Kanun: la vendetta di sangue

In Albania la vendetta è legittimata con uccisioni nel nome del Kanun (la legge tradizionale). E oggi si spara anche sulle donne...

Nel corso dei secoli, in alcune zone montuose dell’Albania, è venuto creandosi un codice di leggi consuetudinarie, che prende il nome di Kanun o Kanuni, dal greco “κανών”, che vuol dire canone. Esso regolava la vita sociale e culturale della popolazione, in particolare: la famiglia, il matrimonio, la proprietà privata, il lavoro, il giuramento, il risarcimento dei danni, i privilegi, il codice giudiziario degli anziani, l’onore, la vendetta di sangue, il perdono.

 

Le esatte origini del Kanun sono tuttora poco chiare, visto che la totalità dei comportamenti descritti erano già presenti negli albanesi del medioevo se non prima. In forma scritta invece, lo si trova per la prima volta nel XV secolo, formatosi sull’iniziativa di Leke Dukagjini, un condottiero albanese del Medioevo che combatté contro L’Impero Ottomano. Nonostante questa prima compilazione, il Kanun ha continuato ad essere trasmesso principalmente per via orale (con tutte le conseguenze a ciò connesse).

Nel 1912, un frate francescano originario del Kossovo, Shtjefan Gjeòov, viaggiando per i territori abitati da albanesi, raccolse di nuovo quello che era stato tramandato. In tutto si trattava di 12 libri scritti nel dialetto ghego della lingua albanese e pubblicato postumo nel 1933. Recepito dalla legislazione del Regno d’Albania nel 1928 cadde in disuso durante il regime comunista di Enver Hoxha che tuttavia non riuscì ad eliminarlo definitivamente. Attualmente non più in vigore se ne riscontra tuttavia l’influenza nelle zone settentrionali del paese, e con il crollo del comunismo si è assistito ad una recrudescenza delle vendette codificate dal Kanun.

Due sono gli aspetti di questo codice che mi hanno incuriosita e spinta a fare qualche ricerca: la “vendetta di sangue” la cosiddetta “gjakmarrje” e il fenomeno delle “vergini giurate“, le burrneshe.

In questo post cercherò di approfondire, per ora,  il tema della vendetta di sangue, e rimandare il tema delle women who become men in uno successivo.

 

Nel Libro Ottavo (l’onore), al capitolo XVII si legge: «[…] Il disonore non si vendica con compensi, ma con spargimento di sangue o con perdono generoso. Di fronte alla legge il disonorato è considerato persona morta».

Ed ancora, nel Libro Decimo (delitti infamanti), art.125: «[…] Il Codice posteriore abbraccia nella legge della vendetta o del taglione, tutti i maschi della famiglia dell’omicida, anche se sono in fasce, i cugini ed i nipoti più prossimi, ancorché divisi, possono incorrere nella vendetta entro le prime 24 ore dall’avvenuta uccisione».

 

Secondo l’Associazione della Conciliazione del Sangue, nella zona di Scutari sarebbero ormai 700 le famiglie rinchiuse in casa per motivi legati alla vendetta. Tra questi vi sarebbero più di 120 bambini.

Secondo Ismet Elezi, docente di Kanun presso la Facoltà di Legge di Tirana, negli anni di transizione (la stessa società albanese parla ancora di “transizione democratica” per definire il momento storico in cui si trova il loro paese) il codice è sopravvissuto a causa della mancanza dello Stato del Diritto. Il professore afferma inoltre che il vecchio codice tradizionale ha subito delle deformazioni. Un caso tipico è la storia della famiglia Doçi, costretta a chiudersi in casa per motivi di racket.

 

Nel tempo le norme del Kanun sono state sempre più stravolte a seconda dei sistemi socio-politici che si sono succeduti. Per rispondere alle lacune dello Stato relative all’esercizio delle sue funzioni pubbliche si è sviluppata nella società una visione distorta del Kanun.

Le disposizioni del Kanun sono infatti oggigiorno sopravvissute in forma degenerata e in pratica si traducono nell’uso della giustizia privata.

Un conflitto interpersonale causato dalle più diverse motivazioni (es. confini di proprietà, incidenti stradali, ecc…) può esasperarsi fino al punto di spingere le parti coinvolte a ricorrere all’omicidio. La conseguente “gjakmarrje“, che letteralmente significa “presa del sangue”, implica l’insorgere di cicli di vendette che mettono a rischio la vita di praticamente tutti i membri delle famiglie di coloro il cui onore è stato offeso.

 

Le conseguenze negative del fenomeno della vendetta di sangue sono evidenti sia per le famiglie che aspettano di subire la vendetta sia per coloro che devono scegliere se emettere vendetta o meno. E comprendono la mancanza di libertà di movimento che spinge i membri delle famiglie coinvolte ad autorecludersi in casa per paura di subire la vendetta; i danni economici dovuti alla disoccupazione; i danni fisici causati dal mancato accesso alle strutture mediche; i danni psicologici generati dal contesto di chiusura, paura, morte e violenza in cui gli individui coinvolti sono immersi; l’incremento del tasso di analfabetismo; i danni collaterali dovuti al fatto che spesso le armi usate coinvolgono “per errore” anche chi non ha nulla a che fare con il conflitto interfamigliare in corso.

 

Nel 2012, nelle montagne della  della regione di Scutari, una ragazza di 17 anni viene uccisa con il nonno di 70. Questa è la realtà sconcertante del Kanun di oggi. Con l’uccisione della ragazzina è stata violata una delle tante norme salde, che tutti conoscono del Kanun: «La donna è intoccabile», è addirittura sacra e se un uomo si fa accompagnare da una donna fuori dalle mura della casa, non gli si può sparare addosso, perché è con una donna e alle donne non si spara.

La diciassettenne non è tra l’altro la prima ad essere rimasta vittima del Kanun e della ferocia di chi per uccidere finisce per violare esattamente quella legge dell’autogiustizia d’altri tempi che pretende di rispettare fanaticamente.

Questo dimostra indubbiamente che chi oggi si fa così ciecamente vincolare dal Kanun ha poche idee delle norme che contiene il famoso Codice delle montagne e questo implica che la sopravvivenza del Kanun non sia solo il tramandarsi di una tradizione antica. Si tratta piuttosto dello sconcertante emergere di una giustizia fai da te.

 

Nel paese delle aquile molti concordano sul fatto che la vendetta di sangue è un fenomeno riapparso negli ultimi vent’anni, nelle zone più isolate al nord del paese. Un fenomeno provocato dal vuoto di potere che caratterizza l’Albania post-comunista e soprattutto dal sistema giudiziario estremamente lento e non affidabile.

Durante il Comunismo, il Kanun e la vendetta di sangue erano cadute in disuso, poiché la mano di ferro con cui Tirana ha trattato il nord del paese considerato arretrato e reazionario non aveva lasciato spazio alla giustizia autoorganizzata. Il Kanun, la tradizione e Lek Dukagjini non sono quindi le cause principali del problema, sono solo un suo sintomo.

 Katia Valentini

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> Seconda parte: “Kanun: la vendetta di sangue

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