Cowboys & Aliens

Recensione Uki in Anteprima!

Sono un’inguaribile pessimista, ma ne sono cosciente. Così tanto che mentre cerco parcheggio per la “prima” di “Cowboys&Aliens” mi ripeto ininterrottamente che forse no, forse il titolo è solo una trovata pubblicitaria, una semplificazione per attirare orde fameliche di giovani divoratori di film di genere, figuriamoci di “due” generi. Ero così concentrato nel ripetermi questa cosa, da dimenticarmi il civico della seda della Universal. Entro in sala e mentre trovo la posizione più comoda sulle larghe poltroncine di pelle do’ un’occhiata alla cartella stampa per capire. Si perché, sono andato a vedere questo film con la ferma convinzione di non vedere o leggere altro in anticipo, ma visto che ormai c’ero, non ho resistito a dare un’occhiata alla sinossi.

1873. Arizona. Uno straniero (Daniel Craig)  senza passato si imbatte nella remota città di Absolution, nel bel mezzo del deserto del New Mexico. L’unico accenno alla sua storia è una misteriosa sorta di manetta intorno a un polso. L’uomo scopre in fretta che la gente di Absolution non è l’ultimo grido in fatto di benvenuto agli stranieri. Oltretutto, nessuno fa una mossa per le strade della città, a meno che l’ordine non arrivi da parte del colonnello Dolarhyde (Harrison Ford). La città  vive sotto il suo pugno di ferro, nella paura. Ma Absolution non sa che c’è sempre qualcosa di peggio al peggio, e che rimpiangeranno quei giorni di sottomissione, quando nella desolata città arriveranno dei predoni dal cielo.

Bene, sarei potuto svenire, oppure uscire dalla sala e mandare al giornale una recensione su un qualsiasi filmone americano dove i buoni e strafighi, dopo conflitti ed esplosioni alla fine vincono su tutti. E invece no. Me ne sono rimasto lì a sperare che almeno questa volta non fosse così. Che almeno questa volta, l’elenco di star Hollywoodiane non sia solo una stanca passerella per attori che devono pagare il mutuo (in tempo di crisi, poi).

Inizia il film, con la consumata storia del tizio che si sveglia e non ricorda nulla del suo passato e si trascina fino a quando non inizia a ricordare che il misterioso braccialone di metallo con strani intarsi che porta al polso (che su un vestito da Cowboy ricorda molto la scena di Peter Sellers con l’orologio da sub) arriva da molto lontano. Il film, braccialone a parte, s’inizia a sviluppare come un bel Western, uno di quelli che ti fa appassionare e ripensare alle grandi epiche storie del genere. Paesaggi sconfinati, gente in cerca di fortuna, whiskey a fiumi, pallottole, sporcizia e sangue. Tutto molto bello. È l’arrivo delle navicelle spaziali a rapire i poveri bifolchi della cittadina, a rovinare tutto. Da questa prima loro comparsa, si capisce che l’esperimento di mischiare il genere fantascientifico e western oltre ad essere difficile, suona davvero inverosimile.

Nonostante questo, il film ha il pregio di non scadere mai nel ridicolo totale o nel comico (ma forse un registro simile sarebbe stato più azzeccato) ma solo perché Daniel Craig oltrepassa lo schermo in modo impressionante e con i suoi silenzi riesce a tenermi fermo lì, andando oltre e di molto ad Harrison Ford nella parte del cattivo Dolarhyde che ormai di cattivo ha solo il fatto di non fare più l’Indiana Jones come una volta. Così, la cittadina sconvolta dai rastrellamenti alieni, si trova nel caos.

Jake Lonergan (Craig) deve ritrovare il suo passato e gli abitanti della cittadina la loro gente rapita, così, attrezzano una carovana di personaggi che sarà poi rimpinguata dalla tribù dei guerrieri Chiricahua (realmente esistita) e dalla ex banda di malviventi dei Lonergan-Craig, tutti in lotta contro i mostruosi alieni che infestano il deserto.

E qui, quando poteva esserci il momento di svolta, quel qualcosa che facesse cambiare direzione al film, che ne so’, un rovesciamento della trama classica, iniziano le solite danze.

