Il Vaticano verso il Harakiri

Il Vaticano non è riuscito a mettersi al passo coi tempi spregiudicati di oggi né tanto meno con la grammatica dei new media, nonostante papa Francesco

Tralasciando i contenuti della religione, possiamo senz’altro dire che dal 313 ev il Cristianesimo ha acquisito connotazioni sempre più materiali e statali. Di fatto, è palese che il Vaticano non è riuscito a mettersi al passo coi tempi spregiudicati di oggi né tanto meno con la grammatica dei new media, e questo è chiaro nonostante l’encomio e la spettacolarizzazione del Papa neoeletto… senza contare la negativa politica relazionale con l’Islamismo e l’Ebraismo. La rovina è dietro l’angolo?

 

 

Se nel regno animale e vegetale la scala di potere è determinata da differenze biologiche o di ruolo, entrambi con fine utilitaristico, nell’essere umano è definita da motivi culturali che, spesso, prendono l’aspetto di una credenza al limite del religioso con cui, sin dal passato, non solo si è cercato di trovare un motivo all’origine del fenomeno vita ma si è cercato di giustificare e avallare come intoccabili i rapporti di produzione che via via si sono venuti a costituire in seno alle società.

Detta in questi termini la questione “credenza religiosa” non può far altro che sfociare nella affermazione marxiana «le religioni altro non sono che l’oppio dei popoli», cioè uno strumento in mano alla classe egemone per sottomettere impunemente le masse ..è in parte vero, tuttavia non si può negare non solo che anche tale affermazione è a sua volta una credenza al limite del religioso, ma che, nel momento stesso in cui più individui si organizzano in un unico organismo, è necessario che vengano poste norme che regolino la convivenza (naturalmente modificabili).

Se è ipotizzare che la istituzione e creazione del monoteismo sia stato l’imposizione di un “imperialismo religioso” con cui ci si voleva contrapporre a credenze particolareggiate, frammentate e locali, tuttavia si potrebbe affermare anche che i singoli politeismi non fossero affatto più democratici del monoteismo e mirassero anche loro al predominio, strategia ben rappresentata dall’ipotetico sincretismo-liberismo della Roma imperiale che, ben lungi dall’essere illuminato, altro non era che un “divide et impera“.

 

Se osserviamo  quale sia stato il divenire del monoteismo nella storia possiamo rilevare che fu un susseguirsi di momenti in cui all’ipotetico avanzamento verso una struttura statale unificante (monoteismo) si sono alternati ritorni al passato particolarista gestito dai gruppi di potere che non avevano alcuna intenzione di rinunciare al loro predominio, spesso contrabbandato sotto la forma di monoteismo politeista.

La riforma di Akenathon, che istituiva l’idea di una divinità universale non antropomorfa, fu bloccata dal clero di Tebe che ridiede forza al politeismo, e il Giudaismo, che potrebbe essere letto come uno sviluppo della teologia akenatoniana, fu a sua volta osteggiato dalla nomenclatura collegata al Cristianesimo, che nel frattempo aveva iniziato ad entrare all’interno delle stanze del potere imperiale romano, con un politeismo dissimulato.

Sebbene nel “Tanach” vengano usati, per definire la divinità, attributi e descrizioni antropomorfe, esse avevano una funzione di comunicarne la grandiosità inimmaginabile, figura retorica che nulla ha a che fare con l’antropomorfismo politeista (le estensioni degli arti divini raggiungono cifre stratosferiche). Nel Cristianesimo, invece, adattandole alle forme pensiero del momento, sono confluite immagini e mitologie desunte dalle varie religioni misteriche orientali politeiste (p.e Cristo, come Mitra, non solo nasce da una vergine in una grotta, ma muore e rinasce negli stessi periodi dell’anno solare e la stessa presenza nella grotta del bue potrebbe essere associata alla Dea Terra Math e l’asino a Iside), il tutto senza tener poi conto dell’ipostasi della Trinità e della istituzione delle figure dei santi, che altro non sono che entità protettrici locali.

