“Ma chi gliel’ha fatto fare?”. Troppo facile esprimere giudizi. Mettersi sempre dalla parte giusta. Farci giudici anche di situazioni lontane da noi. Non solo geograficamente. Ci sono situazioni delle quali non sappiamo niente, non possiamo capire niente. Ma è più forte di noi, come Dei giusti e infallibili vorremmo entrare nel merito di situazioni dalle quali faremmo meglio a restare fuori. Ci siamo detti che dobbiamo ricordare. Guardarci indietro per andare avanti, per non commettere gli stessi errori, per credere e costruire un mondo migliore. Detto così sembra pura retorica, ma è la sacrosanta verità. Un mondo migliore, una società migliore, delle città migliori in cui vivere si possono e si devono realizzare. Basterebbe pensare a noi stessi, alla nostra condotta. Senza dover per forza giudicare gli altri. E invece no.
Proprio questo è quanto accadde a Natale Mondo. Ne avete mai sentito parlare? Non mi stupirebbe, visto che risale alla fine degli anni ’80. Più precisamente dopo l’omicidio di Ninni Cassarà e del suo agente Roberto Antiochia, entrambi uccisi dalla mafia. Anche Natale Mondo era un agente, per la precisione era l’autista di Cassarà. E anche lui era presente il giorno dell’attentato che portò alla morte dei due colleghi. Miracolato? Per la gente all’epoca era impossibile. Non poteva essersi salvato. Da un agguato di quel tipo non ci si salva. Si può solo morire in quelle situazioni. Ma Natale no, si era salvato. La risposta fu semplice, chiara e immediata a tutti i benpensanti: doveva essersi accordato con i killer mafiosi. Anzi, forse era anche complice. Solo così poteva essersi salvato. Non aveva affatto rischiato la vita, ma si era macchiato di una colpa ben più grave, sempre secondo i benpensanti. “Una vergogna, chi se lo sarebbe aspettato”. Sembra di sentirle le voci nei vicoli e nelle strade il giorno in cui Natale Mondo venne arrestato.
Per l’agente infatti, come racconta anche Saverio Lodato in “Quarant’anni di Mafia“, scattarono le manette e fu accusato di essere colluso con la mafia. Quasi tutti credettero a questa storia. Di fronte allo sgomento generale per quanto accaduto però, provato da una vicenda giudiziaria in cui non si sarebbe mai aspettato di finire, lo stesso autista di Cassarà fu costretto a ammettere un particolare che avrebbe volentieri risparmiato alle cronache: Natale era infiltrato nelle cosche mafiose della borgata in cui abitava, l’Arenella. Stava indagando sui traffici di droga della zona proprio per il Commissario ammazzato.
Natale fu scagionato e rimesso in libertà. Probabilmente, dopo le sue ammissioni necessarie per togliere ogni accusa dal suo capo, sapeva quale sarebbe stato il finale della storia della sua vita. Una storia già vista molte altre volte. Mondo si salvò in tribunale, ma lo stesso non accadde all’Arenella, la borgata in cui viveva. Ed è proprio qui che venne freddato. Era un pomeriggio d’Inverno quando Natale Mondo si incamminò verso il negozio di giocattoli gestito dalla moglie. Arrivò poco prima delle tre. Aprì la saracinesca, forse riuscì appena a finire il movimento. Poi la sorda esplosione dei colpi riempì l’aria. E sfigurato, l’uomo, cadde a terra tra gli innocui fucili per bambini e pistole giocattolo. Cadde e con lui cadde una speranza in più. Cadde la capacità di sospendere il proprio giudizio verso gli altri. Io non posso dire con certezza che tutta l’Italia si sia scagliata contro di lui accusandolo di essere un mafioso. Nessuno può realmente dirlo. Le opinioni in questi casi si manifestano tra amici, in famiglia, lontano da orecchie indiscrete. E non è forse uccidere questo? Un uccidere lento dell’anima. Non è uccidere il condannare una persona senza conoscerne la storia… Le parole spesso fanno più male di mille colpi d’arma da fuoco. I giudizi delle persone, le accuse infamanti, valgono quanto i colpi di lupara.
“Chi glielo ha fatto fare? Perché non si faceva gli affari suoi?”. Questo è ciò che molti senz’altro pensarono quando sentirono della sua morte. Gli stessi che prima lo avevano condannato di essere colluso. Questo è quello che ancora oggi spesso mi capita di sentir dire. Ecco, forse servirebbe più coraggio. Forse dovremmo imparare qualcosa da persone come Natale Mondo, persone di cui spesso nemmeno si legge sui libri o in rete. A nessuno di noi viene chiesto di morire, a nessuno. A nessuno di noi viene chiesto di avere un coraggio eroico. Anche perché per essere eroi non si deve per forza morire. Per essere eroi a volte sarebbe sufficiente capire quando è il momento di dire qualcosa. Soprattutto cosa. Altre volte invece basterebbe avere il coraggio di tacere. Di non giudicare. Di non uccidere, con le parole. .
Davide Perillo
ottimo articolo ottima riflessione, un invito alla Prudenza che non è mai troppa. devo dire che la Prudenza è la mia virtù preferita…..ogni tanto lo dimentico, ma poi riflettendo capisco che il mio pensiero non cambia.
In realtà la prudenza offre l’attimo per il discernimento per farci capire quanto è importante poter vagliare la nostra decisione prima di passare all’azione. Evidentemente molti sono scollegati da questa funzione. Grazie e felice notte!
concordo. la prudenza e’ importante su accuse del genere, le malelingue sono altrettanto deleterie quanto l’ omerta’
servono indagini e prove
si, si tutto vero. ma la gente al bar parla di tutto, pure delle vostre corna , figurati se devono sparlare di un voltafaccia
la cosa e’ molto complicata
Mio dio che brutta storia. Ancora grazie a Perillo per queste inchieste e memorie
quante storie di cronaca non si conoscono, anime spezzate dalla criminalità e dall’ ignoranza . ma chi ha pagato per questa vergogna?
solo gli eroi…
🙁
bell’articolo. complimenti Davide P. , continua così… Grazie.
avrebbero dovuto consegnarlo ad un programma di protezione testimoni e farlo sparire, proprio perché le istituzioni lo misero in quella brutta situazione… quella fine era inevitabile, c’era da aspettarselo eccome! Vergogna!
complimenti a davide
” … Per essere eroi a volte sarebbe sufficiente capire quando è il momento di dire qualcosa. Soprattutto cosa. Altre volte invece basterebbe avere il coraggio di tacere………. ”
Vergognosa questa storia.
Complimenti a D.Perillo
Bell’articolo, é assolutamente vero: la superficialitá dei giudizi é un’arma di distruzione non “di massa” ma “in dotazione alla massa”…. Grande Davide!