Venere dai guanti di velluto

Racconto breve...

Stimolato dal tema di una pellicola di Polansky dal titolo “Venere in Pelliccia”, voglio cimentarmi in un breve racconto domandandomi quanto realmente alcune forme di parafilia (nel caso di questo passaggio, il masochismo) siano un qualcosa di discordante da quella che può essere definita una ‘normale’ attività sessuale (sottolineando come la parola ‘normale’ in questo caso sottointena l’esistenza di una sorta di standard comunemente accettato, riconosciuto quindi come un qualcosa di più ‘consono’). Cosa può davvero definirsi ‘normale’ in tale ambito? (Ovviamente non mi riferisco ai problemi di natura psicologica, da considerarsi in tutto e per tutto dei ‘disturbi’ sessuali, ma a quelle pratiche inserite in un contesto di reciproco consenso, comunemente indicate con la sigla BDSM, Bondage & Disciplina, Dominazione & Sottomissione, Sadismo & Masochismo). Buona lettura

 

La giornata in studio mi aveva completamente estenuato. Pareva davvero non finire mai quest’oggi. Ed ora mi ritrovo a camminare completamente assorto nei pensieri, non badando affatto a chi mi passeggia accanto, a chi mi urta chiedendo subito scusa, a chi scruta il mio volto cercando di intuire il motivo di un tale stato d’animo. «Non saprete mai il mio piccolo segreto» sussurro a me stesso, continuando a passeggiare con falcate più lunghe come se le gambe venissero attirate da una sorta di forza magnetica verso la loro destinazione.
Senza rendermene conto la porta di casa mi appare dinanzi, prendendomi quasi alla sprovvista. «Ecco, sono arrivato». La mano si insinua veloce nella tasca del giubbotto ed afferra sicura le chiavi che scorrono altrettanto rapide nella serratura. «Ora devo solamente tirare la maniglia…» ma sussulto, e per un brevissimo lasso di tempo scordo come poter effettuare quel gesto così elementare. «Mi devo calmare»; mi calmo, e chiudo la porta alle mie spalle.
Una volta raggiunta la camera lascio cadere le membra pesanti sul letto così da poter recuperare un po’ di energie. Bevo un sorso d’acqua, in questo momento dissetante più del solito, e premo il ‘pulsante’ [questo è un piccolo aiuto per comprendere il finale del racconto].

Lei appare dinanzi a me, appoggiata alla porta della stanza con aria quasi strafottente ma ugualmente seducente ed imperiosa. «Ciao C…», cerco di accennare un saluto ma la sua voce seda subito il mio tentativo maldestro «Non dire niente V. , non tentare neppure di dire qualcosa. Perché vuoi parlarmi? Da quando hai il permesso di rivolgermi la parola?». Rimango muto, e a quelle parole così severe il sangue comincia a bollirmi nelle vene. Ancora attonito ammiro la sua figura e ne scruto ogni particolare, visibile e più celato, sentendomi quasi trasalire alla vista del suo corpetto nero leggermente satinato che elegantemente avvolge i suoi fianchi e costringe un poco il seno. Incontro poi il suo occhio sinistro che fa capolino tra i capelli rossi e mossi che cadono disordinatamente sulle spalle; lascivo e leggermente socchiuso penetra completamente la mia anima e mi costringe al letto, paralizzandomi. «Sono alla tua mercé…» balbetto.
Si avvicina con passo sicuro, sorridendo malignamente. «Cosa c’è V., non ti senti molto bene? Ah, ah, ah…» una risata calda e tracotante mi spiazza completamente. La donna oramai sa di avermi in pugno e raggiunge il bordo del letto portandosi appresso una lunga corda che poggia accanto al mio corpo inerme. Afferra due guanti neri, vellutati, di buona fattezza, e con signorilità tremendamente seducente gli indossa entrambi velando così le sue dita affusolate e parte dell’avambraccio. «Ora voglio che ti spogli V., su forza spogliati…». Al suo ordine sfilo via le scarpe e i calzini, e poi i pantaloni. Tremo leggermente ma tento di fingere una certa sicumera. Sono brividi di piacere.
«Ah, ah, ah…», lei continua a ridere con fragore, chiaramente compiaciuta dell’evidente effetto che ha sulla mia persona; afferra la corda che aveva poggiato per un solo attimo e lega prima la mia caviglia destra e successivamente la sinistra, continuando poi ad avvolgermi le gambe sino al busto. Le sue mani, ora vellutate, sfiorano la mia pelle accrescendo il desiderio per lei sempre più visibile nei miei slip. Mi accingo a togliere la camicia e in un attimo sono completamente nudo, inerme, annichilito. Lei continua meticolosamente a cingermi il corpo ed avidamente le scruto le cosce, le braccia, le odoro la pelle bianca. La bramo.
Baciandomi sulla bocca avvolge il mio collo con la sua ‘arma’, assicurandosi poi che sia ben stretta e non curandosi del fatto che a me venga meno il respiro. Portando con se il cappio, si adagia lentamente sul letto trascinandomi verso lei, senza violenza ma con decisione, ed io non posso far altro che sottostare al suo volere e soddisfarne i capricci. Mi imbatto ancora nei suoi occhi, i quali mi atterriscono. E lei impietosamente continua a stringere la corda attorno al collo con sempre maggiore energia man mano che cresce la sua eccitazione lasciandomi completamente senza fiato, soffocare.

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«Simulazione terminata. Risveglio programmato tra 3, 2, 1…». Tento di recuperare un attimo i sensi ancora molto scossi dall’esperienza appena conclusasi. Mi sciacquo rapidamente il viso guardando subito dopo la mia immagine riflessa allo specchio del bagno. Noto un piccolo segno sul collo, una specie di livido come lasciato da «…una corda. Ma non era un’animazione completamente virtuale?».

di Valentino Masucci

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Libro consigliato: “La madre di Dio” (Leopold Von Sacher-Masoch).

 

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