Manuel Agnelli-Rodrigo D’Erasmo-Xabier Iriondo @Villa Ada (Roma) -07/2015

Tra letteratura, (storia) e classici degli Afterhours, tra atmosfere teatrali e live atipici: i tre spiazzano ogni orizzonte d'attesa del pubblico

Gli Afterhours non hanno di certo bisogno di presentazione. Torno a sentirli dopo un anno esatto, il giorno del mio compleanno, con la puntualità di chi sa che questa volta sarà diverso: la formazione è ridotta, Agnelli-D’Erasmo-Iriondo, la cornice è quella bucolica di Villa Ada.

Il concerto non è un concerto. Si accendono le luci del palco intorno alle 22.30, la chitarra di Xabier e il violino di Rodrigo accompagnano la voce di Manuel che legge magistralmente “Moloch” dall’ “Urlo” di Allen Ginsberg.

«Moloch il cui amore è infinito olio e pietra! Moloch la cui anima è elettricità e banche! Moloch la cui povertà è lo spettro del genio! Moloch il cui destino è una nuvola di idrogeno asessuato! Moloch il cui nome è la Mente! Moloch nel quale siedo solitario! Moloch nel quale sogno Angeli! Pazzia nel Moloch! Bocchinaro nel Moloch! Senzamore e senzauomo nel Moloch! Moloch che è penetrato presto nella mia anima! Moloch nel quale sono coscienza senza corpo! Moloch che mi ha terrorizzato via dalla mia estasi naturale! Moloch che io abbandono! Svegliati Moloch! Luce che urla dal
cielo!».

Sulla scia dell’eco delle urla di queste parole, vengono riproposti i più grandi successi della band, per la gioia di quei veterani che erano lì per un concerto rock ‘n’ roll ballereccio in pieno stile Afterhours: da “Ballata per la mia piccola iena” a “Non è per sempre“, da “Male di miele” a “Bianca“, da “Strategie” a “Bye bye Bombay“, da “Padania” a “Voglio una pelle splendida“.
La differenza la fanno gli intermezzi tra un pezzo e l’altro: le note di Chopin e di Bach, la lettura, sempre emozionante, di “Odio gli indifferenti” di Gramsci e la toccante recitazione di un brano tratto da “L’agenda rossa” di Salvatore Borsellino, che ripercorre gli istanti precedenti e successivi la strage di via D’Amelio, s’inseriscono in un’atmosfera teatrale. Il silenzio durante le letture sonorizzate e gli intermezzi musicali è quasi imbarazzante: «Grazie, non era mai successo», così le parole quasi commesse di Manuel accompagnano lo spegnersi delle luci e il battere delle mani di un pubblico sorpreso e riconoscente.

 

Torno a casa con in tasca le parole di Gramsci, che conosco ormai a memoria:

«Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? […] Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti».

Parteggiare è anche questo: è mettersi in gioco, proponendo uno spettacolo atipico per un luogo come Villa Ada; è spiazzare l’orizzonte d’attesa del pubblico; è risvegliare le coscienze con il solo suono di un violino o di una chitarra che accompagna la lettura commossa di una delle pagine più belle della nostra letteratura o di una delle pagine di scure della nostra storia.
Ci sono molti modi e questo mi sembra senz’altro uno dei migliori.

 

Veronica Della Vecchia

Foto: Sofia Bucci

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