Gli scrittori e la Spagna

«L'uomo è nato libero e ovunque è in catene. Chi si crede padrone degli altri è nondimeno più schiavo di loro» (J.J Rousseau - "Il contratto sociale")

Il 1 Settembre 1939 la Germania di Hitler invade la Polonia. Il 3 Settembre la Francia e l’Inghilterra le dichiarano guerra e così ha inizio il Secondo conflitto Mondiale. Una guerra che cambierà la fisionomia dei rapporti internazionali tra gli Stati e i popoli. Per più di cinque anni la Francia e l’Impero britannico, poi gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica cercheranno di spegnere il furore nazionalsocialista, riuscendovi solo dopo un bagno di sangue. Le potenze vincitrici riusciranno ad avere la meglio non prima di aver assistito alla violazione del diritto internazionale, all’Olocausto degli ebrei d’Europa (la Conferenza di Wannsee), al dispiegarsi di una ideologia permeta di annientamento e morte. Ma occorre risalire alle scaturigini del conflitto: apertosi ad est, fu preparato in Spagna in seno alla Guerra Civile (1936/1939).

Il fulcro attorno al quale ruota l’essenza di questo saggio è la letteratura, ossia come la letteratura ha raccontato il triennio fratricida che gettò le fondamenta della Seconda Guerra Mondiale.

Ernest Hemingway era corrispondente di guerra in Spagna durante le sanguinose vicende che videro scontrarsi nazionalisti e repubblicani. Alla luce di quella esperienza scrisse “Per chi suona la campana“, uno dei capolavori della letteratura di tutti i tempi. Il protagonista è Robert Jordan, un giovane intellettuale americano volontario nell’esercito antifranchista. La trama vuole che faccia brillare un ponte d’acciaio librato dietro le linee nemiche. Per questa missione entra in contatto con un gruppo armato, “la banda di Pablo”, compagine di partigiani di cui fanno parte anche due donne: Pilar, figura interessantissima, moglie di Pablo, e Maria, una ragazza virtuosa di cui un uomo come Robert può invaghirsi. Ad affascinare è anche la manipolazione del tempo che un maestro della penna come Hemingway sciorina magnificamente. L’azione dura solo tre giorni, ma l’evento si dilata con l’introduzione di fatti paralleli: la relazione fra Robert e Maria, le conversazioni, i monologhi interiori, i richiami al passato. Tecniche letterarie già note ma applicate in maniera tale da farle apparire del tutto nuove. E allora pur assediato da molti dubbi, Robert darà l’ordine di far saltare il ponte anche se il suo sacrificio non avrà di per sé alcun esito positivo. Ma per l’ “inglés”, questo il suo appellativo, conta che ci siano la pace e la libertà e che gli uomini non si rassegnino mai al dolore e alla vergogna.
«Il mento poggiato sulle braccia incrociate, l’uomo era disteso sulla terra bruna del bosco coperta d’aghi di pino. Sulla sua testa il vento investiva, fischiando, le cime degli alberi. In quel punto il versante del monte si raddolciva ma un poco più in giù precipitava rapido, e l’uomo poteva vedere la traccia nera della strada incatramata che, serpeggiando, attraversava il valico…».

L’avvento di Francisco Franco al potere trovò in George Orwell un altro testimone e in “Omaggio alla Catalogna” un altro esempio di come la letteratura possa raccontare in maniera compiuta un evento storico. Il testo di Orwell, sulle orme dei successivi “Diari di guerra“, si differenzia da quello di Hemingway poiché nasce privo di qualsiasi aspirazione letteraria e si configura a tutti gli effetti come un reportage giornalistico che segna il culmine dell’approssimazione orwelliana alle classi subalterne e al proletariato. Orwell si arruola volontario nell’invernata 1936/1937 per contrastare l’avanzata delle truppe di Franco. Nelle sue pagine viene descritta la vita di trincea, inasprita da un inverno rigido: emergono la grande umanità e generosità del popolo catalano, sempre animato da uno spirito anarchico e ribelle (che, ancora oggi, non esita a dare chiari segnali di vitalità), le difficoltà di coordinare un esercito di ragazzi e contadini, l’imponenza di un’ideale capace di richiamare combattenti da ogni angolo dell’Europa, il coraggio delle truppe. È comunque anche questa la storia di una sconfitta, come in “Per chi suona la campana”, il protagonista ferito, ripiegherà, nella primavera del 1937, su Barcellona e, pur intenzionato ad arruolarsi nelle file delle Brigate Internazionali, dovrà rinunciare ai suoi propositi e sarà costretto a rimpatriare. Dopo il tracollo del fronte anarchico e trotzkista, avversato anche dalla stessa Unione Sovietica che forniva armi al governo spagnolo, ad Orwell rimane solo la disillusione di un’occasione perduta e i rassicuranti paesaggi del suolo britannico.

Giuseppe Cetorelli

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