Nicholas Ciuferri: “Alberi” e fosche narrazioni

Racconti che puntano dritto alle profondità dell'animo umano, dallo sguardo nitido, delicato e privo di retorica

Nicholas Ciuferri non è un ragazzo come gli altri. Altrimenti non avrei accettato di leggermi il suo libro e scrivere delle opinioni al riguardo, una recensione, chiamiamola così. Nicholas è diverso. Altrimenti non avrei accettato di diventare suo amico (oltretutto è un ukiano come me).
Queste due premesse sono necessarie per lavare via ogni dubbio sulla genuinità delle mie parole. Per due motivi: primo, odio leggere libri che mi fanno schifo; secondo, non so dire cazzate agli amici.
Questo significa che prima di dire si alla recensione di questo libro, dovevo essere sicuro che avrei letto qualcosa di valore, altrimenti mi sarei trovato in uno stallo alla messicana.
Per fortuna sono capace di distinguere l’oro dalla pirite, e la lettura di “Alberi” è stata oltre che estremamente piacevole, anche educativa, almeno per uno che vuole vedere comesi scrive” (un progetto tra l’altro che vedi i testi portati in scena con “I Racconti Delle Nebbie“, progetto artistico del nostro e di Paolo Benvegnù).

Alberi” è un libro diviso in tre parti, “radici” – “tronco” – “rami”, in cui Nicholas racconta più storie che dipingono i prospetti più variegati della vita quotidiana.
Ogni racconto è breve, non tutti, per una precisa scelta dell’autore, che gli garantisce la possibilità di scrivere in una sola sessione compositiva la storia stessa. Questo significa, almeno dal mio punto di vista, di poter sfogare un pensiero tutto in una unica soluzione, quasi come un conato, e di garantire una purezza ideativa che nei lunghi racconti spesso viene a mancare.

I temi trattati sono numerosi. Il più ricorrente è l’amore, poi prostituzione, omosessualità, e storie anche divertenti come quella della Ford Focus che va a fuoco.
Ma al di là dei temi, quelle che risalta immediatamente agli occhi è la delicatezza con cui parla Nicholas.
È difficile spiegare quello che provavo alla lettura di questo libro, ma Nicholas non cerca colpi ad effetto o frasi che lasciano di stucco. La sua narrazione è impeccabile, ma priva di quel tentativo che molti, anche il sottoscritto, cercano per lasciare il lettore spiazzato, disorientato. In “Alberi” il lettore non trova mai un orientamento che gli permetta poi di rimanere di sasso. Non riesce a poggiare i piedi con fermezza sulle pagine. Nicholas difficilmente da certezze. Spesso non si capisce chi è che parla, il soggetto… se un uomo, una donna, un animale. Si rimane fermi, sospesi nel giudizio, fino a fine racconto. Si aspetta la frase ad effetto ma il colpo di scena ricade sul punto di vista di tutta la storia, che non cambia in realtà, ma il lettore è portato a cercarlo fin dall’inizio, e l’autore, sapendolo, crea un climax che si focalizza prima sul punto di vista, poi sulla storia, poi sul finale, mai scontato, spesso non risolutivo, spesso così simile alla vita.

Questo comporta che nonostante la delicatezza, il libro ferisce. Spesso è crudo. Spesso è come se il mondo venisse visto da chi è fuori dal tempo. In una dimensione dove si può razionalizzare ma storditi da qualche strano effetto temporale. Nicholas è dentro ogni storia, dentro ogni personaggio, ma è disincantato. È al tempo stesso deus ex machina e protagonista. Burattinaio e burattino. E più si legge, più si stringono i fili intorno a noi, entriamo nei personaggi, ci immedesimiamo, e alcune paure, alcune esperienze, le emozioni dell’amore riaffiorano.

Non è stato facile leggere “Alberi”, non perché scritto da un amico, ma perché è un libro che smuove molto. Non solo è scritto in maniera impeccabile, con strutture e linguaggio da far invidia, ma è anche denso di realtà, quella realtà da cui spesso si scappa.

Nicholas ci pone davanti a numerose problematiche, interrogativi, a volte cerca di strapparci un sorriso, a volte cerca di responsabilizzare.

La realtà è che non vuole raccontare tanto per farlo. Racconta per vocazione, per chiamata divina quasi.
Per cui non posso che consigliare un libro di questo tipo per una serie di motivi. Innanzitutto perché è un libro vero, scritto per esprimere emozioni vere. In secondo luogo perché è un libro che insegna a scrivere e a leggere, con periodi semplici da seguire ma mai banali, ricercati, nondimeno fruibili da tutti. In terzo luogo perché entrare nella testa di Nicholas è un bel viaggio, ed in un periodo dove i bei viaggi si pagano tanto, e spesso deludono, uno così io non me lo perderei.

 

Matteo Madafferi

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