Utopie visive: la “Città Ideale” di Urbino

Un perfetto compendio di arte, scienza e speculazione filosofica

La tavola la Città ideale, conservata nella Galleria Nazionale delle Marche a Urbino, nella perfezione della veduta prospettica che vi si rappresenta, è certamente il risultato di ricerche e speculazioni a tutto campo, sia sotto il profilo specificamente architettonico ed ingegneristico che nel campo filosofico, nonché matematico; tanto da far guadagnare alla civiltà urbinate quattrocentesca l’efficace titolo di capitale del “rinascimento matematico” (André Chastel).

 

Tutto ha inizio all’interno di quel grande contesto storico-culturale che è il Rinascimento italiano.

La voglia di abbandonare “l’oscurità” dei secoli del Medioevo porta ad una “nuova” rinascita dell’uomo e del suo mondo; una rinascita, che però, guarda all’indietro, riscoprendo e adattando alle esigenze dell’età moderna i modi e i mondi classici.

 

La “Città Ideale“, non solo, come nel nostro caso, l’opera specifica, ma intendendola anche come “ricerca“, rappresenta il culmine della classicità moderna.

É la città ideale, uno dei grandi temi che hanno percorso la storia dell’uomo e che nel Rinascimento, attraverso la riscoperta e lo studio dei testi classici greci e latini e della filosofia politica dei grandi Aristotele e Platone, apre un vivacissimo fermento intellettuale e progettuale che porterà al rifacimento o alla vera e propria costruzione di nuove città su canoniideali” in alcune parti d’Italia.

 

La Città ideale, piccola tavola di autore ignoto che è diventata una delle immagini simbolo del Rinascimento italiano, costituisce, ancora oggi, uno dei più affascinanti enigmi della storia dell’arte.  Databile tra il 1480 e il 1490 l’opera vide la luce nella raffinata corte del signore di Urbino, Federico da Montefeltro, ed è stata alternamente attribuita a molti degli artisti che vi gravitarono attorno. Dell’opera, che misura quasi settanta centimetri d’altezza per poco meno di due metri e 40 di larghezza, si sa pochissimo, a cominciare dal suo autore per il quale si sono voluti avanzare i nomi dell’architetto Luciano Laurana, cui si deve il palazzo di Federico da Montefeltro a Urbino, sede della Galleria nazionale, Piero della Francesca e, di recente, Leon Battista Alberti, dopo gli esami strumentali che, con le riflettografie, hanno rivelato la presenza di un accuratissimo disegno architettonico.

 

Indipendentemente da chi sia stato l’autore, questo ha voluto rappresentare in una perfezione assoluta la città rinascimentale, concepita come una “scacchiera” i cui edifici, proprio come i pezzi di una scacchiera, sono ordinati e collocati a intervalli di spazio regolari e prestabiliti, secondo canoni di assoluta perfezione: gli edifici, che non superano mai i tre piani di altezza, sono disposti in maniera simmetrica e trasversale rispetto al centro della rappresentazione che culmina con una Rotonda, una particolare tipologia di edificio classico che, strutturalmente di forma circolare, vuole rappresentare il cerchio, simbolo da sempre della perfezione. Si tratta di un caso classico di utopia, un utopia visiva.

 

É la città come spazio e lo spazio come misura rispetto all’uomo. La città dove si governa saggiamente perché nello spazio organizzato, secondo i principi della pura geometria, l’equilibrio delle forme e la saggezza delbuon governo vanno insieme, di pari passo. Uno spazio visivo che si fa metafora di un nuovo spazio pubblico.

Nella Città Ideale di Urbino siamo di fronte ad una concezione della città come “immagine ideale”: una città in cui la realtà è misurabile e calcolabile, una realtàcreatadall’uomo che si sostituisce a Dio diventando artefice del suo universo.

 

Un’opera enigmatica, che da sempre suscita, e continua a suscitare, una moltitudine di interrogativi. Non se ne conoscono la funzione né l’autore, neppure la collocazione originale e il committente. Infine il mistero più grande: che cosa rappresenta. È forse un puro elemento ornamentale, oppure è il progetto di una città reale, o ancora, è una scenografia teatrale, come qualcuno ha sostenuto. Quello che è certo, è che essa rappresenta un perfetto compendio di arte, scienza e speculazione filosofica.

Katia Valentini

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