Arte multisensoriale: l’ “essere” e la sinestesia

Tokyo Art Meeting: attraverso la sinestesia per stimolare l'essere unitario dell'uomo, in cerca dell'armonia interna con la natura che lo circonda

Sinestesia, l’associazione dei sensi: a un senso se ne lega un altro. Si può essere indotti alla sinestesia? Le opere della Tokyo Art Meeting, al suo terzo allestimento, puntano proprio a questo. Non è solo per fare una cosa carina e diversa che viene introdotto nelle opere il concetto di sinestesia, no. L’obiettivo del curatore della mostra è molto più audace: la mostra dovrebbe aiutare l’uomo a recuperare la sua sostanza e il suo vero essere, in modo da fargli riottenere armonia interna e con ciò che lo circonda.

 

La Tokyo Art Meeting è ormai giunta al suo terzo appuntamento. Che cos’è la Tokyo Art Meeting? È una mostra che si svolge, indovinate un po’, a Tokyo! Cosa ha di speciale questa mostra? La sua caratteristica principale è quella di essere interdisciplinare (tema già affrontato altrove). Cioè che fanno?: vengono invitati diversi specialisti, in diverse discipline, che insieme collaborano per allestire la mostra.

Quest’anno a sovrintendere ai lavori è il musicista, di fama mondiale, Ryuichi Sakamoto. La base di tutto, in questa occasione, è la commistione tra musica e immagini, che si fondono le une con le altre, creando un affiancamento fra suono e immagini, o se volete dirla in modo più elevato, fra spazio e tempo.

 

L’idea è venuta fuori dallo sviluppo dei media digitali (il vostro lettore multimediale sul pc vi fa sempre vedere, quando ascoltate della musica, delle immagini che si muovono a tempo) e da quello dei video promozionali aventi sempre una musica di sottofondo.

 

Il concetto che la mostra vuole introdurre e indagare è quello di sinestesia. La sinestesia, dal punto di vista psicologico/sensoriale, è la concomitanza di due sensi nel momento in cui solo uno di questi è veramente chiamato in causa, come quando alla vista della frutta ne sentiamo anche il gusto: in questo caso vista e gusto, due sensi distinti, hanno “lavorato” insieme.

La mostra consente ai visitatori di essere protagonisti (anche questo argomento già trattato altrove), cioè di poter testare con mano le opere e constatare, sulla propria pelle –mai detto è più indicato– che sensazioni provenienti da, appunto, sensi diversi collaborano. Come quei visitatori che possono sperimentare la musica scaturita da un disco di ghiaccio: tatto/vista unitamente all’udito.

I sensi vengono indotti a lavorare insieme, così che il visitatore possa riflettere sulla loro affinità.

Se l’uomo è un essere umano formato da parti che costituiscono un tutto, allora queste parti per forza di cose devono lavorare insieme e sincronizzarsi perché il tutto funzioni, o sbaglio? E se i sensi sono delle parti del tutto, forse lavorano insieme anche loro no? Dopotutto appartengono alla stessa categoria! Quella dei sensi appunto.

Forse questa mostra vuole aiutarci a riappropriarci della nostra profonda unità?

Forse la società è avvertita come troppo alienante e incapace quindi di aiutarci a vivere con sufficiente consapevolezza la nostra natura unitaria.

Le religioni più diffuse sono i monoteismi dopotutto, e tra questi c’è il Cristianesimo secondo cui Dio è uno e trino.. quindi le antiche sapienze da cui derivano le religioni sapevano che la divinità è molteplice ma uno allo stesso tempo. Secondo Feuerbach il cristianesimo non è altro che la proiezione dell’uomo al di fuori di sé.. quindi è l’uomo stesso, mi viene da concludere, che si avverte molteplice e unico nello stesso tempo. Siamo di nuovo al rapporto tra le parti e il tutto che le parti costituiscono!

 

Davvero molto interessanti sono le opere del sempre grande Sakamoto, anch’esse naturalmente opere che hanno alla base la collaborazione e associazione fra i sensi.

Per esempio abbiamo una stanza dove il visitatore può ascoltare della musica di pianoforte perfettamente sincronizzata con delle proiezioni sulla parete che riguardano parole e discorsi di importanti pensatori del passato.  Secondo Sakamoto l’esperienza delle immagini che si uniscono alla musica, quindi sperimentando un’unità di generi diversi ma in questo caso mai separati nell’esperienza sensoriale, l’uomo recupererebbe il rapporto con la natura che sta via via perdendo a causa della globalizzazione e della crisi energetica.

 

L’arte in questo caso avrebbe un ruolo propriamente sociale, in quanto aiuterebbe l’uomo, uomo sociale, che vive in società, a recuperare le sue origini, di modo da poter avere un futuro migliore.

Roberto Morra

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