Spagna ’82 -Dall’Inferno al Paradiso: la favola Azzurra (Speciale Mondiali -Part. 13)

Il riscatto azzurro... nel segno di Bearzot e Paolo Rossi

La sede della 12^ edizione dei Campionati del Mondo di Calcio venne assegnata nel 1976. Dopo l’edizione Argentina si sarebbe dovuti tornare in Europa, e visto che la Germania Ovest aveva appena ospitato e vinto l’edizione del 1974, la Fifa regalò alla Spagna l’organizzazione dei Mondiali 1982. Il paese Iberico godeva di un’impiantistica notevole, grazie all’alta qualità degli stadi a disposizione, e soprattutto stava vivendo un momento di risveglio sociale ed economico dopo il lungo periodo del franchismo. Il Mondiale del 1982 segnò un varco con il passato: pressato dai paesi extraeuropei desiderosi di una più cospicua rappresentanza, il Presidente Fifa Joao Havelange allargò infatti da 16 a 24 il numero delle squadre partecipanti. A quel punto si dovette studiare anche una nuova formula: 6 gironi da 4 con le prime due che si qualificavano alla fase successiva, poi altri  4 gironi da 3 squadre in cui le vincenti avrebbero dato vita alle Semifinali. Quella che andò in scena dal 13 giugno al’11 luglio 1982 rimarrà come una delle edizioni dei Campionati del Mondo più bella di sempre.

 

La pagina più nera del calcio italiano

Il 4° posto ottenuto in Argentina, attarverso la messa in mostra in un calcio efficace e divertente, faceva ben sperare per il futuro. La Nazionale di Bearzot si preparò all’appuntamento successivo, quello del Campionato Europeo 1980, ma pensare di campare di rendita senza impegni ufficiali (la fase finale del torneo si sarebbe disputata proprio in Italia, con la nazione ospitante ovviamente esentata dal giocare le qualificazioni) fu un grosso sbaglio. Le prime due uscite contro Turchia e Bulgaria nel settembre del ’78 finirono con altrettanti deludenti vittorie per 1-0, ma il pesante 3-0  rimediato in Cecoslovacchia gettò Bearzot sotto il mirino della critica. Il tecnico friulano tirò dritto con le sue idee confermando il blocco argentino, ma fu capace anche di inserire giovani di belle speranze come l’attaccante laziale Bruno Giordano, lo stopper milanista Fulvio Collovati e il mediano nerazzurro Gabriele Oriali. Arrivarono infatti risultati di prestigio (1-0 alla Spagna, 3-0 all’Olanda e 2-2 con l’Argentina ‘campione del mondo’), e dopo il brusco stop con la Jugoslavia (1-4) l’Italia chiuse il 1979 battendo anche Svezia e Svizzera. La Nazionale aprì con altre due vittorie, su Romania e Uruguay, il 1980, ma in quella stessa primavera un evento di proporzioni mastodontiche scosse l’intero sistema calcio. Lo sport più amato, più seguito e più chiacchierato finì infatti nelle aule giudiziarie per lo scandalo scommesse, un terremoto che coinvolse società gloriose come Milan e Lazio, e calciatori di spessore come Giordano, Albertosi, Damiani, Savoldi e Paolo Rossi. Per la nuova rampante coppia d’attacco della Nazionale si infranse il sogno europeo, vista la squalifica in appello di 3 anni e 6 mesi per il primo e di 2 anni il per il secondo.

 

In un clima di sdegno e totale sfiducia nel calcio, la Nazionale cercò redenzione ai Campionati Europei 1980, per la prima volta allargati a 8 squadre per la fase finale che si disputò tra Roma, Milano, Napoli e Torino. L’Italia capitò nel girone con Spagna, Belgio e Inghilterra. La sola vittoria con gli inglesi (1-0 rete di Tardelli) e i pareggi per  0-0 negli altri incontri ci relegarono al secondo posto dietro al Belgio. Ci accontentammo così del terzo posto dopo una serie interminabile di rigori contro la Cecoslovacchia, in un Europeo che, vinto dalla Germania Ovest in Finale contro i Diavoli Rossi, fu per noi un’amara delusione.

