The National @Auditorium (06/2013)

Empatia live per un concerto entusiasmante

Ci sono quei cinque giorni al mese (in linea di massima) nella vita di una donna, in cui si possono fare cose pazze. Si può improvvisare una ruota in leggins bianchi che neanche Carlotta di Ginnaste Vite Parallele, oppure ripulire Villa Borghese il sabato pomeriggio.
Io ho scelto di andare al concerto dei National, che si è tenuto all’Auditorium il 30 giugno, e darmi il colpo di grazia quando anche una foglia che cade mi commuove.
La cavea è piena di gente per un gruppo che nel 2005 aveva suonato davanti a una trentina di persone allo Zoobar –come ci tiene a precisare lo stesso Matt Berninger con ironia- mentre stavolta ha registrato il sold-out. Riconosco alcune facce, altre le evito accuratamente, la serata è fresca e io mi preparo ad ascoltare quello che sarà un grandissimo live.
Sì perché i National hanno regalato due ore di concerto a un pubblico sempre più coinvolto dalla performance della band di Brooklyn (ma originaria dell’Ohio), che ha saputo letteralmente trascinare i presenti in uno show come il rock comanda.
Le prime tre canzoni –tra cui “Don’t Swallow the Cap”– sono risultate di assestamento, quasi a voler testare l’atmosfera romana fino a quel momento placida e composta sui sedili della cavea. Ma da “Blodbuzz Ohio” ci siamo ritrovati in quello che dovrebbe succedere a un concerto: il panico.
Matt Berninger è un frontman a tutti gli effetti, dà profondità a canzoni come “Demons” con la sua voce baritonale, fa calare le brache a una “I Need My Girl“ ..da rasoiate sui polsi e urla “My mind’s not right…” su “Abel” buttandosi davanti alla cassa. Beve vino direttamente dalla bottiglia, scherza con le prime file, si raccoglieattorno al microfono in alcuni momenti, mentre in altri si lascia completamente andare alla folla ormai impazzita.
Verso la fine del concerto cammina tra il pubblico e cerca di raggiungere le tribune arrampicandosi sotto gli occhi della sicurezza ormai rassegnata all’incontenibilità del cantante. Guardo affascinata un tizio dello staff allungare il cavo del microfono come se stesse facendo volare un’aquilone, mentre Matt ormai viene toccato come l’acquasantiera di San Pietro da chiunque abbia avuto la fortuna di trovarselo davanti. Non da meno sono stati i gemelli Dessner, che si sono alternati nell’avvicinarsi alla platea come certi guitar hero nell’immaginario del rock. Nel complesso ogni componente dei National ha contribuito a costruire una gran serata, di quelle che non si dimenticano facilmente.
Il gruppo si è presentato in sette, i cinque membri fissi più due ai fiati, per un totale di 24 canzoni e due ore di live in un crescendo esponenziale di emozioni.

Il repertorio ha attinto a piene mani nell’ultimo “Trouble Will Find Me“ e dai precedente “High Violet” e “Boxer“, con qualche incursione nell’album “Alligator“ (la già citata “Abel“ e “Baby, We’ll Be Fine“) e nell’EP “Cherry Tree” (una bellissima “About Today“).
Non essendo una purista del suono né una fanatica dei tecnicismi, mi limito a dire che alcuni dei commenti che ho letto in giro lasciano il tempo che trovano. Forse Matt ha preso qualche stecca sulle tonalità più alte, forse il rullante non si è sentito come su disco (ma va?!), forse se mio nonno aveva tre palle era un flipper.
Fatto sta che era da tempo che non assistevo a un’esibizione di questo tipo, in cui si è creata empatia con la band, in cui le emozioni sono arrivate a secchiate da questi “ragazzi” dell’Ohio che erano evidentemente felici di essere lì e sono stati ripagati generosamente da un pubblico entusiasta. Poi il resto lo lascio ai tuttologi, a quelli che cercano il pelo nell’uovo, mentre noi “sempliciotti” l’uovo ce lo mangiamo di gusto.
Il concerto si è chiuso con una “Vanderlyle Crybaby Geeks” versione acustica, i membri della band hanno abbandonato le loro postazioni per avvicinarsi alle prime file nel momento forse più intimo della serata. Matt Berninger ha puntato il microfono verso il pubblico e gli ha affidato le parole. La cavea si è riempito di un coromorbido e partecipato.
I National se ne vanno, seguiti da un lungo e meritatissimo applauso.

Agnese Iannone

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