L’elettricità al potere: intervista ai Winona

Un nuovo disco dal rock scarno e schietto al servizio del messaggio: dire tutto. E dirlo subito

La band emiliana, che ha da poco pubblicato per Seahorse Recordings il suo esordio “Fulmine”, non ama particolarmente fronzoli e orpelli. Abbiamo però fatto un’interessante chiacchierata con loro..

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Ciao ragazzi! Ci raccontate come vi siete conosciuti, le tappe fondamentali che hanno portato la band dove è oggi, cioè alla pubblicazione del suo full-lenght d’esordio “Fulmine”?

Ciao! Ci siamo formati per divertimento, per sperimentazione personale; era, in una maniera o in un’altra, una “prima volta” per ognuno di noi: Mors (cantante) si trovava ad essere frontman, Marcus ad imbracciare un basso e Frank passava dalla chitarra alla batteria. Siamo cresciuti insieme a livello musicale e man mano che imparavamo a suonare, miglioravamo anche nell’esprimerci artisticamente. La band è diventata per noi sempre più importante parallelamente alla risposta sempre crescente del pubblico, che sta dimostrando sempre più di capirci. Tutto ciò ci ha portato a “Fulmine”, la nostra creatura, il nostro messaggio.

 

Perchè il nome “Winona”?

In origine avevamo deciso di chiamarci  “Wine in the Afternoon”, come una famosa canzone dei Franz Ferdinand. “Wine”  è diventato “Wino”, come il tatuaggio di Johnny Depp “ Wino Forever”, dovuto alla rottura della sua relazione con Winona Ryder. Da li il passo è stato semplice: Wine-Wino e infine Winona, togliendo “in the afternoon” troppo inglese per una band decisa a cantare in italiano ed essere il più diretta possibile.

 

Sapete, mi sembrate una band molto poco populista/cercatrice di consensi. Cosa state cercando in realtà? (Se non ve ne siete accorti questa è una domanda profonda..).

Ti posso dire con certezza cosa non cerchiamo, cioè piacere ad ogni costo. Non ci piace l’anti-etica del “mi piace”, non vogliamo essere diversi da quello che siamo solo per essere graditi, altrimenti che merito ci sarebbe? Quando abbiamo scritto il disco, non avevamo né etichetta né altro alle spalle. Ci siamo detti: “In questo disco, ci siamo noi e noi soltanto. O piaceremo per quello che il disco è (e di conseguenza noi per quello che siamo), oppure niente”. Il prodotto era fatto e finito, non c’erano vie alternative: abbiamo dovuto essere noi stessi ad ogni costo.

 

Con “Fulmine” stiamo parlando di un disco che forse definire rock è riduttivo. Un po’ di anni 90 e tanto alternative rock contemporaneo… però ho letto che i vostri ascolti sono molto trasversali..

Esattamente. Lo si può definire alternative, termine che vuol dire tutto e niente. Sicuramente rock, vada per gli anni ’90 anche, ma… la verità è che abbiamo gusti molto diversi, raramente ci è capitato di andare a vedere lo stesso artista/band tutti insieme. In sala prove le nostre influenze si mescolano e su un giro di accordi proposto iniziano a “litigare” fra loro, ognuno vuol dire la sua, ognuno crede sia meglio questo invece che quello, questo riff no.. metti lo stacco.. ecc… Quando troviamo il giusto compromesso.. li nasce una nostra canzone, quando tutti e tre siamo soddisfatti e felici nel suonarla allora sappiamo che la direzione è quella giusta.

 

A proposito del singolo Lazzaro, invece? Ci parlate di questo brano? A parte le mirabolanti imprese di Gesù?

Quella è una canzone che ho scritto in una situazione molto personale e con la quale non voglio annoiarti. Ma rileggendo le parole dopo mesi e mesi, anzi direi anni (Lazzaro è il primo brano che abbiamo scritto per “Fulmine”, ho portato agli altri testo e melodia di ritorno dal mio annetto all’estero nel luglio 2012), mi sono ritrovato di fronte ad una canzone forte, un inno alla vita, alla ricomposizione che segue la naturale decomposizione di ogni cosa, dal regno biologico al mondo sociale. Vita che può essere dolorosa, ma non meno degna di essere vissuta, anzi… questa canzone racchiude in sé la forza di rimettere insieme i pezzi di tutte le cose che si sono rotte, anche a costo di compiere un’operazione sofferta.

 

È un argomento sempre molto dibattuto che riguarda da anni la musica italiana, cioè quale lingua usare per esprimersi. Avete sempre e solo pensato in italiano oppure avete contemplato anche l’inglese?

