Rossomalpelo: intervista dall’atteso ritorno

Uno straordinario artista dal taglio narrativo su nuovi colori musicali

Autore, compositore e scrittore, oggi la ricerca di Rossomalpelo è quasi totalmente indirizzata verso la narrativa, ma non mancano intrusioni e collaborazioni che spaziano dal teatro al cinema, dalle colonne sonore alla progettazione di dischi-racconti che sappiano di vita vera. Nelle sue opere vivono uomini qualunque, esseri semplici, vite anomale in un mondo troppo grande per esistenze minime. Da poco è uscito con un singolo: “Una fermata in centro” è un brano intenso ed elegante dedicato “all’amore che salva”, frutto della straordinaria esperienza dell’artista come narratore e di nuove scelte musicali, dal sapore indie pop.


Un bel ritorno dunque quello di Rossomalpelo, iniziamo dalle cose semplici.

Come stai Sergio?

La risposta non è semplice, la domanda stessa non lo è. Il benessere fisico, per esempio, non lo considero elemento sufficiente a farmi rispondere positivamente; per me non funziona il: “Se c’è la salute c’è tutto”. Ho necessità di altro in aggiunta alla condizione di buona forma o salute. Avrei bisogno di vivere in un mondo migliore, bisogno che diventa diritto. Invece questo “presente” mi perplime, mi preoccupa, lascia i suoi segni anche nel fisico e mi debilita. Di contro però poi mi obbliga all’azione benefica della riflessione, mi stimola nella personalissima ricerca delle significanze e a rispondere con azioni che nel mio caso producono parole in forma di prosa o canzone. Posso quindi rispondere di sentirmi “moderatamente bene”. Credo di avere ancora qualche “me” pensante dentro che sceglie la lotta fatta di pagine e parole, musiche e racconti, e che non risponderà con una resa. Anche se non ho “forza” mi illudo ancora che “opporsi” sia questione d’intelletto e sentirsi bene il frutto dell’equilibrio tra l’essere, il fare e un sacco di altre importantissime minime cose.

Si tratta di un ritorno in taxi, in autobus o in auto? Un ritorno repentino dovuto da una mancanza di scrivere dopo tanti live o lentamente gustato e frutto di un percorso?

Di sicuro si tratta di un ritorno a piedi. Un percorso voluto, desiderato; vissuto con lentezza ma non con calma. Scrivere non mi manca, lo faccio in continuazione, ma da qualche tempo ho cominciato a sentire forte l’esigenza di staccarmi dal solito abbraccio rassicurante dei miei amici e compagni collaboratori musicisti della band. Ho dismesso i panni dell’autore e voce del gruppo Rossomalpelo per vivere quelli di Sergio Gaggiotti in arte Rossomalpelo. Voglio essere solo di fronte a chi vorrà ascoltarmi e vedermi. Da solo davanti a occhi come i miei, da solo in questa mia nuova idea di concerto che in verità non è solo musica cantata. Dopo un ultimo periodo passato ad occuparmi della stesura dei miei ultimi racconti e di qualche soggetto, ho cominciato ad arrangiare i miei vecchi brani per dita malconce, le mie. Ho scelto di usare il mio strumento, la chitarra, come farebbe un chitarrista vero cercando di lasciar arrivare anche la scrittura in note oltre che quella realizzata con file di parole. Senza timore di sbagliare mi getto senza rete, sono io, libero, da solo sono finalmente tutti i miei me.

Dove sei stato negli ultimi tempi?

Mi piacerebbe poter rispondere citando in parte il Finardi di qualche tempo fa: «M’ha portato via un Extraterrestre ma poi ho deciso di tornar..». Conduco una vita semplice, sono un topo di biblioteca (Ci lavoro), amo leggere e guardare il mare, cucinare, perdere tutto il tempo che posso a immaginare e inventare, o a dolermi di questo mondo che sembra andare male. Sono qui, tra la città, questa campagna e il mare, cammino sorprendendomi ancora molto spesso, per il brutto, ma anche e soprattutto per il bello.

Meglio scrivere per dimenticare e per perdonare o per ricordare?

Io scrivo per comprendere, per ricordare. Se immaginassi di avere anche fortuna, scriverei di sicuro con la speranza di riuscire a tramandare.

Da amante della letteratura quale è il libro più bello?

