Justin Wiggan: “Life Echo” tra ‘inneschi sonori’ e memoria

Al BOM è in corso la primissima mostra di "Life Echo" fino al 28 Gennaio 2017: l’esperimento rivoluzionario che opera con il suono e la memoria

Ancora un mesetto di tempo per assistere alla mostra, dal nome “Life Echo”, che si tiene al BOM (il “Birmingham Open Media” in Inghilterra). La mostra, che ha prodotto dei lavori che coinvolgono suono e memoria, è di Justin Wiggan. Questo artista, conosciuto sia a livello nazionale che mondiale, produce le sue opere utilizzando suono, fonetica, film e anche vere e proprie performance, lavorando al confine tra arte e salute. Il suo lavoro ha portato allo sviluppo di una collaborazione tra il campo di ricerca medico e le industrie creative

 

Nello specifico parliamo di un progetto/esperimento, ideato da Justin Wiggan, dopo che “Life Echo” era già stato sperimentato su dei pazienti in fin le13-436x291di vita che ricevevano cure palliative. “Life” vuol dire “vita”, mentre la parola “echo” ci richiama alla dimensione sonora.
L’artista sonoro Wiggan allora ha deciso di riprendere questo esperimento e scandagliare gli “inneschi sonori”, cioè quei suoni che riportano alla mente i ricordi che caratterizzano la vita di ogni persona.. insomma, ha riprodotto col suono quello che Proust fa con le “madeleine” (vedi “Alla ricerca del tempo perduto” – “Dalla parte di Swann”).

 

ESPERIENZE DI VITA VISSUTA

Il progetto consiste nel riprodurre unpaesaggiosonoro fatto su misura per il paziente, che riesce a stimolarne i ricordi creando consapevolezza e comunicazione, riportando alla memoria dei ricordi sopiti e dimenticati. Uno dei primi a sottoporsi all’esperimento è stato tale Gerald McCarthy, malato di cancro alla prostata. Gerald ci racconta che tre anni fa era andato in ospedale per sottoporsi a delle ecografie. Uscendo dalla struttura non stava affatto bene, in quanto la sua vita era del tutto sottosopra. Cominciò così un processo di dimenticanza, imponendosi di non ricordare.
Life Echo” è un progetto destinato ad ogni paziente: ogni paziente ha il suo Life Echo. Infatti Gerald ascoltò il suo e notò un miglioramento della sua memoria. L’ascoltare tutta una serie di suoni che avevano costituito una parte importante della sua vita ha avuto su di lui un effetto terapeutico, infatti i ricordi sono ritornati alla luce, quasi come se “qualcuno avesse alzato il volume della radio”.

 

EVOLUZIONI SONORE

Nel corso degli ultimi tre anni, cioè dall’esperienza di Gerald, Wiggan ha sottoposto all’esperimento altri pazienti per constatare quanto questa raccolta di suoni potesse incidere sulla loro salute e il loro benessere.fefcff80b3
Ultimamente ha deciso di sottoporre all’esperimento anche le persone più indifese, come i senzatetto e i carcerati. Questo al fine di constatare l’impatto di “Life Echo” sulla quotidianità.

L’esperimento assume così, come dice Wiggan, un altro nome, cioè “Life Anchor“, nel senso che attraverso il suono si vogliono riportare alla memoria ricordi felici e positivi, che potranno essere vissuti in futuro. Non più solo cura palliativa ma speranza in note, potremmo dire.

Tra i “Life Echo” e i “Life Anchor” presentati al BOM troviamo anche quelli creati durante la collaborazione col John Taylor Hospice, col Sifa (che è un rifugio per senzatetto), con la Cotterige School inglese e col Tea Project, progetto sviluppato nello Sri Lanka a favore dei bambini indifesi.

 

LA MOSTRA

La mostra è costituita da capsule immersive in cui il visitatore può entrare per immergersi nelle musiche e nelle note dei “Life Echos” dei pazienti e di tutti coloro che hanno usufruito di questo esperimento. In questo modo il visitatore potrà prendere coscienza e consapevolezza di quali sono i suoni che caratterizzano la vita di un individuo, quali possono essere quelli più significativi: un modo per aumentare l’empatia nei confronti del prossimo, per capirlo meglio, e anche un modo per essere più coscienti nel corso della propria vita.

lifeecho2La mostra presenta anche un workshop pensato appositamente per le famiglie, che si chiama “Happy Triggers“. Il pezzo forte della serata di inaugurazione è stato il Brain Tears, un cocktail appositamente pensato per l’occasione e servito dal ristorante sperimentale interno al BOM: il The Wilderness.

 

Il BOM unisce in sé arte, tecnologia e scienza. È un museo completamente dedicato a queste commistioni e riesce ad andare avanti grazie e una comunità di soci e a varie partnership. Tutti i progetti presentati hanno un valore sociale, e sono volti a mostrare la capacità trasformativa dell’arte nei campi della salute e dell’istruzione.

 

Roberto Morra

 

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