Poison Garden: intervista esclusiva alla prima “Steampunk” band italiana… e non solo.

In occasione dell'evento del 18 aprile al Traffic Club di Roma, abbiamo intervistato la band ufficiale di questa esilarante corrente retrofuturistica

La parola “Steampunk” nasce nell’ambito della letteratura fantastica degli anni ’80, allo scopo di trovare un termine che distinguesse questo genere dal Cyberpunk. Quanto l’ultimo colloca le sue storie in un ambiente futuristico dove l’elettronica la fa da padrona, tanto lo Steampunk ritorna a un’epoca vittoriana per prendere spunti per i suoi racconti e mescolarli con elementi tecnologici.

Da qui l’unione tra “steam” (vapore) e punk, in cui uno richiama il periodo della rivoluzione industriale e l’altro il concetto di ribellione allo status quo, una critica alla società. Nonostante questo genere prende le mosse da un’epoca di corsetti e tube, non bisogna pensarlo come a una corrente puramente estetica dove basta applicare due rotelle a un cappello e il gioco è fatto. I veri appassionati della categoria sanno che c’è una grande ricerca affinché siano rispettati i criteri di verosimiglianza.

Questa premessa è quasi d’obbligo per introdurre i Poison Garden, una band dalle chiare evocazioni steampunk, che in occasione della prossima esibizione al Traffic Live Club di Roma, abbiamo intervistato per voi. A parlare con noi è Damian, chitarrista e co-fondatore della band.

 

Ciao ragazzi, molto felici di avervi qui con noi e di potervi conoscere più da vicino. Volutamente abbiamo fatto una piccola introduzione per lasciare che a raccontare i Poison Garden, siano proprio i Poison Garden. Cominciamo dalla presentazione dei membri e della vostra musica.

Intanto grazie mille per l’interesse dimostrato, siamo molto felici anche noi di essere ospitati sulle vostre pagine. Poison Garden è un progetto nato nel 2013 grazie alle “speranze” e all’esperienza maturata in 10 anni di attività musicale. Io (Damian) ed Anais, la cantante e bassista, abbiamo voluto mettere “su carta” il nostro sodalizio artistico, oltre che personale, e abbiamo voluto dare forma a tutto il materiale scritto insieme. Grazie anche al contributo tecnico del Prof. Ψ e da pochissimo anche di Mr. Tambourine il progetto ha, man mano, preso forma e si è evoluto nella band che siamo ora. Musicalmente oltre che con il termine “steampunk” mi è difficile etichettarci, abbiamo certo una solida base di rock/metal moderno ma i nostri brani sono arricchiti anche da strumenti classici ed il sapore delle composizioni è agrodolce, troppo “allegro” per poter essere accumunato al gothic metal ma troppo “grottesco” per poter sconfinare nell’FM-Rock o nel Pop-Rock.
Quindi non so, immaginate una rock band in un film alla Tim Burton.

 

Quali sono state le vostre influenze, musicali e non?

Abbiamo percorsi diversi, personalmente sono cresciuto ascoltando i Maiden, ma li ho sempre accostati anche ad altre band come i Depeche Mode oppure alla scena punk della fine dei ’70.
Anais invece ha un’anima più hard rock/sleaze, il Prof. Ψ e Mr. Tambourine invece provengono da scenari di metal più estremo.
Nella scrittura dei brani ci siamo concentrati molto di più sul panorama sonoro che volevamo costruire piuttosto che percorrere delle strade “già battute”. Chiaramente nella musica forse è stato già detto tutto, ma per quanto ci riguarda abbiamo cercato nel nostro piccolo di essere originali.

 

Come nasce la passione proprio per lo Steampunk? Visto che la band è di recente formazione (2013), da quanto vi interessate al genere?