Gli Azzurri ripartirono così nel novembre 1980 per le qualificazioni a Spagna ‘82. In un girone sulla carta ampiamente alla portata, con Danimarca, Grecia, Lussemburgo e Jugoslavia, la squadra di Bearzot trovò proprio negli slavi un avversario di qualità, capace di chiudere il girone in testa con 13 punti e 22 reti realizzate. Il secondo posto fu comunque sufficiente all’Italia, staccata di una sola lunghezza, per volare ai mondiali in terra di Spagna.

 

Prima fase: nel mondiale di Maradona il Brasile fa la parte del leone

Delle 105 squadre iscritte alle qualificazioni ci fu solamente una vittima illustre. Dopo aver incanto il mondo con un sistema di gioco innovativo e giocato due finali consecutive, uscendo però con le ossa rotte da entrambe, l’Olanda fu eliminata nel girone di qualificazione da Francia e Belgio. Dopo 10 anni di lezioni e trionfi (almeno a livello di club), la generazione di fenomeni oranje si era esaurita e il “calcio totale” era passato di moda. Per il resto presenti tutte le big: qualificate di diritto Spagna e Argentina per lo status di paese ospitante e campione in carica, detto di Italia, Jugoslavia, Belgio e Francia, completarono il quadro delle 24 Germania Ovest, Austria, Ungheria, Inghilterra, Cecoslovacchia, Urss, Scozia, Irlanda del Nord, Polonia, Brasile, Perù, Cile, Algeria, Camerun, Kuwait, Nuova Zelanda, Honduras ed El Salvador.

 

La Nazionale che si avvicinava a quei Mondiali era una squadra abbandonata da tutto e da tutti. In quei 22, minuziosamente selezionati, credeva un solo uomo: il ct Enzo Bearzot, il quale, per alimentare ulteriormente le polemiche, decise di convocare Paolo Rossi nonostante i due anni di fermo agonistico. La decisione accese un’aspra discussione, soprattutto per il fatto che Bearzot, per fare posto al suo pupillo, lasciò fuori il capocannoniere della serie A 81-82, il romanista Roberto Pruzzo.

La favorita numero uno di quella edizione dei Mondiali restava certamente l’Argentina campione in carica. Oltre ad aver confermato la buona ossatura di 4 anni prima, Menotti stavolta decise di portarsi dietro la nuova stella del calcio mondiale Diego Armando Maradona, ignorato, nonostante le pressioni, al momento di diramare le convocazioni per Argentina ’78. Maradona era stato appena acquistato dal Barcellona per la cifra record di 12 miliardi di lire e veniva considerato assieme a Zico il calciatore più forte del mondo. Fu proprio la Nazionale campione ad inaugurare il Mundial ’82 nel maestoso Camp Nou di Barcellona. Gli argentini si scontrarono con il Belgio, squadra che si era imposta all’attenzione del calcio internazionale con la seconda piazza agli Europei di due anni prima. I sudamericani ci provarono in tutti i modi, ma nè Kempes nè lo stesso Maradona riuscirono a sfondare la difesa dei belgi. Al 17’ della ripresa i Diables Rouges trovarono con Vandenbergh il gol de vantaggio; l’Argentina non riuscì a recuperare e si dovette arrendere alla sconfitta. Pronto il riscatto dell’Albiceleste che nella seconda uscita battè 4-2 l’Ungheria, che nel primo incontro aveva strapazzato  10-1 El Salvador, anche grazie alla doppietta di Maradona. Col 2-0 rifilato ai centroamericani nella terza ed ultima partita del girone la nazionale di Menotti si qualificò in scia al Belgio.

 

