Morire e Risorgere. La mia esperienza con l’Ayahuasca

Prima ti devi arrendere, devi avere coscienza non paura. Coscienza che tu morirai. È solo dopo aver perso tutto che siamo liberi di fare qualsiasi cosa...

.> Il cARTEllo

Resta col dolore. Non lo scacciare. Senza dolore, senza sacrificio, non avremo niente. Questo è il tuo dolore. Questa è la tua mano che brucia, eccola! Non fare come fanno quei cadaveri ambulanti. Non fuggire. Quello che senti è illuminazione prematura. È il momento più importante della tua vita e te lo perdi perché sei altrove! I nostri padri per noi erano come Dio. Se loro se la svignano, questo cosa ti fa pensare di Dio? Devi considerare la possibilità che a Dio tu non piaccia, che non ti abbia mai voluto, che con ogni probabilità lui ti odi. Non è la cosa peggiore della tua vita? Non abbiamo bisogno di lui. Al diavolo la dannazione e la redenzione. Siamo i figli indesiderati di Dio e… così sia! Prima ti devi arrendere, devi avere coscienza non paura. Coscienza che tu morirai.
È solo dopo aver perso tutto che siamo liberi di fare qualsiasi cosa…

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Avevo in mente le parole di Tyler Durden mentre mi approcciavo allo sciamano. I miei occhi si tuffavano nei suoi, che non erano semplici occhi ma due oceani, all’interno dei quali avevo deciso di navigare. Lasciai che quella misteriosa bevanda, meticolosamente preparata, entrasse dalla mia bocca, bevendo la parte liquida ed infine masticando la parte più grumosa. Lo sciamano la chiamava “La Medicina”, avvolgendo la sostanza di ulteriore mistero e spiritualità. Mi ripetevo di stare tranquillo, lasciare il razionalismo, e farmi guidare dalla magia e dall’energia che si respirava nell’aria. Ma, tra il dire e il fare… sinceramente? Mi cagavo addosso. Mi trovavo sperduto nella campagna, con dieci sconosciuti, e a breve vittima del mio inconscio che sarebbe stato attivato dalla dimetiltriptamina.

Ma andiamo per ordine.

 

L’Ayahuasca o Yagè si presenta sotto forma di bevuta scura e si ottiene mischiando e cucinando la liana di Ayahuasca, appunto, e le foglie di Chacruna –come viene chiamata in quechua o Psychotria viridis, secondo il suo nome scientifico– in proporzioni di 70 e 30 percento. La liana è una pianta sacra per le popolazioni indigene dell’Amazzonia, e gli sciamani di Colombia e Perù la utilizzano da oltre quattromila anni per produrre La Medicina. Il potere della liana sta nel suo principio attivo: la dimetiltriptamina, più comunemente conosciuta come DMT. Tuttavia, nonostante la sacralità della Pianta, la Chacruna è un elemento necessario per la produzione di questo farmaco ancestrale. La DMT verrebbe rapidamente disattivata dai nostri enzimi in assenza di quest’ultima, che, oltre a impedire l’attivazione dei suddetti enzimi, ne potenzia l’effetto. Negli ultimi anni questa sacra bevuta sciamanica ha iniziato a diffondersi in Occidente. Iniziando a circolare negli ambienti alternativi, si è poi andata popolarizzando tanto che vari terapeuti la usano. Errore comune, che trova le sue basi nel potere allucinogeno e psichedelico della pianta, è quello di parlare di questa sostanza come di una droga. L’Ayahuasca è a tutti gli effetti una medicina. Sicuramente, la più potente che abbia mai provato.

Mi scuso per essermi dilungato così tanto in dettagli tecnici, ma ho ritenuto necessario mantenere ancora per qualche secondo il contatto con la realtà (questa realtà perlomeno), prima di prendervi per mano e trascinarvi nel mio viaggio. Ci siamo… allacciate la cintura perché ora possiamo partire.

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Sono arrivato tardi, quando la notte era già scesa. La casa dove si è tenuto il ritiro era sulle colline subito fuori dalla città e, beffarda, sembrava ghignare al mare nero che rifletteva la luna. L’incenso, il camino e gli abbracci sono le prime tre cose che ricordo. E poi la sorpresa per lo scoprire che le altre persone presenti nella sala erano estremamente diverse tra di loro, relativamente giovani e tese quanto lo ero io –cosa che mi ha fatto sorridere, e mandare ancora una volta a fanculo i pregiudizi. Chiacchierate di circostanza, hanno riempito il tempo che ci divideva dal momento che tutti attendevamo impazientemente l’arrivo dello Sciamano e, in particolare, della Medicina.

La “scatola dei ricordi” contiene spezzoni sommari. Ricordo l’improvviso silenzio, e poi un uomo calvo con una voce cacofonica ma rassicurante che, avvolto nei suoi abiti bianchi ci istruiva su come si sarebbe svolta la notte. Era Lo Sciamano e con lui, scaldato da un poncho di lana, vi era il suo aiutante. Poi, per quanto mi sforzi di rievocare gli eventi, il vuoto. Al ricordo successivo mi sono cambiato d’abito, ho anche io dei vestiti chiari e giaccio supino sopra un materassino, nella stessa stanza con gli altri dieci compagni di avventura. Le luci sono soffuse, statue di Budda e quadri psichedelici arredano la camera, e una musica strumentale fa da base alle parole della nostra guida spirituale.

