Il desolante epilogo del principe L’vov

Rimpianti di minigonne, materassi immacolati e innocenti appetiti [Racconto Breve]

Leggevo fumetti e fumavo sigarette. A ripetizione, perdendo il conto di quanti fumetti leggessi e di quante sigarette fumassi. Erano i miei piccoli piaceri mondani, insieme alle soubrette poco vestite e ai bicchieri di vov senza ghiaccio – che per assonanza mi rammentava quell’incauto principe russo che aveva provato ad arginare i soviet, e ogni volta a ripensarci ridacchiavo.
Succedeva poi, alle volte, che leggessi fumetti fumando sigarette, inumidendomi le labbra con del vov, mentre in tele sfilavano soubrette poco vestite, e – beh, che dire -in quel momento ero colto da un orgasmo istintivo e poco dignitoso – “un orgasmo esistenziale“, come ero solito giustificarlo a me stesso – e mi si arricciavano le dita dei piedi, e mi sovveniva l’immagine di quel principe russo barbuto e deposto.
Un’altra cosa che adoravo, era osservare la negoziante orientale della boutique di cosmetici, dallo sguardo spietato, il vestito corto di seta e le décolleté in vernice rossa. Facevo colazione al bar di fronte al suo negozio, ogni giorno, con cornetto e cappuccino, e la osservavo, attraverso le vetrine, accatastare prodotti di bellezza agli scaffali, «che tanto a te non servirebbero» – come ripetevo scialbamente, nei provini personali di patetiche lettere d’amore. «Sei già talmente bella che non ti servirebbero»: quanto può essere pietoso e melenso un uomo innamorato?
Alle volte, poi, la perla orientale attraversava la strada per ordinare un caffè – «..e un pasticcino, grazie» -, e io la osservavo sedersi al tavolo e accavallare le gambe, strusciando le cosce al frutto delicato del mio desiderio. Arrossivo nel guardarla, abbassavo lo sguardo e mi accarezzavo la cerniera dei jeans, e scrutavo le sue gambe lucenti e la stoffa della gonna stirata dai suoi glutei.
Le poche volte in cui mi sorrideva – non ho vergogna ad ammetterlo – tornavo a casa a masturbarmi, velocemente, per mantenere intatto e vivace il ricordo di quelle labbra arcuate di pietà – pietà nei miei confronti, s’intende. Accendevo il computer e mi stendevo sul letto, con lo schermo illuminato a venti centimetri dal volto – “asian porn videos“, oppure, in uno slancio di erotismo e fantasia, “thai pussy extreme videos” – e una volta raggiunto l’orgasmo, mi accendevo una sigaretta e leggevo un fumetto, con un sorriso compiaciuto per la globalizzazione.
Poi mi piacevano le soubrette, con le gonne attillate e i sorrisi invasivi, le unghie smaltate e i capelli cotonati, interessate al mio benessere più di quanto lo fossi io stesso.
Nelle mie memorie d’infanzia, le immagini procaci di reginette da salotto si affollavano lascive. Ricordo, per esempio, i capelli vaporosi e il sorriso ipnotico, gli occhi briosi e la voce melliflua, il palinsesto serale come fosse poesia: «Signore e signori, buonasera. Va in onda fra qualche istante Partitissima, torneo musicale a squadre abbinato alla Lotteria di Capodanno. Seguirà la comica Gli Evasi, con Stanlio e Ollio, e l’edizione della notte del Telegiornale». Eccola, la mia musa fanciullesca, la mia lirica quotidiana, il mio primo contatto con l’universo femminile. Eccola qua, la signorina buonasera che rapì il mio sentimento, l’eleganza annunciatrice che ghermì la mia passione. La regina del tubo catodico – signori e signore! -, in tutto il suo garbo e cortesia, dallo sguardo dolce e dall’annuncio aggraziato!
Ero rapito, semplicemente – adoravo un volto dipinto sullo schermo, ero devoto a un oracolo di pixel, ossequioso di una realtà inviolabile e ingannevole. Come potevo giovarmi fisicamente di un tale ardore? Cosa potevo trarre di concreto da un simile desiderio, se non una certa eccitazione nel guardarla, un sorriso inebetito nell’ascoltarla? Cosa potevo profittare, sul piano pratico, da una siffatta emozione di lussuria? Niente, semplicemente nulla! Tutto si limitava a quello, a un piacere mistico nell’osservarla esporre la programmatica scaletta di eventi televisivi! Una smania erotica fine a se stessa! Un’ingordigia emotiva priva di sbocchi! Buonasera Signorina, kiss me good night!
Ah, l’amore ai tempi di Stanlio e Ollio – quanta spensieratezza! Quanto innocente appetito! Quanta innocua bramosia! Osservavo quelle dolci damigelle, e lasciavo che i pensieri corressero slegati! Pensieri casti, limpidi, mansueti. Immaginavo la signorina buonasera distesa al mio fianco, avvolta da lenzuola, sdraiata sul mio letto, con le coperte di Tom & Jerry distese ai nostri piedi. Ammiravo quel suo volto acqua e sapone, e neanche mi sfiorava l’idea viziosa del suo corpo. Non era l’immagine del suo seno ad eccitarmi, non era la sua calda vagina ad infiammarmi; nossignore! Erano il suo viso, il suo respiro, il suo sussurro: le mie chimere! Immaginavo il caldo abbraccio ad unirci sotto le lenzuola, e non vi era penetrazione – né di lingua né di pene – che insozzasse l’illusione! Non vi eran vizi di carne, né lascivia corporea, solo un caldo abbraccio di affetto sincero. E come era virtuosa l’eccitazione celebrativa di quei momenti; come era spontanea l’erezione che mi coglieva sul divano – fianco a fianco ai miei genitori. «Guarda, mamma, senza mani!» Non vi era premeditazione in quell’ebbrezza, non vi era manualità in quel gonfiore; semplicemente accadeva. Semplicemente, avvolto dagli slip e celato dai calzoni, il mio pene si induriva.
Così, seduto sul divano a qualche metro dallo schermo, scoprivo l’emozione, con il volto sorridente di un’estranea a eccitarmi le giornate, ad allenarmi la libido. E se in prima serata veneravo signorine, durante i pomeriggi mi invaghivo di altre donne, muse più procaci dallo sguardo penetrante, più sfrontate e disinvolte di movenze provocanti: la regina delle televendite, con il sorriso ipnotico e il suo ondeggiare sopra i tacchi, lo sguardo compiacente e le unghie rosse a graffiare il materasso. «E allora approfittatene, per fare vostro il miglior materasso dell’anno! Ideale proprio per tutti: per chi ama riposare sul soffice, e per chi preferisce una superficie più rigida! E tutto questo, ad un piccolissimo prezzo di fabbrica!». Come era gentile la bella signora dei materassi, sempre pronta ad offrirmi il miglior prodotto al prezzo più conveniente. Com’era premurosa, com’era disponibile – disposta a tutto pur di soddisfarmi! Avrei tanto desiderato stendermi sul suo materasso, posare le mie stanche membra sulla morbidezza confortevole della sua offerta. E come avrei voluto giacere al suo fianco, lasciare che anche lei usufruisse della magnifica svendita, sentire le sue calde braccia avvolgermi il ventre, il suo caldo respiro inumidirmi il collo: eccoci, distesi sul materasso ergonomico a molle e memory foam adatto ad assecondare le più svariate esigenze di riposo, uniti in un abbraccio e lontani dal peccato; ancora una volta, desideri puri e pensieri casti, niente a che vedere con la lussuria penetrante di un giaciglio adolescenziale, ben lontano dall’umida lascivia della pubertà sulle lenzuola. Quel materasso promozionale non era altro che l’incontaminato confessionale del desiderio puerile! Il saio immacolato di una mente immaginifica!
E così mi innamoravo – ogni mattina, ogni pomeriggio, ogni sera, finivo con l’essere rapito dalla bellezza virtuale di un sorriso, dall’ammaliante gentilezza di uno sguardo; e come potevo resistergli, d’altra parte? Le dolci signorine entravano nel mio salotto, mi viziavano di cortesie e mi riempivano di carezze: erano loro a venirmi incontro, erano loro a cercare il mio consenso! Finalmente qualcuno sembrava interessarsi al mio benessere, finalmente qualcuno si dedicava al mio piacere. Grazie signorina buonasera, così prodiga di consigli televisivi! Grazie promoter dei materassi, così generosa di offerte imperdibili!
E così, tutto ha avuto inizio, seduto sul divano con le gambe incrociate, con la vacuità dello sguardo riflessa nello schermo, inseguendo lo spartito libertino delle reti nazionali: la passione di quegli anni era scandita dal palinsesto, gli ormoni palpitanti smaniavano di sorrisi, di tailleur attillati, di collane luccicanti a ciondolare lungo il seno. Le dolci ammaliatrici delle masse divenivano coreute del mio desiderio, sapienti strumentiste di una filarmonica eccitata, interpreti magnifici di un’orchestra del piacere, che ogni giorno si arricchiva di esordienti tentazioni.

