Luca Carocci – “Missili e Somari” Release Party [Live report]

“Chi trova un amico trova un tesoro”: così Luca Carocci ha deciso di chiudere il live che presenta il suo ultimo lavoro ‘Missili e Somari’ al Lanificio 159 dopo una vera e propria festa

La serata si apre con la forza e la delicatezza folk di The Castaway (Luca Frugoni), scelto dallo stesso Carocci che, casualmente, lo aveva incontrato solo una settimana prima sullo stesso palco. Un amore a prima vista che fa breccia fin da subito anche nel cuore dei presenti creando un naturale silenzio e belle sensazioni. Al clima creato si lega perfettamente la proiezione in anteprima del video di “Passo dopo passo”, singolo che vede la collaborazione di Luca Carocci, Margherita Vicario e Bianco, tre voci che in video diventano di tutti e passi di un bambino. Il video sembra preannunciare l’andamento dell’intero concerto, la cui principale parola d’ordine è “vita”, nel senso più semplice del termine. Del resto non si può negare che lo stesso Carocci abbia dato assoluta centralità a questo termine durante il suo percorso, impiegando circa 15 anni per rilasciare il suo primo progetto musicale “Giovani Eroi”, dopo numerosi viaggi alla ricerca della musica, di storie e, appunto, di vita da raccontare.

luca-carocci-internaInizia il live. La sala del Lanificio 159 è gremita, e il pubblico attento divora ogni parola e nota. Il palco vede nel corso della serata la partecipazione di un gran numero di ospiti (pardon, amici!), il che crea un’atmosfera incredibilmente familiare in cui più che un conoscersi c’è la continua sensazione di ritrovarsi. Finalmente ci viene svelato il mistero del nome “Missili e Somari“: si tratta infatti della differenza tra Colleferro e Artena (la seconda è la città natale di Luca Carocci), due paesi confinanti della provincia di Roma. Il primo è infatti ricordato quale famoso insediamento per l’industria bellica italiana nel 1912, mentre Artena è conosciuta soprattutto per le sue aree pedonali, fra le più ampie d’Europa, che è possibile percorrere solo a piedi o con il mulo.
Ci è chiaro dunque come questo disco venga presentato: una fetta importante della propria storia personale regalata a un pubblico amico in un mondo che è un paese, di quelli piccoli, con la condivisa passione del più semplice sentimento del piacevole stare insieme.
La festa continua, non delude le aspettative e anzi, pezzo dopo pezzo riesce a stupirci. Più artisti salgono sul palco e più ci si sente a casa: ogni ospite è come il membro di una famiglia unica, le cui differenze si mescolano creando mix nient’affatto improbabili, anzi, equilibrati e tesi ad esaltare i pregi di ognuno. Si alza dal pubblico un «Grazie Luca!» a testimoniare come questa serata si mostri sempre più come un dono al cantautorato italiano di qualità, celebrando i caratteri positivi dell’appartenenza ad un contesto ristretto solo geograficamente, e aprendo i battenti e il cuore a un pubblico pronto ad accogliere ogni prezioso dettaglio della performance. Dimentichiamo per un po’ la musica come destinazione dritta alle orecchie, questa racconta la fame di vita, le esperienze, emozioni comprese, e non perde occasione di accarezzarti, avvolgendoti come un piumone. Quella di Luca Carocci è una lettera scritta a mano ad un amico di penna con il contributo di tutti i presenti, sopra, dietro e sotto il palco. Tra battute, risate, scalette violate, suscita ilarità l’osservazione di Filippo Gatti che definisce i live di Carocci «Una Woodstock annuale»: il canto corale di un’unica bella canzone, senza distinzioni, in cui i percorsi individuali sono legati da un unico filo rosso che non può avere altro colore se non questo, di una passione condivisa.
Pezzo dopo pezzo il clima si scalda, le risate si fanno più leggere e si arriva alla parte finale del concerto, con l’esecuzione di grandi classici. Si succedono così cover corali di “Oh Yoko!” di John Lennon, “Knocking On Heaven’s Door” di Bob Dylan (Francesco Forni precisa ironicamente che la versione eseguita è quella “originale dei Guns ‘N Roses”), un omaggio ai Beatles con “I’ve Just Seen a Face”. A chiudere, il bel finale inaspettato con “Sexual Healing” di Marvin Gaye, durante il quale vengono salutati ad uno ad uno tutti gli amici che hanno accompagnato Luca Carocci durante il live. Non possiamo esimerci dal citarli tutti, anche rischiando un fastidioso e lungo elenco: Filippo Gatti, Roberto Angelini, Francesco Forni, Ilaria Graziano, Carmine Iuvone, Fabrizio Fratepietro, Stefano Scarfone, Margherita Vicario, Valeria Ehrenheim, Fabio Rondanini, Grabriele Lazzarotti, Daniele Anede, Claudio Gnut, Marco Fabi, Emanuele Colandrea Alessandroni, Emanuele Galoni, Erica Mou, Francesco Fiore, Matilda De Angelis e Davide Combusti.

 

Torniamo così alla frase con cui abbiamo aperto questo report: quelle parole che alcuni definirebbero banali e che invece al meglio racchiudono la semplicità popolare, proprio quella cifra che più ci piace di Luca Carocci. Il suo essere viaggiatore e cittadino del mondo, capace di accompagnarci con la sua musica lungo le proprie esperienze ed esplorazioni, facendo attenzione a farci sentire sempre in famiglia, nel calore di casa.

Luca Carocci mi ha fatto sentire abbastanza a casa da scegliere di concludere questo articolo in prima persona, come non ho mai fatto. Sicura di farlo a nome di molti presenti in quella sala, mi unisco al «Grazie Luca!». È stato bello.

 

Arianna Franzolini

Foto: Sofia Bucci

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