Ci prepariamo alla cerimonia, «Inspirare-espirare, lasciare andare i problemi e allentare la tensione», sono le parole del saggio. Infine, ingoiamo e mastichiamo per due minuti un tocco di tabacco puro. L’aroma e le proprietà della potente foglia hanno la capacità di liberare le vie respiratorie e preparare il cervello ad accogliere la pozione magica. Tra i vari nomi che Lo Sciamano usa per riferirsi all’Ayahuasca, io mi affeziono a quello di “abuelita” (nonnina), poiché evoca una anziana saggia, severa ma affettuosa, che io associo al personaggio di Ursula Iguarán a cui Garcia Márquez ha dato vita nel suo romanzo avvolto di magia.

Ancora uno spazio buio. E mi ritrovo al principio di questo articolo. Il calvo Santone mi indica: è il mio turno. Nascondendo l’indecisione, mi alzo e procedo dritto verso di lui senza mai abbassare lo sguardo. Se da un lato so che sto facendo un tuffo nel vuoto, dall’altro sono sicuro di volermi mettere alla prova: voglio entrare dentro me stesso e affondare i miei demoni o essere affondato. Mi rendo conto, con non poca soddisfazione, che ho implicitamente accettato l’idea della morte e che senza ormai più remore le vado incontro scommettendo sull’esito finale della battaglia. Non fraintendetemi, non c’è niente di fisicamente mortale in quello che ho fatto, ma è in ogni caso una grande sfida. Aprire l’inconscio e sfidare a tu per tu i tuoi demoni, i tuoi ricordi, le tue delusioni e sofferenze non è cosa da tutti. Il motivo per cui evoco la morte è perché sapevo che avrei aperto gli occhi in modo diverso, ma non sapevo su cosa e cosa di me sarebbe andato perduto. Ero tuttavia arrivato ad un punto in cui, influenzato dalla vorace società occidentale, non potevo più continuare semplicemente a sopravvivere ma avevo bisogno di vivere. Ed ero disposto al tutto per tutto per riprendere pieno possesso della mia vita.

Un altro flash. L’amaro sapore della pastosa sostanza sul fondo del bicchiere: la spingo con il cucchiaino argentato e mi scorre in gola. Mi concentro, ingoio tutto e lascio il bicchiere perfettamente pulito. Ringrazio con gli occhi Lo Sciamano e torno nel mio giaciglio dove mi copro gli occhi e attendo, mentre provo a farmi tutt’uno con i suoni di bonghi e flauti.

Scorre lento il tempo, rallentato da aspettative e tensione. L’avere una certa familiarità con il mondo delle droghe, mi induce a tenere un approccio simile a quando ho assunto sostanze allucinogene. E così, nonostante la benda sugli occhi, ricerco allucinazioni, dimenticando temporaneamente il mio obiettivo ultimo. Poi un altro flash. Uno scossone dall’interno e la Nonnina inizia a richiedere le mie attenzioni. Paura di primo acchito, ma poi soddisfazione: il momento della verità sembra essere arrivato.

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Delle luci mi avvolgono, e la mia mente sfora le tre dimensioni. Sono il passato, il presente e il futuro. Sono etereo, intangibile, sono la musica nella stanza e una pioggia di colori. Provo a domare questa forza che lentamente va scandagliandomi per capire cosa riparare ed, infine, espellere. È tutto inutile. La Nonnina non ama essere domata, e così mi proietta a tutta velocità in quelle che sono le mie turbe più marcate nella sfera relazionale e emotiva. Rivivo donne del passato, rivivo intensamente momenti con esse, specie sessuali. Rivedo i miei errori e mi rido addosso, trovandomi a poter scegliere tra alternative e scartando le peggiori. La Pianta vuole mettermi in ridicolo per istruirmi sull’energia che vado dissipando vivendo certi ricordi ormai appartenenti al passato. Nel mezzo del processo, Lo Sciamano mi risveglia, e mi offre un ‘rinforzo’. Accetto e l’amaro liquido è di nuovo nella mia bocca. Torno nel mio letto e riprendo il processo che avevo avviato.

