La dittatura del Coronavirus

Il Coronavirus sta mettendo a rischio il concetto contemporaneo di democrazia?

Le restrizioni per fronteggiare il Coronavirus continuano in tutto il mondo. In Italia, per esempio, sono state prorogate fino al 13 aprile.
A causa di questa emergenza mondiale sono state prese decisioni drastiche, quasi da poter iniziare a pensare che le democrazie, in questo preciso momento storico siano a rischio, in quanto vengono violati i nostri diritti fondamentali. Partiamo dai più semplici, come la libertà di lavorare o di movimento visto che nella maggior parte del globo è stato imposto di stare a casa. Non possiamo muoverci neanche per andare a trovare i nostri cari.
Alcuni Paesi stanno prendendo decisioni ancora più drastiche. In Ungheria, ad esempio, il Parlamento, pochi giorni fa, ha dato pieni poteri al Premier, Viktor Orban. Ebbene, solo lui potrà decidere quando lo stato d’emergenza per il Coronavirus finirà.

Sotto la lente d’ingrandimento, in questo tempo, ci sono finite anche le Filippine, un Paese da sempre dalla politica interna discussa, e allo stesso tempo meta turistica di milioni di persone, che vogliono godere delle sue spiagge bagnate da acque cristalline con fondali marini meravigliosi.
Ma in queste ore, più che dei fondali cristallini delle Filippine probabilmente si sarà parlato ancora del suo Presidente, Rodrigo Duterte, che ha avvertito i suoi concittadini che è pronto a usare la forza contro chi violerà la quarantena durante l’emergenza Coronavirus.
Durante un intervento in televisione di ieri, il Presidente ha dichiarato: «Non sfidateci e non danneggiate medici e operatori sanitari perché è un crimine grave. In caso contrario i miei ordini alla polizia sono stati chiari: dovete sparargli».
Le sue parole arrivano dopo che i residenti di una baraccopoli di Quezon City, sull’isola di Luzon, hanno inscenato una protesta lungo un’autostrada vicino alle loro baraccopoli, sostenendo di non aver ricevuto pacchi di cibo e altre forniture di soccorso da quando il blocco per contenere il virus è iniziato più di due settimane fa.
A queste persone è stato tolto tutto, è stata tolta la possibilità di vivere, in quanto si tratta di cittadini molto poveri e che dipendono per la maggior parte da lavori giornalieri, interrotti bruscamente in seguito alla chiusura decisa dalle autorità.

Per poter fronteggiare delle emergenze così gravi forse c’è bisogno di prendere altrettante decisioni drastiche. Quello che ci chiediamo ogni giorno è se tutto alla fine tornerà come prima, tornando alle nostre libertà o se questa è solo un’onda che viene cavalcata dai Governi per poi tenerci ancora di più sotto controllo, farci diventare attori ancora più passivi, ricalcando il modello del Grande Fratello di Orwell.
Diventeremo tutti dei Camerati che obbediranno alle richieste ed esigenze del Partito o del Leader? Di nuovo? La storia è ciclica si dice.
Delle riposte si iniziano ad avere, alcune anche preoccupanti, come l’esempio riportato prima dell’Ungheria, le misure schizofreniche di Regno Unito e Stati Uniti. La controversa celebrazione del modello di contenimento del virus – con misure peraltro tardive e continuamente secretate e non condivise con il mondo – da parte del Governo cinese, che altro non è che un regime dittatoriale che in diverse aree del proprio territorio altro non riesce a fare con successo se non limitare la libertà dei propri cittadini.
Ma quello che è successo ieri nelle Filippine è shockante e preoccupante.
In questo istante c’è un Presidente disposto a sparare ai suoi cittadini per fare in modo che rispettino la legge. Sparare a cittadini che vanno a cercare da mangiare.

Le chiusure sono indispensabili per contenere il virus, ma il vero problema è che esistono Paesi e Paesi.
Non tutti hanno il privilegio di ricevere sussidi da parte del proprio Stato.
I problemi da affrontare sono molti, le economie stanno andando a picco e sarà molto difficile riprendersi da questa crisi, ma bisogna rendersi anche conto che ci sono Paesi che sono continuamente in crisi e che perennemente vivono in stati di emergenza con i loro diritti fondamentali costantemente violati. Pensiamo alla Siria, che da ben 11 anni i suoi abitanti vivono nel terrore. Ma la lista degli Stati sarebbe tristemente lunga.
Quindi prima di lamentarci e cavalcare anche noi stessi la scusa che siamo costretti a stare in casa, che c’è qualcuno che ci dice cosa fare e non fare, perché non possiamo andare a farci una passeggiata, pensiamo a quei posti dove si muore di fame, dove lo Stato non ti aiuta e sarebbe disposto anche a spararti perché non si rispettano le sue regole.
Dovremmo avere la forza di pensare che le restrizioni che oggi viviamo, sono per fare in modo che muoia meno gente possibile domani. E dopodomani. Ed il giorno dopo ancora, fino ad arrivare alla fine di questo periodo di pestilenza.
Dovremmo pensare che tutti insieme stiamo facendo la nostra parte, che stiamo dando un grande esempio di umanità, nel nostro piccolo.
Alla fine di tutto questo torneremo a riabracciarci come prima.
Anche più forte e sinceramente di prima.

Valentina Polidori

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3 Comments

  • Non credo che domani sarà un ritorno alla normalità di nessun genere. Dopo il fermo biologico arriveranno la disoccupazione le rivolte del pane e le grandi migrazioni. Stati come iran e mezza Africa sono già al collasso e il Messico è il Brasile hanno già sentore di guerra civile. La torre della democrazia europea dovrà aprirsi e arrivato il xxi secolo in tutta la sua forza i cicli storici si ripetono la guerra di cui parlano tanto deve ancora venire brava bel pezzo

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