E così, a guardarmi oggi, a leggere fumetti e fumare sigarette, coi pensieri licenziosi a un’orientale in minigonna, intuisco la pochezza di quegli attimi domestici, e sorseggio del vov ridacchiando divertito – perché quel principe borghese ci aveva creduto veramente.

«E ora, anche ora, ci si sente come in due / da una parte l’uomo inserito, che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana / e dall’altra il gabbiano, senza più neanche l’intenzione del volo / perché ormai il sogno si è rattrappito. / Due miserie, in un corpo solo».

 

Paolino Diaz

 

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7 Comments

  • nella schiettezza ormonale,ne rimane una desolazione fatta di simulacri. lettura piacevole e interessante. l’ho trovato molto intrigante, perso tra i pensieri irrequieti del protagonista

  • mmh…… un racconto ben scritto. non so se mi abbia davvero colpito, se abbia lasciato un segno… ma grazie comunque di questo spaccato

  • un ” ………. ’incontaminato confessionale del desiderio puerile ….. ”
    quasi c’è da commuoversi ripensando a quei conturbanti pensieri.. :)))
    complimenti a Diaz! molto bello

  • ” erano loro a venirmi incontro, erano loro a cercare il mio consenso! ”
    e qui ci si potrebbe scrivere un saggio
    interessante racconto, in tutti i sensi

  • Il racconto scorre piacevole e ben scritto, l’ho trovato particolarmente evocativo; attendo con ansia un prossimo scritto!

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