L’uomo che sfidò il Diavolo

Le memorabili gesta di James Cleveland "Jesse" Owens contro ogni insana ideologia

Contro il pregiudizio, contro l’immoralità, contro la discriminazione; la sconfitta di un ideale e di una percezione distorta della realtà; 100 metri per palesare al mondo che non esistono diversità ma solo pensieri diversi.

Erano gli anni ’30, più precisamente il 25 Maggio del 1935, quando un ragazzo di ventun anni originario dello stato dell’Alabama, riuscì a stabilire in soli 45 minuti, al Big Ten meet (manifestazione di atletica tra i più famosi college americani) di Ann Arbor nel Michigan, ben quattro record mondiali: lui era James Cleveland Owens.

Jesse Owens un anno più tardi mostrerà a tutto il mondo che l’atletica può diventare un efficace mezzo di comunicazione, evidenziando tramite il gesto tecnico che non esistono disuguaglianze o difformità ma che può al massimo risaltare un divario tecnico tra atleti; con quelle vittorie ferì nel profondo quell’orgoglio antisemita impregnato di pregiudizi che avrebbe devastato pochi anni dopo milioni di vite.

Nella finale del salto in lungo a Berlino il 4 Agosto 1936, la seconda delle quattro disputate e vinte dal campione americano in quell’XI edizione dei Giochi Olimpici, davanti ai massimi esponenti del terzo Reich ed in particolare dinanzi agli occhi del Führer A. Hitler, Jesse stupì il mondo con il suo 8.06m, battendo sia il tedesco Luz Long, sia il disprezzo verso ildiverso“, marcando a fuoco con quel gesto di sfida quell’ideologia xenofoba che poggiava su scricchiolanti fondamenta, quest’ultime tanto pazze quanto innaturali.

Alla premiazione, gli occhi del fenomeno nero scrutavano il più grande carnefice della storia del ‘900, e l’animo di Owens era consapevole di aver inferto una ferita non rimarginabile al tanto esaltato mito della razza ariana.

Il velocista americano, nella storia dell’atletica leggera, fu l’unico insieme al connazionale Carl Lewis (Olimpiadi di Los Angeles ’84), ad aver vinto quattro medaglie d’oro nella stessa manifestazione olimpica.

Una racconto sportivo dal sapore antico che sembra esser lontano anni luce dal mondo attuale, ma che risulta tremendamente contemporaneo più di quello che riusciamo ad immaginare.

La storia si ripete e allora a me piace credere e immaginare che ci saranno negli anni avvenire degli interpreti sportivi, i quali dovranno dimostrare ad un’umanità scossa come quella del periodo della grande depressione (anni ’20 e ’30) che non esistono ineguaglianze tra razze, culture e popoli; atleti capaci di trasmettere attraverso un sorriso, come quello di Jesse dopo la vittoria dei 100 metri piani, il puro spirito agonistico rispondendo ad un sistema ottuso fondato su ideologie intolleranti e distruttive.

In fin dei conti siamo stati creati tutti con ossa, sangue e cuore.

Andrea Della Momma

 

Jesse Owens v/s Hitler

Finale salto in lungo

Finale 100 metri piani

 

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5 Comments

  • perché nello sport si è uomini…punto!!! al di là delle menate del cavolo! un uomo, un eroe suo malgrado perché di fronte la pazzia di un inetto!

  • personaggio meraviglioso per semplicita’ e coraggio. un esempio per tutti. bellissimo articolo …. come sempre uki sta avanti a tutti, solo oggi ne e’ uscito il film …. andro’ a vederlo, grazie a Della Momma …

  • non ho ancora visto il film,ma da queste righe si capisce che ne vale la pena onorarlo …
    In fin dei conti siamo stati creati tutti con ossa, sangue e cuore. …. come dice A.della Momma , era solo spirito agonistico, i folli invece ne facevano delle barbarie . un esempio indelebile

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