Gli Azzurri giocarono tutte e tre le partite del gruppo A, composto da Camerun, Polonia e Perù, a Vigo, nella fresca Galizia. L’esordio al Balaidos fu contro la Polonia della nuova stella juventina Zbigniew ‘Zibì’ Boniek e del vecchio ma pur sempre temibile Lato. Dopo un discreto primo tempo, giocato a buoni ritmi da entrambe le squadre, la partita si afflosciò nella ripresa e finì a reti bianche, stesso identico punteggio con cui terminò anche la sfida tra Perù e Camerun. Nonostante le critiche, nella secona partita contro i peruviani Bearzot confermò l’undici sceso in campo con i polacchi, compreso Paolo Rossi. La gara si mise bene per gli azzurri, che al 18’ passarono in vantaggio grazie ad una magia di Conti. Nel primo tempo gli Azzurri costruirono molte palle gol senza riuscire a realizzarle; nella ripresa il Perù aumentò il pressing e riuscì a trovare il pari con un tiro deviato a 7’ dalla fine. Fortunatamente per noi lo 0-0 con cui avevano impattato Polonia e Camerun ci permetteva di andare a giocare l’ultima gara con i leoni africani consapevoli che un pari sarebbe stato sufficiente per la qualificazione. L’Africa Nera era dunque tornata ai Mondiali, ma quel Camerun aveva poco a che vedere con il goffo e simpatico Zaire del ’74. Quella squadra aveva giocatori di talento, su tutti l’agile attaccante Romer Milla e il felino portiere Thomas N’Kono. Ma dopo un paio di ottimi interventi nel primo tempo, fu proprio un mezzo infortunio del portiere africano, scivolato su un colpo di testa di Graziani in controtempo, a permetterci di passare in vantaggio al 16’ della ripresa. Appena il tempo di esultare che il Camerun trovò subito il pari grazie a M’Bida, lasciato completamente libero di anticipare Zoff su di Kunde al centro dell’area. La gara finì 1-1, punteggio che ci permise di qualificarci grazie al gol realizzato in più rispetto al Camerun, alle spalle della Polonia che aveva schiantato il Perù 5-1 nello scontro diretto.

 

Se l’Italia aveva fin qui deluso, di tutt’atro spessore il Mondiale giocato da un Brasile semplicemente meraviglioso. I verdeoro, che potevano contare su giocatori come Zico, Eder, Falcao, Socrates -una formazione ritenuta la più forte mai portata ad un Mondiale dai brasiliani– vinsero agilmente il loro raggruppamento segnando 10 reti in 3 gare: 2-1 all’Unione Sovietica, 4-1 alla Scozia, 4-0 alla Nuova Zelanda. L’esordio però fu faticoso anche per i tedeschi, che persero 2-1 contro l’Algeria del fenomeno Madjer. Le vittorie su Austria e Cile permisero comunque alla Germania Ovest di vincere il girone seguita dai cugini autriaci. Nessun problema per l’Inghilterra, che proseguì il cammino a punteggio pieno davanti Francia, Cecoslovacchia e Kuwait. Più complicato infine il passaggio del turno per la Spagna: dopo il pareggio con l’Honduras e la vittoria in rimonta con la Jugoslavia, i padroni di casa persero lo scontro diretto con l’Irlanda del Nord (1-0) e si qualificarono al turno successivo  come secondi.

 

Si sveglia Pablito, l’uomo che fece piangere il Brasile

Non potete neanche immaginare cosa scatentò sui giornali quella qualificazione, ottenuta sì da imbattuti ma senza nemmeno vincere una gara in un girone ampiamente alla portata. La stampa si scagliò contro Bearzot, ritenuto principale colpevole di questo mezzo folp, e su Rossi, accusato di essere in condizioni imbarazzanti. Tutto questo si aggiungeva alla totale sfiducia verso la squadra che nel secondo girone si sarebbe dovuta misurare con Brasile ed Argentina. Secondo molti l’Italia vista fin lì poteva già preparare le valigie per tornare a casa. Stufati dalla aspre critiche, gli Azzurri fecero cerchio e si chiusero in un inderogabile silenzio stampa. Fu in questo clima surreale che la Nazionale preparò la prima partita del secondo girone, quella contro l’Argentina ‘Campione del Mondo’ di Diego Armando Maradona.

La gara si giocò nel piccolo e ribollente Sarrià di Barcellona, il pomeriggio del 29 giugno. Bearzot confermò ancora un deludentissimo Paolo Rossi, affidando alle cure del mastino Gentile il talento di Maradona. Per il resto difesa serrata e contropiede, il goco che gli italiani sanno fare meglio di chiunque altro. Dopo il primo tempo finito a reti bianche, gli azzurri fulminarono gli argentini con due contropiedi letali: il primo finalizzato da Tardelli, bravo ad inchiodare Fillol con un preciso diagonale, il secondo trasformato da Cabrini che mise il pallone alle spalle di Fillol con un gran sinistro da posizione angolata. Inutile il 2-1 di Passarella; opaca anche la prestazione di Maradona, letteralmente cancellato dalla marcatura asfissiante di Gentile.

 

Tre giorni dopo l’albiceleste si giocava le speranze di qualificazione nel secondo match contro il Brasile. I verdeoro però, in forma smagliante, impartirono una severa lezione ai cugini sudamericani: dopo il vantaggio di Zico siglato ad inizio primo tempo, Serginho e Junior archiviarono la pratica nella ripresa. Il gol di Diaz per gli argentini a tempo scaduto servì solo per fissare il definitivo 3-1.

