Gabriella Martinelli @ Monk (Roma) – 04/2018

Cantautrice di origini Pugliesi, è sicuramente uno dei nomi più interessanti tra le nuove leve del cantautorato Italiano femminile. Il suo nuovo lavoro è un affresco onirico; un disco crossover dalle intuizioni avvincenti

È uscito il disco di Gabriella Martinelli: “La pancia è un cervello col buco“. Presentato al Monk domenica 22 Aprile in un concerto, bello, gradevole e ricco di sorprese. Sala piena e molti fans per la cantante nota per la sua insistenza a farsi ascoltare dalle radio, mettendosi sotto le sedi a suonare e cantare. È difficile inquadrare Martinelli, se non per la caparbietà, l’incredibile voce (che assomiglia a nessuna delle voci che conosco, ma chiederò a quelli della ‘Barcaccia’ di RadioTre). Ecco, siamo di fronte ad un’unica spiccata e deliziosa personalità, se non fosse che personalità non è un termine sufficiente.

La pancia è un cervello col buco” è un bel disco; lo ascolti tutto senza interruzioni di sorta. Corposo, grintoso, fuori da schemi prevedibili. È realmente un disco di pancia, appunto, con note alte tenute dalla voce piena e limpida, con interventi nel Jazz e nelle Country ballad americane. Non ci sono ammiccamenti, salvo un pezzo che sembra tratto da un live di Fink. Gabriella spazia tra teatro di avanguardia, Busler, blusacci scadenti e canzonette per hipster, ma c’è qualcosa in più. Se c’è qualcosa di certo è che non riesco a metterla in una gabbia definita. “La Pancia..” è un album corposo mai banale, dove l’unicità e la voce della cantautrice escono schiette e corpose. C’è molta ‘ciccia’ nelle brevi 8 tracce del disco. Tracce piuttosto nude, in presa diretta, che arrivano lineari quanto basta, e che oltretutto spaziano dalla canzone italiana, ai toni swing, passando per il punk… con nessun suono in stile anni 80. Le tracce musicali servono da contesto descrittivo e si delineano come un corpo unico al testo cantato. La voce come a teatro passa dal dramma alla commedia in quattro battute.
Il sound minimale è scelto per le espressioni stilisticamente diverse. Il testi raccontano storie di donne, sono ricche di domande e poche certezze (non vedo come sarebbe potuto essere diversamente?). Si passa da signorine felicità colorate come le stoviglie di Ikea, a quelle ammantate di memoria e nostalgia, oppure si da slancio verso nuove spensieratezze. Donne libere, capaci di viaggiare, di pentirsi o di vivere. Brevi accenni di storie, cangianti e volubili, dove l’ “abito” non è la stoffa che si porta addosso. Gabriella canta storie, di luoghi, come se ogni cosa rappresentasse una parte di sé. Il disco come se non bastasse ha una bella veste grafica con i disegni di Antonio Sileo, Aka Pronostico.

Durante il live al Monk la sala è piena: ci sono Paolo Mazziotti al basso, Andrea Jannicola alle chitarre, Alessandro Marzi alla batteria, Erika Scorza e Salvo Corallo la voce off di Camille Blanc su le “Vagabonde”.

Scrive Gabriella riguardo le tracce del disco: «Le ho incontrate nei miei appunti. Le ho scelte, le ho vestite appena: si riconoscono in un sound minimale, ognuna con le proprie gambe. Nate dai miei viaggi, dagli ascolti, da amicizie e fantasia».
In “Casimira” troviamo la ‘fantasia’ come un’arte di pasticceria che fonde il burro con il sogno, i desideri con le debolezze, la realtà con l’impossibile. È il risultato di un tenero viaggio nella leggerezza.
In “La pancia è un cervello con buco” Erica oscilla tra punk e reggae, schiava della sua “pancia”, alla ricerca morbosa della ragione. Il grande emblema del secondo cervello, il cervello col buco… è protagonista di una storia disegnata sulle pance in movimento. Regola emozioni, ricordi, il piacere e un’interessante dose di follia.
Che poi un berretto non è“, sembra il quadretto fiabesco di una Roma borghese, «Signore farcite a festa», protagoniste di un travolgente blues minore.
Giulia” invece… la riconosci danzare quando è sera, e poi la trovi seduta ad aspettar la festa. Giulia vorrebbe dire ma non dice, cerca risposte in un abbraccio. Figlia di tempi bui, ha paura e parla alla luna. Il brano viaggia sull’intreccio di strumenti monodici (basso, violino, voci) e batteria.
Esseri sottili” è una ballata notturna, assolutamente straordinaria, dal testo importante… racconta la fragilità e la bellezza dell’anima.
In una tazza di caffè” Mary sogna e gioca a far la dura. È facile incontrarla nei Caffè di Milano e nelle prime mattine di luglio. Cerca la sua America in una tazza di caffè.
In “Ciao a te” Gabriella, cresciuta in un paesino della provincia di Taranto, racconta una delle donne a lei più care, la sua terra e con essa le tradizioni, i nonni, il ritorno, la terra di piombo, il mare, il dialetto.
Infine “La vagabonde“, la storia di Jeanne Baret, vagabonda libera e amante di quello che Edith Piaf definiva il motore del mondo: l’amore. Un brano dal colore Jazz; l’album si chiude con l’intervento di Camille Blanc.
E poi è finito anche il live romano con una versione strepitosa di “A Muso Duro” di Pierangelo Bertoli.

 

Daniele De Sanctis

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