Tre Allegri Ragazzi Morti @Villa Ada (07/2014)

L'istrionica band ha presentato il suo show fatto di grottesche storie di vita, romanticismo disincantato in onore di un'ironica esorcizzazione del macabro

C’erano tre generazioni ieri a Villa Ada per acclamare la band indipendente più amata del paese. Quella dei ridenti anni Novanta, quando il gruppo si formò con le prime uscite tra cui “Come mi vuoi“, quella dell’inizio del nuovo millennio, periodo al quale risalgono “Ogni adolescenza” e “Quasi adatti” e poi c’era quella di oggi, de “La mia vita senza te“.

Ne hanno fatta di strada questi tre ragazzi di Pordenone da quel 1994. La tappa di ieri rientra nel tour estivo Per principianti attraverso il quale il gruppo celebra proprio i vent’anni di carriera in un anno di festeggiamenti, serate e tanta musica.

Dopo lo spettacolare 2013 come gruppo spalla nella tournée del Lorenzo nazionale, il trio friulano si propone di ripercorrere in ogni concerto le più importanti tappe di un successo atipico se non addirittura unico, perché fuori da ogni logica mediatica e libera dalle lotte discografiche.

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Alla base della scelta di indossare maschere soprattutto nei live, infatti, c’è la volontà di affermare un’indipendenza identitaria contro l’omologazione e la superficialità dei media: «difendo la mia immagine, la sua riproduzione, io sono la memoria e il resto è un’opinione» (da “Rock & Roll Dell’Idiota“). Oltre a questo mezzo materiale dalla forte valenza sovversiva, la band fa un ulteriore passo: geniale infatti l’idea di identificarsi nei fumetti del disegnatore, oltre che vocalist, Davide Toffolo, in una presa di coscienza totale e in una vittoria assoluta del libero arbitrio.

Come a dire “ognuno di noi è ciò che sceglie di essere”, indipendentemente dalle convenzioni o dalle idee precostituite, «creare e dare una forma al proprio destino» direbbe Camus.

Loro l’hanno fatto davvero, hanno scelto la propria immagine nell’atto stesso di rinunciare ad essa estendendo tale logica di libertà anche attraverso la creazione di un’etichetta discografica indipendente La Tempesta, che si basa su un sistema di produzione snello e dinamico, autonomo e diretto, privo di strutture e di costi superflui, aperto e interattivo.

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Un’atmosfera dai toni surreali e cangianti quella di ieri, che ha spaziato dai sound punk rock delle origini, al new wave, agli echi quasi latini di un certo periodo fino ai recenti risvolti reggae e dub. Ad aggiungere pennellate inconfondibili i testi, con quella tipica espressione a metà tra cinismo e sensibilità, ironia infingarda e profondità d’analisi, sarcasmo svampito in superficie e verità malinconiche all’interno.

Il marchio di fabbrica dei TARM, infatti, è quella particolare impostazione grottesca che attinge le storie dalla realtà, le rimpasta in una forma originale ed astratta e le restituisce in modo picaresco. Tipico è anche quella sorta di romanticismo disincantato che narra l’amore in modo così semplice e diretto da sfociare quasi nel distacco, ma che in realtà è una sottesa amarezza, una lucida visionarietà di un mondo artistico istrionico.

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Tale mondo si è materializzato ieri nel live, in una serata meravigliosa anche grazie alle travolgenti interazione con il pubblico da parte di Davide Toffolo che ha rievocato Petrolini in una divertente gag nella quale al suo “grazie” gli ascoltatori avrebbero dovuto rispondere “bravo”, innescando un esilarante scambio di battute che tornava, a sorpresa, in vari momenti del concerto. A partire da “Rock & Roll Dell’Idiota“, il cantante annuncia venti minuti di pezzi risalenti al 1994 che però necessitano l’abbandono delle maschere e, quindi, la richiesta di rispettare la loro scelta “antimediatica” pregando il pubblico di non fare foto affermando che «queste canzoni hanno bisogno delle nostre facce»: si va da “15 anni fa” a “Fortunello a “Come mi vuoi“.

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Chi ieri c’era ha potuto vivere un’ironica esorcizzazione del macabro, è stato come guardare la finitezza umana con gli occhi dell’allegria e della leggerezza; espressione paradossale di una letizia cimiteriale, divertente sberleffo della morte. La chiusura al momento dei saluti rende tutto l’universo dei TAMRI: «qui finisce l’incredibile spettacolo della vita e l’incredibile spettacolo della morte» con il consueto augurio di concludere la serata immergendosi nell’amore, in qualunque forma e di qualunque orientamento esso sia.

Sabrina Pellegrini

Foto: Danilo D’Auria

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