Sallustio ovvero dell’eredità (1^ Puntata)

di Andrea Tozzini

Si calò dalla scaletta dell’elicottero sulla piazzola antistante la camera mortuaria. Con un saltello guadagnò l’asfalto, guardò in su, e prese al volo sua moglie che lo precedeva. Il vento scompigliò i capelli di sua madre che gli venne punto vicino – E’ mai possibile?! – gli tuonò grave in bocca – Tutto questo baccano per dio! Non potevi venire in macchina come tutti gli altri? – Sallustio, questo è il suo nome, si aggiustò uno dei gemelli – Il parcheggio è una costante che non mi appartiene –

 

Salutò sua zia la contessa Algidina, suo zio il conte Parnaso, i suoi cugini Morlacchio e Bebone e le loro rispettive mogli Suspicia e Ansiosa, poi si rivolse a suo padre – Dunque? Quanto mi spetta? – e arrotolandosi un buon tiro di hashish, cercò di coinvolgere i propri natali in questo genere di rilassamenti. Il babbo, marchese De Stanco Prossimo Povertario, si irrigidì a sentir tanta sfrontatezza tutta insieme. – Sallustio, io ti proibisco cazzo! Tua nonna è ancora lì che aspetta tu le dia l’estremo saluto, e rivolgi i tuoi sudici pensieri a questioni di danaro! E ti sei portato appresso anche questa… questa… – il babbo non trovò la parola adatta ma i suoi pensieri come abbiamo visto erano fin troppo chiari. – Ma papàààà – rispose Sallustio passandosi una mano nei capelli e concedendo un po’ di forfora fertile a quell’asfalto mortuario – vuoi che vada a vedere la nonna? Andiamo a vedere la nonna. – e impugnando il suo migliore passo dell’oca, sottobraccio a sua moglie s’incamminò per il corridoietto della camera ove la nonna giaceva morta nella bara. – Nonnina! Nonnina! – cominciò a lagnarsi Sallustio stringendo sua moglie inginocchiato presso la bara – perché sei morta? perché? Cosa se ne farebbe il paradiso di un diavolaccio come te! – si risollevò, le strinse il naso tra le dita e finse di palparle una sisa. – Sallustio! – tuonò una voce all’interno della stanza. Quello non seppe dove guardare, era in tutto e per tutto l’identica voce della nonna morta. – Sallustio! Ti rendi conto che sei inginocchiato alla bara sbagliata? – Sallustio guardò meglio la salma coperta dalla retina e in effetti si rese conto che delle volte poteva essere sbadato. Cercando dietro di lui lo sguardo furibondo del padre e della madre, si diresse fingendo indifferenza verso la bara esatta. – Nonnina! Nonnina! – riprese quello ma di nuovo la voce l’interruppe. – Sallustio – disse rassegnato il fantasma – ma che ti metti a fare? – Nonnetta! E che vuoi, i morti mi sembrano così tutti identici. Ma dimmi piuttosto, che ti fa scomodare? – Nulla Sallustio, devo aspettare un giorno qui in attesa del trapasso, ma bada bene! – gridò con la voce imponente e teatrale di chi sta per annunciare qualcosa di terribile – il testamento! Il testamento è un trucco! – Sallustio si fece serissimo e si guardò intorno socchiudendo gli occhi, cercando una nebbiolina, quantomeno una parvenza ectoplasmatica cui rivolgersi seriamente. – Che vuoi dire nonna? Non dirmi che vuoi dire quello che sto pensando che tu stia per dire eh? Non cominciamo con queste diatribe che non me la sento di affrontarle, ora che sto per sposarmi. Nonna? Nonna? Un trucco per cosa? –

– Ma no, scherzavo, è che mi annoio così tanto – disse la voce prima di fare questa pausa – oltretutto la salma di quella vecchia lì accanto a me è d’una noia mortale, sempre a parlare di questi cazzo di nipoti! –

Intanto intorno a Sallustio s’era creato un circoletto di persone, che lo credeva matto. Suo padre fu il primo a rivolgergli la parola

– Idiota era, Idiota è diventato, che ti dicevo io? –

– Mi preoccupa Agenore – disse la marchesa Asmatici madre di Sallustio  rivolta a suo marito – per dio guardalo, ti prego guardalo! Sembra un matto scriteriato! Ma da chi ha preso dio mio? –

– Ma che fai Sallustio! – invocarono Ansiosa e Suspicia.

