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Cosa c'entra la famiglia Benetton con il popolo Mapuche della Patagonia? Tanto, purtroppo

La prima volta che ho sentito parlare degli indios Mapuche ero piccolo, e mio padre mi leggeva Osvaldo Soriano, indimenticabile scrittore argentino. Uno dei suoi racconti, “Il figlio di Butch Cassidy”, narra della storia del Mundial Dimenticato del 1942. Un Mondiale di calcio mai riconosciuto, giocato nella Patagonia Argentina tra tedeschi nazisti, operai inglesi, negozianti spagnoli, intellettuali francesi, antifascisti italiani e appunto, gli indios Mapuche, i veri padroni di casa. Una storia magnifica, dai contorni esilaranti, dove realtà e fantasia si annodano tra loro in maniera poetica, in un contesto sperduto e nebuloso come può essere la terra più a Sud del Mondo. Una terra che, a 78 anni di distanza, continua a essere il teatro di una partita più importante: quella tra i Mapuche e la famiglia Benetton.

Già, i Benetton. Gli stessi del crollo del Ponte Morandi a Genova, recentemente riemersi nella cronaca per una foto con alcuni esponenti del movimento delle Sardine. Una delle famiglie più ricche e influenti d’Italia, che dal 1991 è anche proprietaria della Compañía de Tierras Sud Argentino (CTSA). Di origine inglese, la CTSA nasce a fine ‘800 per amministrare le terre cedute dal governo argentino ai privati britannici come ringraziamento per gli aiuti durante la “Conquista del Deserto”, ovvero la sanguinosa occupazione delle terre del Sud a spese dei nativi Mapuche, appunto.
Quando passa in mano ai Benetton, la CTSA controlla terreni pari a circa 900mila ettari, rendendoli i proprietari terrieri più importanti di tutta l’Argentina. Veri e propri latifondisti moderni, i cui possedimenti vengono usati per far pascolare pecore da lana destinata alla produzione dei loro capi, ma anche per controllare le risorse idriche e ricchi giacimenti minerari della zona.

Ma i Mapuche, il cui nome significa proprio “popolo della terra”, non sono stati mai particolarmente d’accordo con questo tipo di gestione, rivendicando il loro diritto ancestrale a occupare le terre dei loro avi. Presenti nelle regioni patagoniche a cavallo tra Argentina e Cile fin dall’arrivo dei primi conquistadores, il popolo araucano vive la propria esistenza in completa sinergia con l’ecosistema, con una visione panteistica della natura che ricorda molto quella dei “cugini” nordamericani, con cui condividono la relegazione in vere e proprie riserve.

In difesa di questi principi, alcune di queste comunità indigene da anni sono protagoniste di occupazioni sistematiche dei territori Benetton. A partire dai primi anni Duemila. gli scontri conseguenti hanno portato spesso i Benetton a reazioni forti, supportati dalla gendarmeria e dal Governo Argentino. Repressioni dure – come quella del 2015 nei confronti della comunità Pu Lof – accompagnate da campagne mediatiche volte a infangare il popolo araucano, accusandolo di intenzioni separatiste o di essere finanziato da gruppi terroristici stranieri. Nel 2017 fece scandalo la scomparsa dell’artigiano e attivista Santiago Maldonado durante alcune proteste nei territori incriminati, e rinvenuto morto due mesi dopo per cause ancora non chiare. L’evento gettò ulteriori ombre sul reale ruolo del Governo argentino nella faccenda e diede caratura internazionale alla causa Mapuche: ancora oggi camminando per Buenos Aires si possono trovare manifesti che recitano “Donde està Santiago Maldonado?”.
I Benetton, dal canto loro, si difendono nei tribunali sostenendo l’origine cilena dei Mapuche, che essendo quindi stranieri non avrebbero alcun diritto sulle terre da loro regolarmente acquistate. La famiglia trevigiana riafferma inoltre con orgoglio il proprio peso specifico sulla zona, insistendo sulla necessità di grandi estensioni per sostenere l’economia della regione, altrimenti non gestibile a causa degli inverni troppo duri. Il braccio di ferro prosegue, ma la crescente mediaticità di cui sta godendo la questione potrebbe spostare gli equilibri politici e giudiziari.

Nel racconto di Soriano, la finale del Mundial Dimenticato è tra i Mapuche e i nazisti, grandi favoriti e già pronti per annunciare la vittoria a Berlino. L’avvento di una pioggia torrenziale, propiziata dalla danza di alcune donne indios, scatena però una serie di avvenimenti rocamboleschi, profondamente intrisi di quel realismo magico tipicamente sudamericano, che daranno ai Mapuche la vittoria.
L’auspicio è che anche questa partita, sia pure con un gol al novantesimo, finisca a favore dei padroni di casa. Quelli veri.

Raffaele Scarpellini

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4 Comments

  • che storia squallida. mi sono sempre indignata davanti le lobby estere che vessano gli indigenti dell’amazzonia e poi non conoscevo di questi capitalisti predatori che abbiamo sotto casa
    una vergogna
    grazie raffaele scarpellini per questo articolo

  • Ma che schifo!!! Di fronte il denaro diventano tutto dei mostri. Incredibile! Interessante articolo del sempre tagliente Scarpellini! Grazie Uki,adoro il vostro sito quando approfondite queste campagne di sensibilizzazione
    Terro’ d occhio questa situazione vergognosa

  • io non capisco come sia possibile che la gente non si rivolti o protesti verso queste multinazionali diaboliche.ce l’abbiamo pure a casa e per anni ci ha aggraziato con pubblicità progresso quasi……..grazie Sacrpellini,sempre sul pezzo!

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