Mors (cantante ed autore di tutti i testi) era inizialmente abituato a scrivere e cantare in inglese, venendo da una band di stampo british-rock, ma noi volevamo raccontare e raccontarci nella maniera più schietta possibile; l’italiano era il mezzo più indicato per arrivare in profondità al nostro pubblico. Non puntiamo ad essere rockstar, a riempire palchi in giro per il mondo: non solamente ci sembra presuntuoso, ma neppure desiderabile. Preferiamo cercare di colpire nel profondo una piccola fetta, essere radicati a un territorio, inserirci in un contesto per contribuire alla sua crescita: mi sto riferendo alla nostra scena nazionale, che credo abbia sempre bisogno –in questo momento forse più che mai– di sangue giovane, di idee, di freschezza.

 

Notavamo che, nonostante la giovane età, siete piuttosto moderati nell’utilizzo dei social network. Secondo voi ci stiamo pian piano allontanando verso un’altra direzione o rimangono una parte fondamentale del percorso promozionale di una band?

Moderati? Dobbiamo metterci le sveglia per ricordarci di fare un post su Fb! Nonostante la nostra pigrizia sociale, “l’altra direzione” non è visibile all’orizzonte: il fruitore moderno di musica underground dai 14 ai 35 (e oltre) anni sta davanti ad un monitor tutto il giorno per poi, la sera, uscire ed eventualmente assistere ad un concerto; se non li si bombarda durante il giorno da quell’unico veicolo diurno, si rischia di andare in bianco… anche musicalmente!

 

C’è un’artista tra i tanti con cui vi piacerebbe collaborare in futuro?

Assolutamente su tutti, e questo l’ho già detto, Nicola Manzan. È un grandissimo musicista, poli-strumentista, e ha suonato praticamente con tutti in Italia. Uno spaccato vivente della musica del nostro paese. Per quanto riguarda le band, mi piacciono molto le Altre di B; sono affini a noi per molti versi, e come noi sono sempre lì sul filo, in sospensione tra l’underground e certe soluzioni che si adatterebbero ad un pubblico più ampio. Mi piacerebbe molto, ad esempio, poter fare uno split con loro; è una cosa che nel nostro ambiente non gira molto, ma l’ho sempre trovato un modo di lavorare affascinante.

 

Avete concluso il disco in un modo che definirei velato, con due brani da un certa coralità. Come mai questa scelta?

Beh, “Una nuova canzone” è un brano che ci portiamo dietro da un sacco di tempo, e un po’ per affetto, un po’ per il suo messaggio, doveva per forza avere una posizione privilegiata: parla del fatto che si vive tanto, si ride tanto, si soffre tanto, e alla fine i ricordi sbiadiscono, la gente si dimentica e ti rimane soltanto una canzone nuova che prenderà vita a sé rispetto agli eventi che l’hanno originata, quasi non ti ricorderai neanche più quando, come e perché l’hai scritta. La musica ha una vita a sé stante. Doveva essere lì in fondo al disco, l’ascoltatore doveva implicitamente estendere il discorso della canzone al disco intero: scurdammuce u’ passato, quel che è stato è stato, ora godiamoci l’album. “La chiave” invece è stata scritta appositamente come finale. È una chiave concettuale –perché dovrebbe spiegare un po’ il senso di “Fulmine”- ma è anche una chiave in senso letterale: bisogna legare una chiave ad un aquilone per attirare un fulmine, come faceva il buon vecchio Benjamin Franklin. Ci piaceva l’idea dell’happy ending, dello scioglimento felice dopo tutta quella tensione, e dopo tutta quella cupezza… Volevamo andarcene dall’orecchio dell’ascoltatore con un sorriso, perché non direi che la sola aggressività sia sufficiente per definirci; oltre questo, c’è anche tanta allegria scanzonata, nella vita quotidiana non riusciamo e non vogliamo prenderci troppo sul serio. Perciò, dopo tutto il viaggio verso cui ti porta il disco, c’è l’approdo in un porto sicuro. Il fulmine ha colpito, con l’elettricità siamo riusciti a raccontare la nostra storia, le nostre paure sono esorcizzate attraverso la musica. Quindi perché non andarcene con un bel coro?

 

Il film preferito dei Winona con Winona Rider? A proposito, fossi in voi uno special guest nel prossimo disco glielo proporrei, anche solo in una clip..

Quello in cui si fa beccare a borseggiare in un centro commerciale!

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