È difficilissimo rispondere con un solo titolo; si passa la vita a leggere e per ogni momento intimo, per ogni giornata no e per tutte quelle sì, per ogni anno passato e per la vita vissuta, per tutto questo c’è sempre un titolo che entra nel quotidiano e si lascia appendere al muro dei ricordi importanti. Non ho un titolo unico come risposta quindi. Leggo molto e oggi sono attratto quasi esclusivamente dalla saggistica sociologica e antropologica, ma se potessi indicare liberamente, risponderei con tre titoli, quelli che in passato hanno modificato il mio modo di percepire e vivere le storie ivi raccontate:
“Il profumo”, Patrick Süskind; “American Psycho”, Bret Easton Ellis; “Sole bruciato”, Elvira Dones.

E quello che ti ha cambiato la vita, magari uno tuo?

Il libro non mio che mi ha costretto a vivere da uomo è stato: “La società dello spettacolo” di Guy Debord.
Questo saggio, letto nel corso di un IV° Liceo Scientifico tribolato, mi ha indotto prima a scoprire e poi a leggere innumerevoli saggi precedenti, mi ha costretto a scoprire la storia, i personaggi che concorsero alla formazione del pensiero politico e filosofico, quello religioso, mi ha costretto a leggere insomma, nel tentativo di comprenderne anche solo il più breve degli enunciati che a quell’epoca fingevo solamente di comprendere.

In tempi recenti chi o cosa ti ispira?

Non so dire cosa sia l’ispirazione, non provo mai questo impulso, forse non lo riconosco; provo rabbia, amore, provo dolore, questo mi muove. Io scelgo cosa raccontare e ogni brano, ogni racconto è figlio di questa volontà. Scelgo un argomento, una storia, scelgo un personaggio, una situazione e ci lavoro. Per comporlo scelgo le parole, cerco nei significanti la generazione dei miei significati. Se fosse possibile paragonare questo mio “modus operandi” ad una azione riconoscibile, lo avvicinerei al compito in classe di italiano. Un titolo, uno svolgimento. Migliaia di strade possibili e una soltanto da scegliere.

Come diresti che si è evoluto il modo di fare e pensare musica nella tua carriera?

Il mio percorso personale inizia con lo studio della musica classica. Composizione, arrangiamento per orchestra e lo studio del jazz sono successivi. Ho sempre amato studiare per comprendere le meccaniche della composizione, dell’interazione tra le note, il linguaggio “altro” che sequele di suoni o segni possono indicare. Di certo questo non significa che io sia poi evoluto in qualche forma di musicista o compositore più preparato o più bravo, infatti non so suonare che quello che scrivo, non so suonare jazz, non so suonare musica classica, praticamente non so suonare nulla. Posso dire però che quello che scrivo è esattamente quello che voglio, questo mi basta per ora, quando non riesco mi fermo e studio o, come spesso capita, mi dico: “Lo finirò quando avrò imparato”. Quello che mi è stato insegnato dai miei amici colleghi musicisti della band Rossomalpelo è incommensurabile, quello che mi hanno insegnato altri autori, altri colleghi, altri scrittori non ha prezzo, se c’è stata una mia seppur auspicabile ma minima evoluzione è avvenuta nella volontà di prepararmi come chitarrista, rivedere l’uso di questo strumento al fine di presentare ciò che desidero nel mio migliore dei modi e quindi forse sì, anche io ora posso confessare la mia piccola evoluzione. E’ personale, invisibile ma reale, quella brevissima strada percorsa nella destrezza di dita su corde dovuta a ore infinite di studio e prove su prove. Ecco, è cambiato l’approccio diretto e tecnico della semplice azione del suonare, che oggi deve avere una sua forma estetica precisa e diretta, personale e poco corretta ma certa, riconoscibile da quel me che la cerca.

Fammi fare una domanda scema ma che potrebbe dirci molto su di te e darci modo di dire molto sulla società: potendo scegliere con chi cenare fra tre personaggi vivi e morti, chi sceglieresti?

Michelangelo Merisi da Caravaggio, Nikola Tesla e Arthur Rimbaud.

E di artisti italiani viventi? Artisti lo possiamo concepire in maniera molto ampia..

Riccardo Muti, Andrea Camilleri e Paolo Virno.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Devo e voglio terminare la scrittura del mio primo “Musical” come obiettivo principale, poi vorrei riuscire a portare in giro questo mio nuovo progetto live solista. Ho altri racconti da scrivere e canzoni da arrangiare, il solito lavoro al chiuso di una stanza buia, ma è questa la parte del lavoro dove più conta la libera associazione tra i miei me stessi dentro e ciò che da fuori arriva. Non ho grandi progetti ma molti sogni, qualcuno anche da realizzare, ecco, i miei progetti sono solo dei sogni che voglio per forza inseguire.

Gabriele Edoardo Mastroianni

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