 

È in questo contesto che si potrebbe supporre che la crescente perdita dicredibilitàda parte del Cristianesimo nel mondo occidentale possa essere imputata a descrizioni e rappresentazioni teologiche ormai desuete e non più accettabili.

 

Se un tempo la maggior parte dei credenti era analfabeta e si accontentava di un indottrinamento, spesso passivo e devastante, che avveniva attraverso prediche e la visione di immagini dal forte impatto emotivo (per lo più affreschi cruenti all’interno delle chiese) o l’enunciazione di messaggi che non consentivano repliche di sorta, oggi, a fronte di una maggiore informazione e supposta capacità di analisi dei credenti (tutta da verificare) gli strumenti di fascinazione e convincimento sono mutati, alle immagini parietali delle chiese si sono sostituite la televisione e la carta patinata (Internet risente ancora del gap generazionale).

Il problema è che la trasmissione del messaggio religioso deve tener conto della grammatica dei nuovi media, dove tutto è trasformato in merce da vendere ed è secondo questa analisi che potrebbero essere lette la nomina dell’attuale pontefice e l’immagine che di lui ci viene data: prodotti da porre sul mercato.

A fronte degli scandali di carattere sessuale all’interno del clero, dei coinvolgimenti tutt’altro che spirituali del Vaticano (leggi IOR) e dell’aumento dei diseredati nel mondo, i vertici del clero vaticano, per riacquistare seguaci e apparire desiderabili, hanno percepito l’esigenza di comunicare un ritorno ad un passato più spirituale, ed ecco la scelta di una personalità sufficientemente lontana dai giochi di potere del passato (un argentino), la scelta di un nome simbolico (Francesco) e la spettacolarizzazione di azioni emotivamente coinvolgenti e zuccherose (baciare vecchi, bambini, malati, lavare i piedi a carcerati e/o derelitti, l’uso di un linguaggio semplice).  Non credo che queste operazioni saranno sufficienti a far mutare la più o meno diffusa diffidenza verso una struttura che, sin dal 313 ev, ha acquisito connotazioni sempre più materiali e statali.

Quello che dovrebbe fare per riacquistare credibilità (se si condivida o no il messaggio è, in questo contesto, una questione di secondaria importanza, sto analizzando non i contenuti ma la metodologia) è di rivedere i modi in cui viene mediata la dottrina e modernizzare i contenuti, ma è cosa non semplice, significherebbe infatti andare a intaccare concetti e tematiche che per secoli sono stati dichiarati immutabili e sacri e su cui la Chiesa di Roma ha fondato il proprio potere.

 

A tutto questo si va ad aggiungere poi, e qui sono ben consapevole di esprimere un parere di parte, il fatto che non è comprensibile per quale motivo i vertici del Vaticano non osino aprire un vero confronto ideologico e dottrinario con il mondo islamico e si prostrino timorosi anche se ciò può significare una condanna dell’Ebraismo da cui il Cristianesimo stesso ha avuto origine.

L’accettare al suo interno la presenza di figure come monsignor Capucci (trovato più volte a trasportare nella sua auto armi o esplosivo per l’OLP o organizzazioni terroristiche similari); il non capire che la costruzione del così detto “Muro della vergogna” (che poi è muro solo in parte) non è un sacrilegio perpetuato sulla sacra terra del Redentore ma una triste necessità, di cui si farebbe volentieri a meno, per prevenire atti di terrorismo suicida, passando poi al non dare quasi peso ai continui eccidi di cristiani che avvengono nei territori a prevalenza islamica e, da ultimo, l’aver assegnato a dei maroniti l’incarico di redigere i testi della “via Crucis” del 2013, ..non solo è teologicamente scorretto, ma politicamente inaccettabile.

Se dal punto di vista puramente teorico posso anche capire che il riconoscimento ufficiale di Gerusalemme come capitale dello stato di Israele o la sua difesa incondizionata potrebbe rappresentare una parziale sconfitta dottrinaria, da qui preferire l’Harakiri mi sembra follia!

Melog

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