L’armata Brancaleone trova il nascondiglio degli alieni, e riesce a stanarli e farli fuori a colpi di Colt e  Winchester di fine ottocento. È la resa dei conti per tutti. Per Lonergan che finalmente può vendicarsi della morte di sua moglie, del cattivo Colonnello Dolarhyde-Ford che si pente di essere stato così cattivo, degli indiani che fanno comunella con i nemici storici che li hanno sterminati in nome del bene supremo, del barista che impara a sparare un colpo, del ragazzino che diventa uomo uccidendo un alieno con un coltello. Il fuoco e le fiamme, la polvere da sparo inizia a scorrere come in tutti i film americani che si rispettino. A niente serviranno le armi iper-sofisticate di una razza superiore, contro gli americani ammazza-tutto, nessuno si salverà dopo queste due ore di commistione di generi arditamente mescolate.

Spettatori inclusi.

 Marco Caponera

 

 

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6 Comments

  • Io credo che chi ha scritto l'articolo sia pieno di preconcetti… il film è stupendo, l'ho visto negli U.s.A., la storia è nuova e mai vista prima, sennon un accenno in alien vs predator… è uno spettacolo stupendo che vale davvero il prezzo del biglietto…
    basta con la storia Americani ammazza tutti… forse è davvero così, e forse l'Italia è davvero meritevole del basso e infimo cinema che spesso infesta le sale… Film creduti alti e invece accozzaglia di luoghi comuni e semplicità all'italiana…
    Craig è stupendo… Ford un maestro e Olivia Wilde una dea…
    che manca al film, spero ce lo spieghi meglio il giornalista! Il film non ha mai un cedimento, e segue fruibile, e ha chiavi di lettura molto diverse… certo mancano le tette, ma questo è un altro discorso… Grazie a Jon favreau… e comunque quello che ha al polso è un bracciale e non una manetta… 🙂

  • Chi ha scritto questo articolo, ha scritto e scrive racconti (uno dei quali sta diventanto un cortometraggio) di genere, quindi, non credo che abbia preconcetti di sorta.
    Per quanto riguarda quello che manca al film, mi sembra di averlo spiegato abbastanza bene, ma lo ribadisco: l'idea di fondo è così scontata che fa venire da ridere.
    Il problema è che tu la reputi nuova e mai sentita, a me invece sa molto di raschiamento del fondo del barile.
    Non ci trovo nulla di nuovo (hai presente i film degli anni 50-60? Quelli tipo Dracula contro Frankstein e roba simile?) e per di più, tutto molto forzato.
    Potremmo parlare per ore cmq, ma io rimarrei della mia opinione, e tu della tua, quindi scrivo queste righe solo per precisare che quella che hai letto (come qualsiasi recensione) è un giudizio personale di chi l'ha scritto.
    Se a te non piace, non puoi iniziare ad insultare personalmente qualcuno che non conosci o a mettergli parole in bocca (conosci per caso la mia opinione sui film Italiani?).
    Quindi ti ringrazio per aver letto la mia recensione, ma se vuoi dare valore alla tua opinione e rimanere nell'ambito dello scambio di opinioni, mi permetto di consigliarti di rimanere più sui contenuti che su chi li ha scritti.
    Un saluto.

    P.s.
    "una specie di manetta" è un termine che ho ripreso dalla cartella stampa della Universal, se mi dai un numero di telefono te la mando per fax.

  • il film potrà piacere oppure no, attaccare il giornalista che ha scritto la recensione solo perchè non è della stessa opinione mi sembra veramente assurdo. saremo o no liberi di esprimere un'idea, un opinione?

  • infatti! che poi fino all'arrivo degli alieni neanche l'ha massacrato così tanto.
    certo è che seppur mescolare alieni e cowboy può sembrare una cosa nuova rimane il pacchetto ad essere inflazionato, che rimane stereotipizzato in un genere. il che non vuol dire che non piace il genere, ma semplicemente che il regista non è riuscito a dare quel qualcosa in più! tutto là!
    e poi quelli di uki ci hanno abituato ad articoli e recensioni senza peli sulla lingua, per questo ci possiamo fidare!
    ad esempio il film recensito l'altra volta era stato giudicato molto bene! insomma, credo si tratti di onestà intellettuale! di questi tempi…:O

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