L’estetica steampunk mi ha sempre accompagnato, non nel vestiario certo, ma ho sempre apprezzato il lavoro di illustratori, registi e scrittori impegnati nel costruire questa “epoca vittoriana alternativa”. Ho sempre percepito il fascino della fuligginosa aria di Londra, ed immaginarla con aeromobili sullo sfondo in una rivoluzione industriale “fantascientifica” è stato un mio pallino fin dall’infanzia. Condividere questa passione prima con Anais, coltivando con lei il progetto della nostra musica, e poi trasmetterla insieme al resto della band è stato un passo molto breve.

 

A questo punto viene spontaneo chiedervi cosa vuol dire essere un appassionato di questa corrente. In quale modo, se succede, lo Steampunk influenza il vostro stile di vita?

Ehehehe.., di certo nessuno di noi guida un carro mosso da una cisterna a pressione, però per rispondere a questa domanda mi piace raccontare una piccola storiella. 15 anni fa a Roma stava iniziando quella che definirei la scena Gothic romana; mi ricordo che si andava a fare compere in un negozio su una traversa di via del Corso e si usciva il giovedì sera al Jungle o al Bombardier. La moda arrivava da Londra e da Berlino così come la musica e noi ci vestivamo di nero, spesso ci truccavamo, mettevamo il cerone e lo smalto sulle unghie e andavamo a ballare o ai concerti. All’inizio i passanti ci guardavano storto, pensavano fossimo satanisti o al massimo reietti propensi al suicidio. Ora lo stile Gothic è più che “sdoganato” e fa parte della normale routine di una metropoli qualsiasi, sia essa Roma o Londra.
Lo Steampunk ora è appena prima di quella fase iniziale; è una “moda” che sta cercando dei punti di aggregazione e sta cercando il veicolo per poter emergere.

 

Ho letto che il vostro obiettivo è quello di far uscire il genere dall’ambiente dei cosplayer e farlo entrare di diritto nella quotidianità. In che modo vi state impegnando perché questo avvenga?

Esattamente, questo è il punto; facendo musica, cercando di condividere con la nostra generazione degli spazi, stiamo cercando di far emergere questo senso di appartenenza che, forse, ancora manca agli Steampunk italiani. 15 anni fa per la sottocultura Gothic il collante fu la musica che veniva dall’Inghilterra e dalla Germania e la fortuna era quella di avere un luogo fisico (all’epoca un negozio di abbigliamento) dove potersi incontrare. Più tardi arrivarono anche i club e le serate a tema. In Italia in questo momento, anche grazie a noi e alla volontà di altri appassionati, ci stiamo timidamente affacciando su quella che mi piacerebbe definire una scena steampunk. Abbiamo avuto la fortuna di conoscere e collaborare con molti organizzatori di serate in tutta la penisola e siamo felici che con cadenza sempre più frequente ci siano delle “steampunk night” in importanti feste underground. Solo per citarne tre: Onyrica a Torino, Ritual/Subbacultcha a Roma, e La Nuit De Sade in Toscana.

 

Lo Steampunk è una corrente che risale agli anni ’80, ma solo recentemente –e parlo dell’Italia in particolare– si è assistito proprio un suo riconoscimento attraverso l’organizzazione del primo SteamCamp. Perché secondo voi proprio ora? Forse è un modo per stabilire delle “regole” che chiariscano il concetto di Steampunk non solo come un paio di occhialoni e una tuba?

In italia il primo festival Steampunk è stato “Steampact” organizzato a Roma il 30 e 31 marzo 2013, in quell’occasione presentammo “Days of Steam” il nostro primo singolo (e finora unica nostra release). Quasi in contemporanea ci fu lo “SteamCamp” vicino Padova il 6 e 7 Aprile 2013, nel 2014 abbiamo avuto Vaporosamente a Torino (che il prossimo 16 maggio arriverà alla sua III edizione), sempre nel 2014 Steamachine a Roma nel mese di aprile e da ultimo, ma non certo per importanza, lo Steamfest di Roma lo scorso 13 e 14 settembre. È il caso di dire che in Italia di certo non mancano delle occasioni per indossare il proprio cilindro. Per ciò che concerne le “regole” lo steampunk non ha un prontuario, è una sottocultura e come tale ha una forma tentacolare. Non credete a chi vi dice che “non siete abbastanza steampunk”; sono solo dei poser. Purtroppo questa sottocultura paga un retaggio dovuto al gioco di ruolo dal vivo, dove il “costume” o “outfit” ha una grande importanza proprio perchè nel GDR si “interpreta” una parte, ci si “maschera” da personaggio. Quello che piace a noi invece è vedere proprio quel semplice cilindro e gli occhialoni indossati sopra un jeans ad una festa di sabato sera, questo porterà lo steampunk in strada ed avvicinerà gli steampunk l’un l’altro.