 

Si arrivò quindi al 5 luglio, quando il paese intero si fermò davanti al teleschermo per assistere al match decisivo tra Brasile e Italia. Ai verdeoro, in virtù della miglior differenza reti, sarebbe bastato un pari per qualificarsi alla Semifinale, mentre gli Azzurri erano costretti a vincere. Quella in campo era però un’altra Italia, una squadra che aveva ritrovato consapevolezza e fiducia, ma soprattutto che proprio in quel match scoprì di avere in serbo l’arma più letale del torneo: Paolo Rossi. La maledizione di Pablito si interruppe infatti al 5’: cross dalla sinistra di Cabrini, colpo di testa e vantaggio azzurro. Il gol subìto non scosse più di tanto i verdeoro, che 7’ più tardi trovarono il pari con Socrates ben servito da Zico. L’Itaia però quel giorno aveva un marcia in più: al 25’ Rossi rubò un pallone al limite dell’area mentre i difensori brasiliani perdevano tempo in inutili palleggi e fece secco per la seconda volta Valdir Peres con un gran sinistro. Nel secondo tempo l’Italia, costantemente pressata dall’assalto dei brasiliani, sfiorò la rete del 3-1 in più di un’occasione, ma al 68’ Falcao si inventò con un gran sinistro all’incrocio dei pali per la rete del  2-2. Come detto il pareggio sarebbe stato sufficiente ai brasiliani, che con poco più di 20’ da giocare avrebbero potuto provare a gestire il possesso. Ma accontenarsi non era e non è nell’indole dei brasiliani, un atteggiamento che però in quell’occasione costò loro molto caro. Al 74’ infatti, sugli sviluppi di un corner, la palla tornò in area brasiliana e nella mischia il più lesto fu ancora Paolo Rossi, che freddò sotto misura la disattenta retroguardia verdeoro. I 15’ seguenti furono i più lunghi della storia del calcio italiano. Antognoni segnò in contropiede il 4-2 che l’arbitro annullò per un fuorigioco dubbio, mentre Dino Zoff con un intervento miracoloso –sì, lo stesso  ‘vecchio’ Zoff  ‘colpevole’ dell’eliminazione azzurra nel ’78– bloccò a terrà un colpo di testa di Oscar a botta sicura. Mentre il Brasile piangeva l’eliminazione della Selecao, l’Italia gioiva per il riscatto mondiale della sua Nazionale.

 

Completarono il tabellone delle semifinali la Polonia, grazie alla miglior differenza reti con l’Urss, la Germania Ovest, che dopo il pareggio con l’Inghilterra bettè la Spagna 2-1, e la Francia, che non ebbe problemi nel facile girone con Irlanda del Nord e Austria.

 

Campioni del Mondo! Nel segno di Paolo Rossi

La Semifinale rinnovò agli azzurri la sfida contro la Polonia. Ma quell’Italia era una squadra diversa da quella vista impattare 0-0 con i polacchi all’esordio di quel Mondiale, così come era diversa la Polonia, svuotata fisicamente e mentalmente, che la sua impresa l’aveva già compiuta eliminando l’Unione Sovietica, la squadra rappresentante del governo che stava reprimendo con la forza il Solidarnosc –sindacato autonomo dei lavoratori fondato nel 1980– di Lech Walesa. La gara fu a senso unico: i polacchi non riuscirono a reggere l’urto della nuova Italia e del ‘miracolato’ Paolo Rossi: la doppietta di Pablito permise alla Nazionale di archiviare la pratica e volare verso la Finale di Madrid.

