Intervista a Walter D’Alessandro, autore del thriller “Sono nato in Louisiana”

Walter D’Alessandro (Campobasso, 1967) ha lavorato in un istituto bancario italiano per diventare poi consulente di una grande banca svizzera. Decide in seguito di abbandonare definitivamente il lavoro in banca per assecondare le sue grandi passioni: creare un’azienda tutta sua e girare il mondo. Nel 2020 pubblica il suo primo romanzo “The Great Hoax – A bad american story”; del 2022 è la sua seconda opera, il thriller “Sono nato in Louisiana

  • Di cosa parla il tuo drammatico thriller ambientato a New York “Sono nato in Louisiana”?

Il romanzo parla essenzialmente delle paure che sono insite nella natura umana. Delle emozioni, dei sentimenti che ci appartengono e che a volte, quando spinti a livelli estremi, generano comportamenti difficili da interpretare e da condividere.

  • In questo thriller stravolgi gli schemi classici del genere: il lettore, infatti, conosce l’identità del colpevole dei delitti già all’inizio della storia. Quali sono stati i motivi della tua scelta, e su cosa hai preferito focalizzarti?

Si, il colpevole si presenta in un distretto di polizia per confessare. Il romanzo inizia così. Ho preferito questo schema per approfondire, poi, la vita del personaggio, che in fondo è un uomo tranquillo, un professore di storia dell’università di New York che all’improvviso si abbandona ad una follia omicida. Una volta in cella ripercorre la sua vita con i ricordi. Non ha subito abusi nel periodo infantile, non ha avuto una vita difficile. Allora cosa può aver fatto corto circuito nella sua mente? Questo lo scoprirete in un finale dai toni drammatici e sconvolgenti.

  • Anche il tuo primo romanzo, “The Great Hoax – A bad american story”, è ambientato a New York; i protagonisti sono i detective Mark Alessi e Silvio Brugger, che ritroviamo anche nella tua seconda opera, sebbene non in un ruolo primario. In entrambi i thriller si parla di ferocia umana, e di quei demoni con cui tutti combattiamo e che a volte riescono a vincere. Vuoi raccontarci qualche particolare in più della tua opera d’esordio? Consigli di leggerla prima di “Sono nato in Louisiana” o i due romanzi possono essere affrontati singolarmente?

I romanzi non sono legati tra di loro e possono essere letti nell’ordine preferito. Il primo, “The Great Hoax” è un “crime” classico, in cui avvengono una serie di omicidi, con tutti i caratteri del thriller tradizionale. Le indagini, i colpi di scena, viaggi e curiosità che abbelliscono, a mio modo di vedere, il racconto. C’è una storia d’amore che fa da sfondo e c’è il finale a sorpresa che non deve mancare in un buon thriller. Interessante dal punto di vista storico in quanto gli omicidi avvengono seguendo rituali antichi che mi hanno consentito di parlare di alcune curiosità storiche molto interessanti. Il secondo è, come detto, piuttosto un viaggio nell’animo umano, nelle paure, nei sentimenti, nelle emozioni che potenzialmente sono in grado di sconvolgere ognuno di noi. I timori che affrontiamo quotidianamente, quelli che a volte si trasformano in incubi e ci spingono su percorsi inesplorati e inimmaginabili.

  • Dalla tua opera: “Sul cupo volto di quell’uomo di mezza età c’era un’infinita malvagità, ben visibile, palpabile, stampata a caratteri cubitali”; si parla di John Reginald Powell, il chiaroscurale protagonista del tuo romanzo. Attraverso la narrazione di questa storia nera tu parli delle paure ataviche degli esseri umani, e presenti un cattivo per il quale si riesce infine a provare empatia, perché si comprendono, anche se non si giustificano, le sue azioni. È lo stesso detective Mark Alessi ad affermare: “Non manca un barlume di luce neanche nel più oscuro degli uomini”. Uno dei punti di forza della tua opera è l’approfondimento psicologico del protagonista, del quale si narrano anche episodi del suo passato, e in particolare della sua infanzia. Vuoi parlarci di lui?

Attraverso il racconto della vita di quest’uomo ho cercato di parlare di un bambino normale, lontano dallo stereotipo del killer che uccide perché ha subito violenza durante l’infanzia. John Reginald Powell è stato un bambino felice, ha vissuto nelle campagne di Baton Rouge, in Louisiana (di qui il titolo del romanzo) per poi trasferirsi a New York. Nella metropoli statunitense ha seguito i suoi studi, si è laureato ed è divenuto un brillante professore universitario. Fin qui tutto normale. Poi succede qualcosa, gli eventi si susseguono in una sorta di slavina che tutto travolge e difronte alla quale Powell si smarrisce. Non si possono giustificare gli omicidi e neanche comprenderli, ma si riesce in fondo a provare empatia perché ciò che accade al protagonista rappresenta, in realtà, un incubo che può appartenere a molti. La storia nasce proprio da lì, da una mia paura profonda e raccontarla mi ha aiutato, forse, anche un po’ ad esorcizzarla.

  • Quali sono tre buoni motivi per leggere il thriller “Sono nato in Louisiana”?

Sicuramente è una storia appassionante. Chi lo ha letto mi dice, e sono felice di questo, di non riuscire a staccarsi dalle sue pagine. Il secondo motivo potrebbe essere quello di cui alla domanda precedente, e cioè che si può tentare di esorcizzare le proprie paure, di affrontarle attraverso le pagine di un libro che potrebbe raccontare, in fondo, un po’ la vita di ognuno di noi, in cui in parte ci si può ritrovare. Ovviamente con esclusione dei fatti più drammatici che non auguro a nessuno e che, pertanto, restano pura narrazione.
Il terzo motivo è sicuramento quello di “schierarsi”. Alla fine, il romanzo chiede, in maniera implicita, è ovvio, di schierarsi. Con chi? Per cosa? Lo scoprirete…

  • So che sei un appassionato viaggiatore e che hai girato una buona parte del mondo. Quanto e in che modo i tuoi viaggi hanno inciso sulla tua scrittura, e da cosa sei stato maggiormente ispirato?

Si, amo viaggiare. In realtà, fatta eccezione per gli Stati Uniti e specificatamente New York, non parlo molto dei viaggi nei miei romanzi. Sono consapevole che quelle esperienze, avendo contribuito a formare la mia indole, il mio animo umano, finiscano indirettamente nei racconti, ma non ne rappresentano una percorso evidente. Ciò detto, non escludo che le mie esperienze in giro per il mondo possano ispirare romanzi futuri. Non sarebbe una cattiva idea.

  • Ritroveremo ancora gli acuti e umanissimi detective Mark Alessi e Silvio Brugger nel tuo prossimo romanzo? Hai già un’idea di cosa tratterà?

Al momento sono concentrato sull’ultimo romanzo “Sono nato in Louisiana” che sta andando molto bene e mi tiene abbastanza impegnato. Ancora non metto in cantiere un’altra opera anche se, non nego, di avere alcune idee che mi pacerebbe esplorare. I detectives hanno riscosso un gran successo ed accantonarli sarebbe un vero peccato. Ma, vedremo… chissà.

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