Pagliaccio: intervista tra melodie facili e testi profondi

Un trio che tra papillon e spessi occhiali senza lenti propone un pop melodico, scanzonato ma sempre audace e dai testi intelligenti..

Pagliaccio è un trio biellese che sale sul palco con il papillon e gli occhiali senza lenti dalla montatura spessa, quasi a dire che sì, bisogna essere seri ma non seriosi e bisogna ricordarsi di non prendersi troppo sul serio. D’altronde già il nome che i tre hanno scelto per portare in giro la loro musica è un manifesto di ciò che sono: pagliacci che fanno ridere ma con il cervello sempre connesso.
Sono tre ma i loro nomi saltano un numero: Pagliaccio #1 (che è la voce principale che risponde alle domande, quando non indicato diversamente), Pagliaccio #2 e Pagliaccio #4; Pagliaccio #3 non c’è perché entrambe le volte che un membro della band aveva questo nome, dopo pochi mesi abbandonava il gruppo per motivi vari e allora Pagliaccio #1 e Pagliaccio #2 hanno deciso che nessuno avrebbe più avuto quel nome e hanno ritirato la maglia.
Li ho incontrati un po’ per caso, un po’ no, una sera a Roma e mi sono innamorata dei campanelli da suonare durante il live, dei testi intelligenti e della musica fresca.
E se vengono dalle vostre parti andate a sentirli e scambiateci due chiacchiere, non ve ne pentirete!

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Da dove nasce il nome Pagliaccio?

Quella del pagliaccio rappresenta molto bene la nostra idea di musica e quello che pensiamo di trasmettere: facciamo musica pop con melodie facili ed accattivanti ma con un retrogusto più intenso e più profondo che emerge soprattutto a livello lirico.
L’idea del pagliaccio ci è sembrata un’immagine piuttosto evocativa di quello che facciamo in musica: il pagliaccio è quello che per mestiere deve far ridere ma che, anche a livello cinematografico, ha sempre un retrogusto malinconico; il pagliaccio ha questa “condanna” di far ridere, un po’ come il pop: ha melodie che entrano subito in testa ma riesce a passare anche concetti amari.

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Qual è il pezzo che preferite suonare live?

Pagliaccio #2: in realtà non ci piace suonare live!
Pagliaccio #1: sì, è vero: lo facciamo solo per i soldi! Per quanto mi riguarda, è sicuramente uno dei pezzi nuovi; adesso è “Amore Cieco“, il nostro ultimo singolo. Mi piace molto vedere dove siamo arrivati anche grazie agli Ex-Otago con cui abbiamo collaborato nel brano: è gente esperta e molto brava, hanno lavorato sul nostro pezzo e l’hanno migliorato; per me è bello cantare una canzone cui io da solo non sarei arrivato.
Pagliaccio #2: Va molto a periodi però sì, anche per me è “Amore Cieco“; è bello prendere confidenza live con questo pezzo.
Pagliaccio #4: “Amore Cieco” sì, decisamente!
Pagliaccio #1: Vedi come c’è armonia nella band! È il pezzo che suoniamo da meno nei concerti, l’abbiamo inserito da poco in scaletta per cui è anche per questo che siamo così entusiasti di suonarlo!

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Qual è un brano che vi piace in studio ma che non vi piace suonare live e quale è, al contrario, un pezzo che preferite meno in studio che è adorato dal pubblico?

(dopo una consultazione la risposta è corale) “Pagliacci Tutti Voi” ci piace molto in studio, ci piace molto come è sul disco ma forse non riesce a rendere live; invece “Osvaldo“, dal primo disco, viene molto meglio dal vivo mentre non ci soddisfa a pieno come è venuta registrata.

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Com’è nata la collaborazione con gli Ex-Otago?

Noi li abbiamo sempre stimati molto, ci sono sempre piaciuti, fanno una musica in cui ci rispecchiamo sia nell’approccio che nello stile comunicativo: semplice, senza tante patine, né pop né indie; ci eravamo conosciuti ed eravamo già amici; ci faceva piacere fare un pezzo con loro e gli abbiamo proposto un brano su cui collaborare, loro non erano molto convinti per cui gli abbiamo mandato il disco e si sono innamorati di “Amore Cieco” che, secondo noi, era il brano già più avanti, era già completo. Il testo è rimasto quello che avevo scritto io con delle piccole aggiunte di Maurizio (Carucci, ndr) che, però, ha cambiato tutta la linea melodica; quando l’ho sentito la prima volta non mi è piaciuto anche se poi ho capito che funzionava meglio, è stato molto strano per me. Alla fine, dopo tanti rimpalli, siamo andati in cascina da lui a registrare en plein air; è stato un parto molto lungo soprattutto rispetto all’altro featuring che abbiamo nel disco, che è con Bianco (il brano è “L’occasione“, ndr) e con cui ci siamo limitati a mandargli il pezzo con lo spazio bianco dove lui ha aggiunto una strofa, ci ha mandato indietro il brano e ci piaceva così.
Con gli Ex-Otago è stato un lavoro lungo che ci ha portato a sporcarci le mani insieme per cui è stato molto interessante a livello creativo.