 

Ben più incerta ed emozionante l’altra semifinale tra Germania Ovest e Francia. La squadra transalpina poteva contare su grandi giocatori come Platini, che dopo il Mondiale sarebbe venuto in Italia per vestire la maglia della Juventus con Boniek, Tigana e Giresse, a capo di una generazione di talenti che sarebbero tornati protagonisti all’europeo di due anni dopo. Anche dall’altra parte però non si scherzava mica: oltre all’inossidabile Paul Breitner, i tedeschi si affidavano ai  gol di ‘KalleRummenigge e all’agilità di Pierre Littbarski. E fu proprio il brevilineo  allora attaccante del Colonia a portare in vantaggio i teutonici dopo 17’. La reazione dei francesi si concretizzò al 27’ con il calcio di rigore trasformato da Platini. La gara, dopo 90’ privi di emozioni, si accese all’improvviso nei tempi supplementari. I francesi, che nel frattempo avevano perso Battiston dopo un violento scontro col portiere tedesco Schumacher, in 6’ si portarono sul 3-1 grazie ai gol di Tresor e Giresse, ma Rummenigge accorciò le distanze con un gol dei suoi al 102’; nel secondo tempo supplementare Fischer riportò in vita i tedeschi con una splendida rovesciata, rete che mandò le due squadre a giocarsi la Finale ai tiri dal dischetto. La freddezza dei tedeschi fu decisiva ancora una volta, perché all’errore di Stielike seguirono quelli di Six e Bossis: la Germania Ovest era in Finale.

 

A Platini e compagni non rimase neanche la soddisfazione della medaglia di bronzo, perché la Finale per il Terzo e Quarto posto la vinse la Polonia ribaltando l’iniziale vantaggio francese firmato da Girard. Le reti di Szarmach, Majewski e Kupcewicz permisero ai polacchi di salire sul terzo gradino del podio nonostante la rete del 3-2 segnata da Couriol.

 

Dopo l’epica Semifinale del 1970, Italia e Germania Ovest si affrontavano ancora. Stavolta però in palio c’era il bersaglio grosso, quel Titolo Mondiale che agli Azzurri mancava da 44 anni. Bearzot dovette fare a meno di Antognoni infortunato e lo sostituì con il 18enne difensore dell’Inter Giuseppe Bergomi, avanzando Cabrini e tenendo l’interista, Collovati e Gentile in marcatura. Le due sqadre partirono molto guardinghe, soprattutto i tedeschi, spaventati dai micidiali contropiedi azzurri. La pazienza premiò l’Italia sul finire di tempo, quando l’arbitro brasiliano Coelho decretò un calcio di rigore per fallo di Briegel su Conti. L’assenza del rigorista titolare Antognoni mandò sul dischetto Cabrini, ma il terzino juventino, tradito dall’emozione, calciò malamente a lato.

L’occasione persa non scosse però gli Azzurri che tornarono in campo per la ripresa ancora più decisi e concentrati. Le resistenze tedesche durarono appena 11’, quando Paolo Rossi trasformò in oro il pallone messo dalla destra da Gentile. I tedeschi sfiorarono il pari con Hrubesch, ma al 23’ gli azzurri chiusero i conti con il gol di Tardelli, arrivato dopo un gran tiro dal limite dell’area di rigore a chiusura di una magistrale azione di contropiede. L’esultanza di Tardelli, un urlo di gioia mista a rabbia, divenne il simbolo del trionfo di Madrid, icona di quei mondiali e delle successive avventure azzurre. Con i tedeschi distrutti l’Italia trovò la forza di mettere la ciliegina sulla torta e segnare con Altobelli, entrato ad inizio gara al posto di Graziani, la rete del 3-0. Un paio di minuti dopo Breitner accorciò le distanze con un bel diagonale, ma ormai era finita.

 

L’Italia tornava sul tetto del mondo al termine di un torneo straordinario, privo di sbavature e nel quale tutte le avversarie più forti erano state sconfitte. Il riscatto azzurro portava certamente il nome di Enzo Bearzot, unico a credere da sempre nei suoi 22, e soprattutto di Paolo Rossi. Centravanti dallo straordinario opportunismo, Rossi divenne il primo italiano a vincere la classifica dei cannonieri ad un Mondiale, una prestazione che gli permise di mettere le mani sul Pallone d’Oro 1982 davanti al francese Giresse e il polacco Boniek.

Carlo Alberto Pazienza

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http://youtu.be/mh18vjc00bc

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SPECIALE MONDIALI

> “World Cup Story -Il gioco più bello del mondo” (Part. 1)
Uruguay 1930 (Part. 2)
Italia 1934 (Part. 3)
Francia 1938 (Part. 4)
Brasile 1950 (Part. 5)
Svizzera 1954 (Part. 6)

> Svezia 1958 (Part. 7)
> Cile 1962 (Part. 8)
> Inghilterra 66 (Part. 9)
> Messico 1970 (Part. 10)
> Germania 1974 (Part. 11)
> Argentina 1978 (Part. 12)

 

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