A questo percorso, estenuante ma illuminante, si alternano tunnel psichedelici, all’interno dei quali sono Dio, gioco con la luce e sono immortale. Poi di soprassalto sto facendo sesso con una ragazza del passato. Mentre vivo intensamente quei momenti mi ritrovo dentro una struttura elicoidale, ricordante il DNA. Vi sono varie persone che conosco. È tutto in bianco e nero, e le riposiziono nella mia vita, dandogli più o meno peso, e scordando irreversibilmente tutti coloro che mi sono superflui. La tensione interna si allenta un po’, mi rendo conto che ho perso il senso del tempo e che potrebbe essere passata un’ora come un anno. Mi tolgo la benda e guardo la stanza, l’aiutante dello sciamano ci sta benedicendo con un liquido che nebulizza nell’aria mentre canta «Nonnina, Nonnina, Sanazione, Sanazione/ Medicina, Medicina, Sanazione, Sanazione». Ancora, l’attivissimo uomo in poncho, inonda la stanza di incensi e profumi mentre il Santone si improvvisa “dj sciamanico” e sceglie la musica assecondando le vibrazioni e l’energia che percepisce nella stanza. Poi un vuoto più lungo degli altri vuoti precedentemente descritti, e il volgere della conclusione di questo primo viaggio.

Sento la pancia leggermente dolorante e capisco che il processo è giunto al termine. La Pianta è pronta a uscire dal mio corpo sotto forma di vomito, portando con sé i problemi che ha riscontrato. Sono l’ultimo a vomitare (non tutti vomitano, dipende dalla qualità del processo), dopo non aver mangiato dalle due del precedente pomeriggio. E non ho nessuna spiegazione razionale per la quantità di vomito, e anche per la qualità: si associa il vomitare allo stare male, io non sono mai stato così bene.

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La mattina abbiamo avuto modo di confrontarci su quanto avvenuto la sera. Ma voglio soffermarmi su questa parte solo per dire che ciò che ho capito da questo confronto è che, per quanto il mio processo fosse stato intenso, non l’avevo affrontato nel modo giusto. Avevo controllato la Nonnina, invece che porle domande e poi lasciarla agire in libertà. La sera del secondo giorno ho varcato la soglia della stanza del ritiro in possesso di questa nuova verità. E tutto è stato diverso. L’atmosfera era totalmente opposta a quella della sera precedente. Alcuni nuovi membri si erano uniti al gruppo, rimpiazzando coloro che se ne erano invece andati. La paura dell’ignoto e la tensione chiaramente percepibile la prima sera se ne erano andate. Vi era uno spirito di fratellanza e condivisione, nonché di maggiore propensione a beneficiare dell’Ayahuasca e a lasciarsi andare ad essa.

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I ricordi sono nuovamente caratterizzati da flash improvvisi. Siedo con la vista coperta, e mi concentro, seguendo il consiglio dello Sciamano, sul dialogo che desidero intavolare con La Medicina. Poi il meccanismo si riattiva, sento la DMT in circolo, mi vedo le mani anche se ho gli occhi bendati e poi mi libro in aria insieme ad unicorni colorati. Dopo una fase psichedelica, parlo in modo chiaro con La Pianta, domandandole di aiutarmi a fare luce sulla mia relazione complicata con le emozioni. Un varco spazio temporale si apre, sprofondo nel buco nero dell’inconscio e da questo mi lascio trascinare. Non oppongo resistenza. Nessuna paura, la Nonnina non vuole metterti in difficoltà, tutt’altro: è la tua più sincera e antica amica. La Nonnina è la tua coscienza che ti si rivela. La Nonnina è un’opportunità.

E così volo, nelle spoglie di un gabbiano, e abbraccio il mondo. Parto da un punto lontano dell’universo e atterro in picchiata sulla Terra, dove mi scontro con situazioni reali. Non ci sono scene di violenza o tensione, come nella prima sera. C’è solo amore e la pace dei sensi. Sono con la mia famiglia, sono loro, vivo le loro emozioni, e con le mie ali di gabbiano li abbraccio in una potente e indissolubile stretta. Abbraccio tantissimi amici, sono in perfetta sintonia con loro e sono la loro felicità mentre ridiamo. E poi arriva Lei, la mia Amata. Non c’è più e devo lasciarla andare, ne sono cosciente. Mi prendo il mio tempo e ci libriamo in aria, sorride ed è bellissima come è sempre stata, la trascino sul tetto del mondo e le dico tutto quello che non le ho detto. Poi una luce ci riflette in viso e capiamo che è il momento, fa un po’ male, ma ci lasciamo andare. Il tutto va avanti, e all’improvviso da gabbiano mi sciolgo diventando fiume. È qui che raggiungo l’illuminazione più alta: ho chiuso col passato, e ora posso fluire libero. Fluire, la sensazione più bella che abbia mai provato, la totale e assoluta pace dei sensi. Scorro, niente può fermare il mio scorrere…

E fluendo la notte scorre…Vomito… altro materiale in eccesso se ne va… e poi mi addormento mentre nella stanza il delirio più totale si sta consumando. Urla, pianti di gioia, di liberazione, la potenza di fare i conti con il proprio passato. L’aria è infestata di fantasmi, ma sono ormai morti nei sacchetti dove sono stati sputati. Non sono stato l’unico a morire e risorgere, è stata una morte di gruppo seguita dalla rinascita di questo.

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…Quanto è bello vedere esseri umani inermi, liberarsi della loro maschera quotidiana e abbracciare nuovamente la vita… Ancora più bello è essere parte di ciò…

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> FONTE da “Il cARTEllo

< Pagina Facebook “Il cARTEllo

 

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