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Quali sono tre brani da ascoltare per iniziare a conoscervi?

Pagliaccio #1: “Zerbino“, che è del primo disco e che live porta molta interazione con la gente per cui è molto particolare e distintiva; “Amore Cieco“, che rappresenta un po’ la nostra evoluzione…
Pagliaccio #4: La terza è “Pagliacci Tutti Voi“.
Pagliaccio #1: Dice così perché io non voglio mai farla live, secondo me non funziona però è un pezzo che dà la chiave di lettura; in ogni disco c’è un pezzo-manifesto che è la chiave di lettura di tutto il disco: “Io per primo” in “Eroironico” e “Pagliacci Tutti Voi” in “La Maratona“.

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Con quale aggettivo ognuno di voi descriverebbe la vostra musica e il pagliaccio alla sua sinistra?

Pagliaccio #1: Voglio essere presuntuoso per una volta e dico che la nostra musica è intelligente mentre Marco è creativo.
Pagliaccio #2: La nostra musica è allegra, potrei dire la stessa cosa di Marcolino e infatti dirò che è allegro!
Pagliaccio #4: Sia la nostra musica che Alessandro sono freschi.

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Quali sono le difficoltà maggiori che incontrate quando suonate?

Pagliaccio #1: Riuscire ad entrare in contatto con il pubblico: riuscire a portare la gente ai concerti. Lavoriamo molto sui Social, abbiamo anche un bel riscontro però non sempre si traduce in una presenza live; se tutte le persone che ci mettono like ai post venissero ai nostri concerti saremmo più felici.
Pagliaccio #4: Spesso ci si aspetta di trovare determinate cose quando si arriva sul posto a suonare che invece non ci sono, non dico della disponibilità del locale, ma proprio come strumentazione tecnica; seppur tu abbia delle esigenze tecniche minime in certi casi non ci sono proprio le strumentazioni di base. Fortunatamente non capita spesso.
Pagliaccio #1: Però quando capita ti rendi conto di quanta improvvisazione ci sia in giro, tu fai di tutto per essere professionale -che poi la tua musica sia bella o no, che tu sia bravo o no non conta molto- e ti rendi conto di quanto, invece, chi sta dall’altra parte non lo sia. Ci dispiace per tutto l’impegno che, invece, ci mettiamo come musicisti; questa cosa vale anche a livello di comunicazione delle serate: a volte andiamo a suonare in un posto e ti rendi conto che la serata non è stata pubblicizzata, non ci sono le locandine nemmeno fuori dal locale; magari veniamo da un viaggio molto lungo e quando arriviamo al locale ci rendiamo conto che non c’è stata proprio comunicazione della data al pubblico.

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10860857_765599630189788_6890926100148049684_o – Come si è evoluta la vostra musica?

La nostra evoluzione è stata particolarmente marcata innanzitutto perché quando abbiamo fatto uscire il primo disco (“Eroironico“, 2012) la formazione era diversa: Marco (Pagliaccio #4, alla batteria) è arrivato proprio alla presentazione del primo disco, prima si sono avvicendati vari batteristi; la formazione originaria siamo io e Marco (Pagliaccio #2, al basso) e abbiamo registrato il disco con dei turnisti. Quando è arrivato Marcolino è nato veramente Pagliaccio: tutto quello che abbiamo scritto dopo e che abbiamo portato live è questa formazione qua.
Il primo disco è stata una cosa strana: di solito i gruppi prima suonano un po’ in giro e poi registrano il disco, per noi lo studio è stato il primo passaggio: abbiamo registrato tutti i pezzi che avevamo e li abbiamo incisi su disco e poi siamo usciti. Però eravamo completamente sprovveduti: non avevamo ufficio stampa, un booking, niente! È uscito il disco e abbiamo iniziato a partecipare ai concorsi e suonare live, abbiamo iniziato a prendere le misure; i riscontri sono stati buoni e la macchina si è messa in moto.
Ovviamente anche nella composizione c’è stata un’evoluzione: “La Maratona“, il secondo disco, ha una maggiore cura della forma-canzone; il primo era più ingenuo, per certi versi forse più fresco però era tutto quello che era emerso; da lì abbiamo iniziato a crescere un po’ anche a livello compositivo per cui pensare come scrivere una canzone.