 

In occasione dello spettacolo Le Cirque Noir -A Dark Victorian Experience- del prossimo 18 aprile a Roma, ci potreste raccontare com’è un vostro live?

Ciò che abbiamo sempre cercato di fare è unire la musica da vivo ad una dimensione teatrale, quasi recitata. Investiamo molto nelle scenografie e negli effetti scenici e speriamo che il nostro pubblico rimanga ogni volta più colpito dai nostri concerti. Spesso (come sarà il 18 aprile) collaboriamo con giocolieri ed attori che ovviamente ci aiutano a trasportare gli spettatori in uno scenario surreale. Anche musicalmente cerchiamo lo stesso risultato, i nostri brani sono impreziositi da rumori di fondo e “panorami sonori” (ad esempio sbuffi di treni a vapore oppure il suono dei tasti di una vecchia macchina da scrivere) che aggiungono una ulteriore dimensione ed un ulteriore piano di lettura alle nostre performance.

 

A proposito di live, ho letto che avete tenuto diverse date all’estero e vi aspetta il prestigioso The Steampunk World’s Fair negli Stati Uniti. Com’è la scena steampunk all’estero e come vi sentite voi a girare il mondo?

In Europa la scena steampunk viaggia di pari passo a quella Italiana, la differenza grande è il modo in cui il pubblico partecipa, si respira uno spirito diverso, più solidale forse, meno attento al vezzo estetico ma più propenso all’aggregazione e alla collaborazione. Negli Stati Uniti invece la scena è anni avanti a noi con moltissime iniziative e con un vero senso di appartenenza. Siamo ovviamente felicissimi di essere gli unici italiani e tra i pochi europei, insieme con i nostri amici Feline & Strange di Berlino (che condivideranno il palco con noi il 18 aprile), a partecipare alla TSWF.
Avere la possibilità di fare così tanti chilometri e trovare di fronte a te un pubblico sempre più vasto è un privilegio, e noi ci sentiamo onorati di poter portare la nostra musica lontano da casa così spesso e con i risultati che stiamo ottenendo.

 

Ultima domanda. Stiamo aspettando il vostro album di esordio, qualche anticipazione?

Cosa possiamo dire, stiamo cercando di imprimere su un supporto fisico tutta l’energia e le atmosfere dei nostri live, siamo stati molto fortunati a ricevere una “sovvenzione” da parte della Wacken Foundation, che ci ha permesso di poter lavorare con professionisti del settore che ci stanno aiutando a realizzare un prodotto di altissimo livello. Siamo felici di poter lavorare con Marco “Cinghio” Mastrobuono degli Hour of Penance, con Matteo Gabbianelli dei Kutzo e di aver avuto l’opportunità di collaborare con Francesco Ferrini dei Flashgod Apocalypse per le parti orchestrali. Non ultimo siamo riconoscenti ai marchi Warwick Basses e Pyramid Strings (solo per citarne alcuni) che ci hanno accordato la loro fiducia e ci aiutano, giorno dopo giorno, mettendoci a disposizione prodotti sempre al top per poter fare al meglio il nostro lavoro.

 

Ringraziamo i Poison Garden per essere stati con noi ..e li aspettiamo il 18 aprile al Traffic Live Club di Roma.

Noi ci saremo, voi pure.

Agnese Iannone

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> Evento Facebook per “Le Cirque Noir -A Dark Victorian Experience

 

 

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