Il calcio è sessista?

In questi giorni si è tornato a parlare di sessismo nel calcio italiano, mondo da sempre di stampo maschile. A che punto siamo, senza pregiudizi

Le fresche polemiche scaturitesi intorno alla figura di Wanda Nara – procuratrice e moglie del calciatore dell’Inter Mauro Icardi – hanno scoperchiato con impressionante veemenza un tema che da molto, troppo tempo sta avvelenando il calcio italiano. Un tabù che rimane sornione ma che ne alimenta i motori: quello del sessismo.

Soprassedendo i dettagli della diatriba, che riguardano prettamente gli aficionados nerazzurri, è quantomeno curioso notare come una fetta dell’industria del pallone, con i suoi professionisti, esperti e tifosi vari si sia scagliata a valanga contro la donna argentina, colpevole di essere contemporaneamente moglie, agente e soubrette. Il caso infatti si è rivelato un’esca perfetta per far discutere i talk-show, e tra tante chiacchiere far venire a galla pensieri naturalmente intrinsechi in molti uomini che fanno parte del sistema calcio e delle sue sovrastrutture. Billy Costacurta proferisce che se fosse stata sua moglie l’avrebbe cacciata di casa, mentre Fulvio Collovati, campione del mondo e opinionista temprato, è arrivato a dire che sentire una donna parlare di tattica gli si rivolta lo stomaco.

I veleni di stampo sessista, come sottolineato molto bene da Daniele Manusia in questo articolo, sono amplificati dall’atteggiamento accondiscendente di certa stampa. Giornali e televisioni, ben consapevoli del tipo di pubblico a cui si rivolgono, senza scrupolo hanno sottolineato come Wanda Nara, che nella storia fa la parte del cattivo, sia prima di tutto donna e moglie. Che è un po’ come farle un taglietto e metterla a fare snorkeling nella vasca degli squali.

Certo, c’è da dire che Nara è un personaggio perfettamente integrato nell’economia pallonara italiana, e come tanti altri procuratori ha avuto atteggiamenti provocatori e disgreganti per cercare di mantenere vivi i suoi interessi, che sono anche quelli del suo assistito. Nessuno vuole farla passare come martire, perché non lo è. Ma la reazione scomposta dell’universo calcistico italiano al caso ha fatto emergere da questa storia una profonda inadeguatezza di fondo, un senso latente di misoginia che si auto-protegge e cerca di giustificarsi di fronte a polemiche simili, in cui il pomo della discordia è personificato da una donna, appunto.

In questo contesto si aggiunge il discusso servizio de Le Iene su Niccolò Zaniolo, giovane e promettente talento della Roma, e la madre Francesca Costa. La donna è passata alle luci della ribalta insieme all’ascesa del figlio, principalmente per le sue foto su Instagram e presunte dichiarazioni da aspirante soubrette. Un’ “intervista” – che col calcio e con il giornalismo non ha niente a che fare – fatta dentro a una macchina in presenza del figlio diciannovenne, chiaramente mirata a polemizzare e a creare doppi sensi disgustosi e fuori luogo. Anche in questo caso si tratta di un debole tentativo di certi mezzi di comunicazione di stuzzicare la pancia dei telespettatori, umiliando e oggettivando la donna.

Il sessismo nel calcio italiano è presente a partire da come viene trattato il tema dai Mass Media che lo seguono e che lo nutrono. In fin dei conti, è sbagliato dipingere tutti gli appassionati di calcio come dei baluba repressi e sessisti, a cui bastano due tette con la maglietta della propria squadra per andare a dormire felici: sono meglio di così. Persino i Social Network, notoriamente discarica di bile per frustrati in casi come questi, hanno reagito condannando le parole di Collovati e il servizio delle Iene. La cultura sportiva a merito sta cambiando, evolvendosi e migliorandosi molto più velocemente di quanto Istituzioni e Media vogliano far credere. Continuare a dare spazio a persone ed analisi fuori contesto, superficiali e discriminatorie solo per qualche click o copia in più è avvilente, soprattutto nei confronti di chi ascolta o legge.

In attesa della prossima partita in Arabia Saudita.

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Raffaele Scarpellini
> Blog: “C’era una volta un Re

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