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In che modo il vostro essere autoprodotti ha fatto emergere degli aspetti a cui non avevate pensato o che non avevate preso in considerazione?

L’autoproduzione è stata una necessità più che una scelta, sicuramente ci ha fatto crescere perché ci siamo presi delle porte in faccia, avevamo delle convinzioni che si sono modificate andando avanti e ci ha fatto prendere le misure nei confronti dell’esterno. Soprattutto ci ha fatto gettare le basi del progetto in modo che sia solido: spesso nel pop i progetti artistici partono da una realtà che quasi costruisce il prodotto, noi abbiamo fatto una gavetta lunga che ci ha insegnato molto, ci ha fatto avere le spalle larghe e ci ha dato tantissima umiltà. Spesso se parti dall’alto rischi di cadere e di farti molto male, se parti dal basso hai molta più consapevolezza nel crescere.

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Qual è un posto o un festival dove avete suonato e siete stati bene e dove vi piacerebbe suonare?

Abbiamo suonato in molti locali ed in molte realtà, anche piccole, che ricordiamo con affetto ma il più significativo è stato il Rock in Roma quando abbiamo aperto il concerto di Lumineers e Passenger, è ovvio che sia un traguardo indimenticabile! Mi piacerebbe suonare al MI AMI, che è un festival dove, secondo me, staremmo molto bene, potremmo meritarcelo!

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Com’è entrare in un gruppo già formato, Marco (Pagliaccio #4)?

Mi sono inserito molto facilmente…
Pagliaccio #2: Pensa che io nemmeno lo volevo!
Pagliaccio #4: Diciamo che non mi sono presentato proprio bene: ero andato alla prova senza la batteria: avevo solo uno splash, un pad elettronico e le bacchette; un miscuglio di robe senza senso.
Pagliaccio #2: Quello che ha aiutato Marcolino ad entrare nel nostro progetto è stato che fin da subito si è reso disponibilissimo e ha creduto nel progetto in tutto e per tutto. Io e Ale avevamo deciso di investire sul progetto e di crederci, per una volta; trovare una persona esterna che accetta questo fatto è stato fondamentale: essendo arrivato in corsa è più difficile trovarsi ad andare in giro per l’Italia, non vedere più la morosa, investire tempo e soldi… Marco fin da subito è stato disponibile a fare questa cosa.
Pagliaccio #1: È un po’ come se fossero due storie distinte: da quando è arrivato lui c’è il vero Pagliaccio, la nostra formazione è questa, il nostro progetto è nato così!
Pagliaccio #4: Alla fine tutta la parte live me la sono fatta io.

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Com’è l’ambiente musicale che vivete e come vivete le collaborazioni?

Credo ci sia una differenza proprio a livello di città: siamo tra Biella, Milano e Torino; la scena milanese è molto patinata, per dirti l’ambiente da cui vengono gli Ex-Otago, che è la Liguria, è un ambiente molto più disponibile, molto più collaborativo. Francesco (Bacci, ndr) viene ai nostri concerti ogni volta che suoniamo a Genova, l’ultima volta che abbiamo suonato lì è stato lui a chiederci di suonare insieme “Amore Cieco“, che non avevamo in scaletta.
La scena milanese è molto patinata ed in certi casi dà un po’ fastidio, lì si vive molto -ma non so se è solo un’impressione che viviamo sulla nostra pelle- di questo purismo dell’indie cui non apparteniamo del tutto per cui, spesso, troviamo delle porte chiuse.
Mi piacerebbe conoscere di più la scena romana ma, ovviamente non vivendola quotidianamente la conosciamo solo tangenzialmente quando scendiamo a suonare ma senza avere tempo e modo di approfondirla; comunque è una scena fondamentale sia per quello che ha dato prima tipo Fabi, Silvestri… sia ora Thegiornalisti, Calcutta… tutta una frangia di “pop col cervello” che è quello che vorremmo fare noi e che, in qualche modo, è sempre stata di casa a Roma.

 

Giorgia Molinari

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5 Comments

  • io li conoscevo ed ho apprezzato questa intervista , per entrare un po nel loro mondo
    si il video è stupendo
    grazie uki

  • docili quasi,direi. bel video,molto. un pop brioso,fatto da giovani che si divertono ma facendo le cose per bene. traspare dalla bella intervista. non mi fanno impazzire ma indubbiamente hanno talento complimenti a Giorgia M.

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