Il Leone e la “Palma”

Il cult che rivoluzionò la storia del cinema è tornato restaurato al Festival di Cannes, e poi nelle sale. Ramon Rojo potrà ormai morire sputando sangue...

Un cult del 1964, torna sul grande schermo.

In occasione dei 50 anni dall’uscita nelle sale di “Per un Pugno di Dollari“,  il direttore del Festival di Cannes, Thierry Frémaux, ha organizzato la proiezione del film a chiusura della kermesse cinematografica da poco conclusosi.

E chi, se non il regista Quentin Tarantino poteva essere il padrino dell’evento? Una scelta scontata, visto che il regista di “Pulp Fiction” considera Leone una delle sue principali fonti d’ispirazione e non ha mai fatto mistero di essere un grande fan del nostro cinema di genere, in particolare dello spaghetti western.

Quentin è un vero showman; su Sergio Leone si esprime come davanti ad una divinità: «Leone (che pronuncia ‘lioni’) ha inventato il cinema di genere action, che è proprio nato con “Un pugno di dollari”. Per questo non potevo mancare, è come il compleanno di un membro della mia famiglia, l’anniversario di una rivoluzione». «Leone ha fatto con il cinema d’azione un po’ quello che io ho fatto con i polizieschi… è riuscito ad esprimere un cambiamento che era nell’aria. Come a me è capitata la fortuna di essere uno dei primi a fare film che erano una reazione alla repressione del cinema degli anni Ottanta, dove tutti i personaggi dovevano essere amabili e se c’era un cattivo doveva assolutamente redimersi entro l’ultimo quarto d’ora del film».

 

Il film fu girato esattamente mezzo secolo fa con una coproduzione tra Italia, Spagna e Germania dell’Ovest,  e impreziosito dalla memorabile Colonna Sonora di Ennio Morricone, dove la musica non è soltanto uno strumento di sottofondo, descrittivo, ma un elemento chiave, protagonista, al punto che il film fu montato seguendo la musica, una decisione mai presa fino a quel momento in sala di montaggio, tranne che in rarissime circostanze come in “Infedelmente Tua” del ’48.

Per Leone girare questo primo western fu un sogno realizzato: «Quando cominciai il mio primo western –spiegò il regista nel 1964– dovetti trovare in me stesso una ragione psicologica, perché non avevo mai vissuto in quel tipo di ambiente. E un pensiero mi venne spontaneo: era come se fossi il burattinaio dei pupi siciliani, i loro spettacoli erano leggendari ma anche storici. Se l’abilità del burattinaio consisteva nel dare a ogni personaggio una connotazione ulteriore relativa al paese specifico che i “pupi” stavano visitando, io come cineasta dovevo creare una favola per adulti, una fiaba per ragazzi cresciuti; e il mio rapporto col cinema era quello di un burattinaio con i suoi burattini».

 

Il film rivoluzionò la storia del cinema e lanciò l’icona western di Clint Eastwood.

Clint Eastwood è stato la disperazione di Sergio Leone. Quando se lo ritrovò davanti fu sconvolto. «Ha un viso d’angelo, è inespressivo, anzi ha due espressioni: una col cappello e una senza. Non è adatto per il mio Joe». Il regista avrebbe voluto Henry Fonda, che però fu “blindato” dal suo agente (disse: «Una cosa del genere non la farebbe mai»).

Una volta digerita l’assenza di Henry Fonda, con quel giovane biondo sul set, il regista creò una leggenda del cinema con un semplice accorgimento: il sigaro, inseparabile compagno di Joe. «Proprio così (racconta Pier Giorgio Palladino, nipote di Giorgio Papi, produttore, per la Jolly Film, insieme ad Arrigo Colombo nel 1964) questi almeno sono i racconti di mio nonno ascoltando i quali sono cresciuto. Eastwood negli Stati Uniti faceva cose per la televisione, in quegli anni stava girando una serie, “Rawhide”, ma era sconosciuto. E l’impatto di Leone con l’attore fu negativo, ma poi le cose cambiarono. Tu non parlare, basta che hai il sigaro in bocca».

Così è nato il mito.

 

Altro eccezionale attore del film è Gian Maria Volontè che durante le riprese così si espresse: «Sto facendo un filmetto in fretta e furia per pagare i debiti del “Vicario” (pièce teatrale da lui prodotta e interpretata finita sul lastrico); figuratevi che è un western italiano, e si intitola “Per un Pugno di Dollari”. Lo faccio veramente per un pugno di dollari, ma certo non può nuocere alla mia carriera. Mi hanno conciato come un matto, sono irriconoscibile, e nei titoli di testa avrò persino uno pseudonimo americano, John Wells. Insomma, non corro alcun rischio. Chi volete che vada a vederlo?».

Il budget totale era di circa 100 milioni.

 

Dopo un’apparizione senza grande fortuna al Festival del Cinema di Sorrento, la pellicola è all’Excelsior, una vecchia sala nel centro di Firenze. È fine agosto e alle prime proiezioni l’Excelsior rimane quasi vuoto. Qui comincia una leggenda; una versione della storia, come raccontata in parte dallo stesso Leone, fa riferimento al “passaparola” che, dopo il primo weekend deludente, pian piano fa riempire la sala, tanto da tenere il film per sei mesi consecutivi. Da quel momento il successo di “Per un Pugno di Dollari” è stato inarrestabile. Tanto da arrivare al Festival di Cannes come grande evento di chiusura nel 2014, cinquant’anni dopo.

 

Il negativo originale Techniscope è stato digitalizzato e restaurato con una risoluzione 4K,  restaurata dalla Cineteca di Bologna insieme alla Unidis Jolly Film, l’Hollywood Foreign Press Association e la The Film Foundation di Martin Scorsese, con il direttore della fotografia Ennio Guarneri supervisore del restauro, che ha consentito di riportare i colori alla loro versione originale. Anche le musiche sono state rimasterizzate, seguendo le indicazioni dello stesso Ennio Morricone.

A Cannes sono stati proiettati anche gli altri due film della “Trilogia del dollaro” (sempre restaurati dal Laboratorio l’immagine ritrovata): “Per qualche Dollaro in Più” del 1965 e “Il Buono, il Brutto e il Cattivo” del 1966.

Da giugno, per almeno sei settimane, la Trilogia del dollaro di Leone, nella nuova versione restaurata, tornerà anche nelle sale italiane.

 

..E adesso Ramon Rojo può morire sputando sangue.

 Katia Valentini

 

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