Nic Cester and the Milano Elettrica @ Monk (Roma) – 02/2018

Ci sono i live che ti vai a vedere sapendo cosa andrai a vedere. Poi ci sono i live che ti vai a vedere non sapendo cosa potrai vedere.
E poi ci sono i live di Nic Cester e la Milano Elettrica. Dove sai cosa sentirai, ma non smetterai di dire “che gruppo infinito”.

Per chi non sapesse chi è Nic Cester, basterà ricordargli semplicemente la canzone “Are you gonna be my girl” dei Jet. Ecco, il signor Cester, anzi Cestèr, visto che come ha detto più volte è originario di Pordenone, benché nato in Australia, è quel ragazzetto che ci fece e ci fa ballare per anni al sound anni ’70 di chiara matrice “Iggy Pop” di quella canzone.
E non è che i Jet si fermarono lì. Fecero tre dischi uno più bello di un altro. Segnatevi il promemoria “comprare i cd dei Jet”.
Il buon Nic qualche anno fa, nonostante i Jet fossero sulla cresta dell’onda, decise però di interrompere la giostra. Senza motivo apparente, forse solo un po’ di stanchezza.
Il mio pensiero fu che una delle band più forti della storia dell’hard rock australiano missato al brit rock inglese era sparita per sempre. Ero davvero rammaricato.
Poi eccolo tornare sul pezzo, ma stavolta era cambiato un po’ tutto.
Era venuto a vivere in Italia, e aveva tirato su una band tutta italiana con i migliori musicisti della scena musicale, quelli veri non quelle mummie da Sanremo, uno su tutti Adriano Viterbini dei Bud Spencer Blues Explosion. Che già solo per il nome lo stimo.
E allora uno pensa: è tornato con quell’hard rock che mi ha fatto innamorare dei Jet! E invece no.
Eccolo che ti esce con un cd tutto soul, blues, psichedelia che sembra uscito negli anni ’70 ma ha molto di moderno.
E così te lo vai a vedere. E le cose vanno diversamente da come pensi.
Si perché Nic non canta, Nic ti travolge proprio. Ha una voce che sembra infinita. Davvero. Sembra avere davanti la Franklin in un giorno di sole a mezzo metro dalla faccia.
E come se non bastasse chi gli suona dietro è qualcosa di fenomenale. Non quel fenomenale tecnico antipatico, no fenomenale per il gusto, il tocco, il suono.. La band infatti non solo suona bene, ma il suono è bellissimo. La sessione ritmica è incredibile, e ci sono ben due batterie a testimoniarlo. Difatti a Nic non bastava un batterista, ma ne voleva due, di cui uno con un set metà acustico metà elettronico.
Gli amplificatori sono piccoli. Piccolissimi. E gli sprovveduti dicono “ma si sentirà bene”. Si sentirà benissimo. Neanche sull’album sentivo così bene tutti gli strumenti, ed è una rarità nella rarità di un concerto magistralmente eseguito.

La tracklist è di 15 pezzi, non tantissimi, ma garantiscono un’ora e mezza di concerto a livelli a mio avviso insuperabili. Ho visto molte band suonare, anche gente come Dream Theater, David Gilmour, e via dicendo, ma questi livelli sonori e di gusto, raffinatezza e tecnica è la prima volta che mi ha travolto così prepotentemente. Il concerto si apre con una piccola introduzione sonora e poi si passa subito a “Sugar Rush”, il pezzo che da il nome all’intero album.

La tracklist completa è:
– Intro
– Sugar Rush
– Little Things
– Eyes on the Horizon
– Hard Times
– Psychebello
– Strange Dreams
– Who you things
– Shine on
– Top of the World
– God Knows
– Not Fooling
– Walk on
– The Meeters
– Neon Lights

Toccante il momento in cui il buon Nic si prende la chitarra acustica per suonare una “Shine on”, scritta con i Jet anni fa, spiegando che Mogol ha riscritto per lui il testo e voleva cantarla in Italiano. Commovente perché spiega come fosse una canzone per il padre appena scomparso. Onestamente il testo originale mi sembra migliore rispetto a quello italiano, cantato molto bene tra l’altro, visto che ormai l’artista parla fluentemente la nostra lingua vivendo in Italia.

Il concerto come detto all’inizio scorre veloce, potente, e la voce di Nic non stanca mai.
Le persone si girano costantemente una verso l’altra con commenti del tipo “infinito”, “incredibile”, “porca vacca” e tirando in ballo una serie di personaggi più o meno reali per definire la grandezza di un uomo semplice ma che sul palco sa cosa, quando e dove farla.
Da metà concerto in poi inoltre prende corpo sempre maggiormente il suono del Sax, e la profondità sonora cambia.
Il tutto diventa ancora più sensuale, più trasportante, più intimo.

E Nic sale sulla batteria. E quando uno ti sale sulla batteria suonando soul te cosa puoi fare? No seriamente cosa puoi fare? Rimanere inebetito.
Si perché tra luci e fumo, la sagoma di Nic prende un qualcosa di molto vicino al divino. L’immagine è sempre più forte, quella di un rocker quasi sconosciuto, eppure inespresso al punto da creare una band da zero e suonare come se si conoscessero da secoli.
Su “Neon LightsCester tira fuori dal cilindro l’acuto più bello di tutto l’album, e da il colpo di grazia alla platea, già piuttosto provata da tanta bravura e capacità di essere Nic Cester.

E allora uno si chiede: e quale sarà il prossimo passo? Presto e detto: torna in tour con i Jet. E non oso immaginare cosa potrà essere. Perché se con la “Milano ElettricaNic tira fuori il soul, la tecnica, il groove, e ti spettina, la domanda è “e con i Jet che mi combina?”. La risposta è che Nic probabilmente vuole far ricrescere i capelli ai pelati, lisciarli ai ricci e ingravidare donne con la sola voce. A momenti ingravidava anche me.

Perché alla fine il grande artista da’ il meglio di se in qualsiasi situazione. E a Nic Cester non interessa se suona da solo, in acustico, in elettrico, al mare. Nic Cester ha una voce che può essere definita in tanti modi, ma che per me ha solo un commento possibile: “infinita”.
Per cui buttate dalla finestra tutti i cd che vi siete sentiti ora. Ritornate ad essere orgogliosi di una Italia musicale che esiste ed è viva. Prendetevi “Sugar Rush” e godetene tutti. Questo è il vostro Nic Cester quotidiano, e sentitelo in memoria di quello che vi ho detto.
Vi salverà dai vostri peccati musicali.
Buon Nic Cester a tutti.

 

Report e Foto: Matteo Madafferi

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