Spaghetti Unplugged Fest – Il Giovedì Santo della Canzone @ Largo Venue (Roma) – 03/2018

Un festival più che un concerto; e una festa di energie più che un festival

.«Io ho la malattia sociale. Devo andare fuori tutte le sere. Se sto a casa una notte comincio a parlare coi miei cani. Una volta sono stato a casa per una settimana e i miei cani hanno avuto un collasso nervoso». Attribuita a Andy Warhol ma verosimilmente attribuibile a me medesimo, questa frase è il motivo per cui sono voluto andare a Spaghetti Unplugged Fest e per cui ora mi ritrovo a scriverne.
La mia incapacità di restare a casa mi conduce in luoghi più o meno interessanti, a conoscere persone più o meno interessanti, a fare cose più o meno interessanti. Ora potremmo aprire un dibattito sulla vacuità e soggettività del vocabolo “interessante” o potremmo per esempio dire che il “Spaghetti Unplugged Fest” è stato ed è qualcosa di sicuramente interessante. Un buon motivo per uscire di casa insomma.

A Largo Venue (che ancora non ho capito come pronunciare) nel quartiere Prenestino, fra il Pigneto e Villa Gordiani, in una location che probabilmente diventerà familiare a molti di voi nei prossimi mesi, si è tenuto il Spaghetti Unplugged Fest, una non-stop di artisti emergenti della scena musicale romana. Dei più differenti generi.

Nominateli ad alta voce insieme a me (in rigoroso ordine alfabetico):
Galeffi
Germanò
Giancane
Joe Victor
Leo Pari
Mèsa
Pretti Solero
San Diego
Sercho
VeeBleftzer

Bravi, ma bravi veri.

Galeffi sweet è perforante.
Germanò, profondo verboso e innervante.
Giancane, il chitarrista del Muro del Canto è un mostro totale; anima, forza e musica pulsante. Ha fatto ballare un bel po’.
Joe Victor, li devo ancora capire.. ma ho la vaga sensazione che potrebbero fare e diventare di tutto.
Leo Pari ha scritto e cantato: «Ho inseguito una donna, come il sole insegue la luna, cercavo solo un po’ d’amore, cercavo solo un po’ di fortuna, abbiamo perso l’innocenza, il coraggio e la decenza, ci strisciamo per le strade in cerca di calore, beviamo fino a perdere coscienza e il senso del pudore. E Vorrei Dirty Ti Amo dentro l’ascensore, Vorrei dirti ti amo al rallentatore. Vorrei dirti ti amo, anche se non è vero». Vi basta no? Ah no? Be’, per uno strano gioco del destino, dopo aver elettrizzato il pubblico è saltata la luce mentre cantava e lui è ritornato alle origini. Ha preso la classica in mano, e con una voce non storpiata dal microfono ci ha mostrato senza alcuna paura ogni sua debolezza tonale. E ne è uscito vincente.
Mèsa, mezza Natalie Imbruglia e mezza Arisa, mesà più Paola Turci. Voce dolcissima e liscissima, raschiante e raschiata al punto e momento giusto.
Pretty Solero e Sercho.. è il momento della trap. E questo è il momento della trap. E cazzo se la musica potrebbe cadere in trap, ma noi non cadiamo in trap e ci piace. Almeno per questo momento.
San Diego, ci ha riportato indietro di trent’anni. E io cazzo mi sono visto spermatozoo ballare dentro le balle di mio babbo.
VeeBleftzer. La cosa più bella del mondo italiano-romano. Un raggae puramente mischiato con i Bluebeaters senza Palma e il suo olio dannoso. Già li adoro.

Inoltre, se possiamo aggiungere un fuoriclasse-to-be, lo aggiungiamo volentieri. A sorpresa dai dieci annunciati di sopra (ma presenti nell’album di figurine di promozione al concerto) sono comparsi con capelli lunghi, look alla George Best y approccio Osvaldesco, due numeri 10, i Viito, che con il loro «Sei bella come Roma, stronza come Milano (stasera mi sbronzo, domani ti amo)»… hanno letteralmente trascinato il pubblico.

Lo Spaghetti Unplugged Fest è stata una vera e propria festa, non un concerto, non un festival, ma un evento di felicità, pieno di tanta bella musica e sorrisi, autopromozione, autoproduzione, autodichiarazione, autoesaltazione e di autocompiacimento. Ma ci sta cazzo, siamo romani.
Osservazioni extra alla rinfusa:
Molto alto il tasso di “Ti amo”, nei testi dell’indie romano attuale. Cosa che non si registrava dai tempi di Baglioni.
Organizzazione perfetta e zona backstage fighissima.
I biliardini erano in pendenza
Tommaso Paradiso non l’ho incrociato.
Valentina Correani è stata fantastica.

 

Gabriele Edoardo Mastroianni

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