Opere d’arte come NotreDame: realtà aumentata in 3D o ricostruzione reale?

Quanto siamo disposti a perdere dell'anima dell'arte in favore di una certa comodità di mercato?

Inutile versare lacrime sulle ceneri di Notre Dame de Paris, meglio pensare subito al da farsi:
vogliamo ricostruire la cattedrale lì dover’era oppure aspettiamo di poter scaricare l’Applicazione che ci permetta di visitarla con il nostro casco per la realtà aumentata? (Cinismo?)

Abbiamo ormai capito che con le nuove tecnologie a disposizione è possibile ricostruire fedelmente antiche strutture. Esisteranno sicuramente in futuro droidi superavanzati in grado di riprodurre gli affreschi e i dettagli perduti con precisione “micrometrica”.

D’altro canto, con la tecnologia VR (Virtual Reality) sarà possibile visitare la Cattedrale in una ricostruzione 3D. In questo caso potremo beneficiare dei sensori in grado di simulare le sensazioni tattili che sicuramente il progresso tecnologico ci metterà a disposizione, permettendoci di toccare con mano le opere stesse. Questione di pochi anni.

L’idea di un “sostituto non piace a nessuno ma alternative non ce ne sono. Tanto vale ragionare sul modo in cui preferiamo visitare d’ora in avanti Notre Dame de Paris: realtà aumentata o minuziosa ricostruzione reale? Preferiamo la simulazione virtuale di Pompei realizzata dalla Lund University o il piano di ricostruzione con stampante 3D pensato per il recupero dei monumenti e delle opere distrutte dall’ISIS?

Qual è la miglior soluzione?

La realtà virtuale parte sicuramente avvantaggiata: costa meno..

Chi è per salvare l’arte “costi-quel-che-costi” preferirebbe riavere la Cattedrale “concreta”, nel luogo dove la storia l’ha collocata, sicuramente e non rinchiusa nella “prigionevirtuale delle App. Probabilmente costoro non si lascerebbero convincere neanche dalla possibilità di accarezzare la pietra e il legno lavorato grazie al simulatore di percezione tattile a cui si accennava prima. La vorrebbero ricostruita e basta, costi quel che costi appunto (teniamo pure sempre a mente che, ad esempio, proprio le Cattedrali gotiche venivano innalzate secondo uno studio territoriale che inglobava studi archetipici fino a peculiari rilevazioni energetico-geologiche – rabdomanzia, radiestesia, ecc… – per chi crede a ‘sta roba, ovviamente. In ogni caso, e al di là di queste fumose speculazioni, certo è che nulla era lasciato al caso, tutto concorreva al fascino di quelle costruzioni che venivano costruite in punti precisi e secondo tecniche e scienze ataviche. Tutto questo impatto emozionale, la realtà virtuale non potrebbe certo riprodurlo).

Insomma, credo che chi è a favore della ricostruzione rimarrebbe deluso: è molto probabile che il mondo (e il mercato) finirà con il prediligere la versione VR, meno costosa e più accessibile. Forse non nel caso specifico di Notre Dame (com’ è noto si è già optato per la ricostruzione) ma in futuro sempre più opera perdute si rifugeranno nella computer grafica senza richiedere la presenza di un avatar a grandezza naturale nella realtà “extra -VR”.

Chiedere a chi preferirebbe la ricostruzione di “farsene una ragione” sarebbe superficiale e riduttivo: si tratterebbe di un’operazione “dialettica” scorretta che presupporrebbe come “migliore/più desiderabile” l’opzione della realtà aumentata. Meglio invece cogliere l’occasione per ragionare con più attenzione proprio su questa contrapposizione, tornando così alla domanda “Qual è la miglior soluzione?”.

Michelangelo diceva che l’anima di ogni opera è già impressa nella pietra, sta allo scultore farla emergere eliminando le parti superflue. L’anima sopravvive al corpo e al suo materiale, il cui ruolo non è altro che dare consistenza all’idea dell’artista. Veniamo subito al punto: la ricostruzione 3D sarà in grado di farci entrare in contatto con quest’anima? Se le opere hanno uno spirito questo può essere “accolto” e rappresentato da un “corpo software” nel caso quello originale fosse andato perduto? Un’esperienza così immersiva sarà in grado di trasmettere ai posteri il messaggio dei capolavori che la storia ci ha tramandato fin dall’alba dei tempi?

Questo approccio porta inevitabilmente a pensare che, in fondo, la realtà aumentata non “svalorizzerebbe” affatto l’importanza e il prestigio delle opere. (Sembra una forzatura?)

Non esultino però coloro che tifano per la realtà virtuale, la questione è tutt’altro che risolta: l’accesso rapido ed immediato ad un museo virtuale, in cui sarebbe addirittura consentito il contatto fisico con le opere stesse, spoglierà queste del fascino che gli deriva dall’essere in unica copia, spesso raggiungibili solo dopo un lungo viaggio in aereo? Posso emozionarmi nel momento fortunato in cui riesco a strappare un selfie ad un mio idolo, ma se dovessi conviverci finirei con il non sopportarlo più nel giro di qualche mese.

A questo punto, per ovviare al problema, la scelta della “ricostruzione concreta” sembrerebbe quella più “sicura”. A questo si aggiunge anche un’altra cosa: il fatto che “pochi fortunati” possano ammirarli dal vivo i capolavori storici (spesso senza neanche potersi avvicinare) gli dona maggior prestigio, sempre che non si decida di renderli accessibili nel mondo virtuale solo sulla base di un punteggio da accumulare nel corso della simulazione, in quel caso la faccenda potrebbe farsi più interessante.

C’e sempre la (terribile) possibilità che “l’anima delle opere” possa diventare una scusa per abbattere i monumenti originali e fare spazio a strutture più moderne in risposta ad “esigenze” di tipo (spesso) economico. Nell’eventualità, punto a sfavore per la realtà virtuale.

La questione comunque rimane aperta.
Ps – Stando a quanto riportato da FanPage.it, pare che useranno “Assassin’s Creed” per ricostruire la cattedrale di Notre Dame.

 

Daniel Nicopòlis

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