi accompagnano pezzi come “Dirt Wizard“, “Prehistoric Dog“, “Sharks” con la batteria sempre al servizio dei pezzi, precisa, potente a tratti mastodontica, ma sempre coerente e mai “sborona”. Perfetta.
A metà concerto il pubblico (davvero tanto) è sudato e conquistato, incluso qualcuno che ogni tanto ci vola in testa ma, mentre mi aspettavo scendere giù la Madonna a scapocciare con noi su “Wires” –il singolo del video sfascione da un milione e passa visite su youtube- è invece con l’ultimo pezzo prima del bis, “Throw Up“, che parte il vero ‘tutti contro tutti’, tanto da farmi ricordare solo all’ultimo momento -a 34 anni e centinaia di concerti alle spalle- che ancora non ho imparato il fatto che non si pogasottopalco con gli occhiali.
Non riesco ancora a capacitarmi di come abbia fatto a ritrovarli e con una sola pedata stampata su, visto il delirio.
Finiti questi 6 minuti di stupendo caos ci salutano, ma ovviamente il bis -non quelli richiesti da consuetudine-  urlato e voluto, arriva subito dopo. Un’altra manciata di riff potenti e le ultime sventagliate del “rock più stoner del panorama mondiale contemporaneo” (penso in maniera forse troppo euforica trascinato ancora da questi ultimi pezzi).
Ci ripenso mentre finisco una birra fuori.
Penso che l’altro giorno ho ascoltato per benino l’ultimo dei Queens Of The Stone Age, i loro paparini adorabili.
Penso che lo scettro della rock band stoner più importante è in serio pericolo.
Al concerto per il prossimo disco –che uscirà ad ottobre- penso che ve ne darò conferma o meno.

Marco Caponera

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