– Insomma, vogliamo andare? – intervenne lo zio Morlacchio.

 

Sallustio del canto suo stringeva la mano di sua moglie e intanto continuava a parlare.

– Insomma nonnetta, quanto mi avresti lasciato? – le chiese

– A te? A te niente, Sallustio caro. Meglio, io t’avrei pure lasciato qualcosa, ma quegli avvoltoi de’ parenti tuoi si saranno già spartiti tutto – disse quella.

– Ma che cazzo! Ma non hai fatto un testamento chiaro e leggibile nel pieno delle tue facoltà di vecchia rincoglionita? Certi lo mettono pure su facebook, e io adesso mi ritrovo senza una lira! E mi devo sposare! Io ti maledico fantasma che nemmeno si vede! E ti ucciderei se tu non fossi già la voce morta che sento! – Sallustio era in preda all’accesso d’ira più violento che gli si fosse mai insinuato nelle sinapsi. Alcuni dei suoi parenti ad udir le sue parole s’irrigidirono, poi tentarono di bloccarlo.

 

– Hai finito? – chiese placida la voce.

– Si. – rispose Sallustio calmandosi di botto.

– Ecco, il testamento c’è Sallustio mio. Ma eppure non c’è più. Quei beneamati tuoi cugini, soggiogati nel loro triste e molle animo dalle avide intenzioni dei loro genitori, mentre ero malata a letto, piena di quei farmaci che mi rendono le vene di lampone, mi hanno fatto firmare una copia diversa del testamento, dentro cui gli unici beneficiari dei miei averi sono loro, o meglio i loro genitori!  –

– Che pezzi di merda! – sbottò Sallustio

– Dei veri pezzi di merda! – chiosò la nonna

– E ora che facciamo? – chiese il ragazzo

– Che fai tu Sallustio, io ho da trapassare, e certo ho vissuto fin troppo per accollarmi anche questa cosa ora che ho guadagnato questa forma perfetta di voce! –

– E no! Dai Nonnetta! – si lagnò quello ma la voce era sparita, e Sallustio si ritrovò stretto nella morsa dei parenti attuata per tenerlo buono. Poco dietro il conte Parnaso e sua moglie si bisbigliavano qualcosa.

– Hai sentito quello che ha detto? – disse con voce grave l’omone coi favoriti

– E se…? – replicò la contessa Algidina

Sallustio si ricompose, si girò verso i suoi parenti con la faccia stravolta, gli occhi in particolare erano cerchiati da una corona rossa, e le pupille nere e strettissime, che dentro non ci sarebbe potuto passare un capello.

– Accendino? Perché non andiamo a mangiare qualcosa? –

Suo padre il marchese sbarrò gli occhi e gli diede un ceffone.

– Ma che cazzo fai rincretinito! Io ti denuncio sa? – e di tutta risposta gli contraccambiò lo schiaffo.

– Sallustio! – gridò la marchesa madre – è tuo padre! –

– Mamma! Lo scandalo che ne sarebbe derivato! Se avessi denunciato mio padre! Uno schiaffo pari m’è meglio sembrato che una valanga di schiaffi morali! –

– Per dio Sallustio smettila, mi pare già eccessivo il macello che hai combinato, non metterti a parlare così! –

– E’ vero è vero, mamma, meglio non dire niente, meglio non dire niente –

– Ma che farnetichi! – s’intromise lo zio Parnaso

– Sarà pure un vecchio ma ha la mente aguzza! – disse Sallustio rivolgendosi allo zio – Andiamo Olimpida! – disse rivolgendosi alla moglie – abbiamo un pranzo che ci aspetta! – e così dicendo uscì dalla camera mortuaria.

di Andrea Tozzini

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