Immortalità digitale: sconfiggere la morte per la vita eterna

L'immortalità è un desiderio umano dalla notte dei tempi. Divinità senza morte furono create per rispondere a questo bisogno: oggi ci pensa la tecnologia

Un’utopia irraggiungibile, quella della vittoria sulla morte, che ora però la scienza sembra voler assicurare. Ma la vita eterna che la tecnologia promette non è quella biologica ma una forma assolutamente nuova: quella digitale.

Per il dottor Stuart Armstrong, ad esempio, ricercatore presso l’Istituto per il Futuro dell’Umanità dell’Università di Oxford, la chiave per la vita eterna è quasi nelle nostre mani: «La tecnologia oggi avanza sempre più rapidamente e ce ne rendiamo conto tutti, perché riusciamo a vivere meglio e di più. Quindi i problemi che l’immortalità digitale deve affrontare sono essenzialmente di natura ingegneristica».

L’attesa per questa rivoluzione non dovrebbe essere troppo lunga.

I teorici della singolarità tecnologica come Ray Kurzweil (diventato direttore del team di ingegneria di Google), pionieri dell’intelligenza artificiale come Marvin Minsky o neuroscienziati come Randal Koene, sono convinti che l’immortalità digitale sia non solo scientificamente fattibile, ma non lontana dal realizzarsi. La data potrebbe essere il 2045, se l’aumento della potenza di calcolo dei computer dovesse proseguire secondo la tendenza attuale.

Immaginate di poter trasferire la vostra mente dal cervello a un sistema di elaborazione artificiale in grado di riprodurne completamente le funzioni, così da lasciare intatto tutto ciò che siete, pensate, desiderate e ricordate, garantendovi una specie di surrogato dell’immortalità. Questa è l’idea alla base della teoria del mind uploading.

Secondo i teorici del mind uploading basterebbe riprodurre fedelmente l’architettura di un cervello umano. Si mappano ciascuno dei suoi circa 80 miliardi di neuroni e le centinaia di migliaia di miliardi di connessioni che li legano, e poi si fa funzionare questa rete su un sistema di calcolo abbastanza potente. Il risultato della simulazione sarebbe una mente indistinguibile da quella che “girava” sul cervello di partenza. L’India ha annunciato che entro il 2017 sarà pronto un super-computer abbastanza potente da gestire l’enorme memoria necessaria per uploadare tutti i dati presenti nella mente umana, mentre l’Istituto Allen per la Scienza del Cervello investirà 300 milioni di dollari per “craccare” il sistema di funzionamento del nostro cervello e scoprire come codifica, elabora le informazioni e poi le immagazzina. «Neanche ci renderemo conto di essere scannerizzati, caricati e sostituiti», afferma il dottor  Armstrong.

 

La creazione (gratuita) del mind file è pratica corrente su siti come CyBeRev, una compagnia americana creatrice di avatar.

CyBeRev sottopone i suoi clienti a migliaia di domande ispirate all’opera del sociologo americano William Sims Bainbridge. Lo scopo è catturare speranze, valori e attitudini chiedendo alle persone di immaginare il mondo tra cent’anni. «Si tratta di un processo lungo e laborioso», mette in guardia Lori Rhodes, fondatrice di CyBeRev. «Dedicandovi un’ora al giorno tutti i giorni, ci vogliono cinque anni per completare tutte le domande. Sapendo che più si va a fondo nelle risposte, più il mind file sarà una copia fedele della nostra mente».

Non mancano, poi, le aziende che si spingono oltre, prefigurando scenari in cui “mind file” e “bio file” si potranno riunire per generare qualcosa di molto simile a un clone biologico.

Il salto da un Io digitale che ricorda, parla e racconta ad un avatar fisico in carne e ossa appartiene ancora alla fantascienza, ma c’è chi ha già iniziato a pensarci. Generare un essere umano mettendo insieme il “bio file” e il “mind file”: è questo, in ultima analisi, l’obiettivo a lungo termine di programmi come Lifenaut.

Lifenaut consente di caricare in un archivio digitale di foto, video e documenti personali che verranno conservati per generazioni. Partendo da una foto preferibilmente inespressiva, il software la anima in modo da farla parlare, ammiccare e sbattere le ciglia. Agli utenti spetta il compito di raccontarsi attraverso test psicologici, autodescrizioni e resoconti vari, il tutto “taggando” a mo’ di Facebook luoghi, date e persone. «In questa maniera – spiegano i responsabili- si aiuta l’avatar a organizzare i suoi/nostri ricordi». È previsto anche l’inserimento di pezzi di corrispondenza, pagine di diario e contributi di amici e parenti, per far sì che l’alter ego digitale non sia soltanto il riflesso di ciò che si sarebbe voluto essere. Si tratta di inserire il back up del cervello dentro un clone generato con le proprie cellule. I più motivati possono avviare il processo fin da ora: previa la compilazione di un format, la compagnia manda a casa del cliente una boccetta di collutorio; questi, dopo averla usata, la rispedisce al mittente con un campione della sua saliva, le cui cellule vengono criopreservate in azoto liquido alla temperatura di -197 °C.

 

La morte sembra in via di estinzione, e il mondo si appresta ad essere popolato da una immensa massa di “replicanti digitali”.

 

Katia Valentini

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9 Comments

  • I politici, i finanziere e gli altri squali che stanno distruggendo il mondo vivranno così per l’eternità! .perché naturalmente questa tecnologia non sarà applicata al comune “volgo” , ma all’elite .

  • l’ intelligenza artificiale diverra’ presto un mezzo di creazione della vita. Se prima l’ uomo giocava ad essere Dio creando dei e divinità, formando schiavi e servi , oggi non si gioca piu’ per cosi’ dire… la tecnologia ci illudera’ di essere dei …. e i nostri figli prima o poi , come insegna la storia, insorgeranno !

  • come al solito tutto ciò potrebbe essere interessante e utile per l’umanità ma dell’uomo , quando ha poteri del genere nelle mani, non ci si può fidare
    Bel post. Complimenti a Katia!

  • In base all’argomento trattato penso che dovrei impegnarmi a dovere nel trovare i giusti aggettivi per commentare una scelta filosoficamente complessa e mai sperimentata prima: egoistica? avventata? immorale? contro natura? inumana? e potremmo continuare all’infinito. Se questo sarebbe uno dei tanti “mezzucci” per sconfiggere la morte, credo che questo sarebbe il più subdolo e patetico. Cosa ne faremmo di questo pianeta? un posto interamente popolato da esseri artificiali con dei back-up di cervelli di esseri umani? Oh no c’è di peggio effettivamente, non tutti potrebbero permetterselo, quindi, ne deduco, che solo i più facoltosi potrebbero accedere a una squisita possibilità di continuare a rompere le palle anche da morto, con un suo surrogato artificiale. Beh secondo me è un’idea sciocca, perchè ciò che ci rende umani e l’abitare proprio un corpo da umano e tutte le sensazioni che esso è in grado di farci provare. Sarebbe stato diverso (e forse più interessante), ad esempio, trasferire il proprio cervello in un altro corpo più giovane, allora già potremmo ragionare “umanamente”, ma un futuro dentro ad una macchina meccanica non credo che sia un futuro gradevole e auspicabile per nessuno, anche perchè, detto in soldoni, non sarai nemmeno tu ad abitare quel corpo macchina, ma una copia del tuo io, quindi sarebbe doppiamente orripilante. Una persona con un briciolo di dignità, porterebbe la propria personalità con sè nella tomba!

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