“Effetto Esposizione”… e non mi vedo fotogenico!

Negli scatti altrui non ci piacciamo quasi mai perché i ricordi del nostro corpo allo specchio influenzano l'immagine di noi nelle fotografie...

“Cheese!!!”… E la foto è fatta! Che sia una foto di gruppo o uno scatto rubato da un nostro amico in pose la maggior parte delle volte imbarazzanti, ciò che capita spesso è che non ci piacciamo; perché è così? Si chiama “effetto esposizione”.
Diversamente da come possiamo immaginare non è solamente il gentil sesso ad essere ossessionato dalla riuscita delle foto, il cui fine ultimo è spesso la condivisione sui Social dove, lo sappiamo, dobbiamo apparire sempre al meglio. Infatti, una ricerca volta a svelare questi intrighi psicologici dell’Università del New South Wales (Australia), non fa distinzione di genere, quindi, si.. anche i maschietti hanno difficoltà nel riconoscersi in foto fatte da altri e spesso non sono soddisfatti di ciò che vedono.

Dalla ricerca emerge che gli sconosciuti sono più abili di noi stessi a riconoscere le somiglianze e questo già di per se potrebbe risultare bizzarro; vedo già mani alzate la giù in fondo, probabilmente so cosa volete dirmi.. Luigi Pirandello non ha scritto un intero romanzo sviscerando il concetto della diversità di percezione che abbiamo di noi stessi rispetto a come ci vedono gli altri? Io posso solo rispondervi che avete ragione e probabilmente tale romanzo ha colpito anche questi ricercatori australiani, dato che il loro lavoro cerca di spiegare questo fenomeno che tutti noi almeno una volta abbiamo provato.

I ricercatori hanno attinto a risorse low cost e facilmente accessibili dato che quasi tutta la ricerca si è svolta attraverso il Web e i Social Network di 130 studenti, a cui è stato richiesto di scegliere 10 foto di se stessi e di metterle in ordine di somiglianza con 2 foto estrapolate da un video che li ritraeva, 1 foto sorridente e 1 neutra. Le foto sono poi state sottoposte a 16 completi estranei e hanno subito un ulteriore test da parte di 73 visitatori on line, unica regola cercare di ordinarle secondo somiglianza.
Il risultato? Come spesso accade l’idea che abbiamo di noi stessi è alterata, infatti, le foto ordinate dagli estranei sono più verosimili alla realtà con una accuratezza rispetto ai diretti interessati maggiore del 7%.

 

Numeri e percentuali a parte, esiste un nome per questo fenomeno che ho già citato ed è “effetto esposizione“, in parole povere ci guardiamo talmente tanto che il ricordo di ciò che osserviamo è leggermente falsificato.
Mi spiego meglio. Quei difetti che osserviamo nelle foto scattate da altri esistono, sono reali, solo che noi siamo talmente “abituati” a conviverci che spesso non li vediamo più… proprio come il naso grosso descritto da Pirandello che sconvolge Vitangelo, il protagonista di “Uno, nessuno e centomila“, mentre si guarda di sfuggita in una vetrina; che sia una forma di negazione per qualcosa che non accettiamo di noi stessi mi sembra abbastanza evidente.
Non sono una psicologa ma, credo, sia lo stesso fenomeno che a distanza di anni di una determinata situazione ci fa ricordare solo i lati positivi di quell’evento… anche se a mio parere è vero anche il contrario, succede spesso che rendiamo un granello di sabbia grande come una montagna.
Personalmente io ho sempre saputo, o per lo meno accettato, che ciò che vedono gli altri è diverso da ciò che vediamo noi, sia positivamente che negativamente, la conferma l’ho avuta qualche anno fa quando osservando la foto del tutto naturale scattatami durante il festeggiamento di una laurea mi sono resa conto che la mia ossessione per una mia particolare parte del corpo, detesto i miei polpacci, era sproporzionata rispetto all’evidenza, credo infatti che l’ “effetto esposizione” possa spiegare il perché ci ossessioniamo per le nostre gambe piuttosto che per le nostre braccia.
In pratica guardandoci spesso “miglioriamo” ciò che crediamo sia piacevole in noi e che poi finiamo per non riconoscere in quelle foto che non siano state ben “studiate” e dunque più vicine alla realtà, magari “ingigantendo” poi fantomatici difetti.. perché sono quelli su cui maggiormente ci soffermiamo quando ci analizziamo invece attentamente, anche perché ne sono sicura, almeno uno screen completo davanti allo specchio lo abbiamo sempre fatto tutti.

 

A questo punto, mi viene anche da pensare però che molto di ciò che percepiamo come “giusto” o “sbagliato” possa essere influenzato da “meccanismi cognitivisimili… che possa in sostanza essere influenzato da ciò che ci circonda.. e questo fa della nostra vita sociale qualcosa che dovremmo continuamente tener sotto controllo.

E così, di fatto.. tornando all’estetica, se fossimo in Cina una corporatura minuta per una donna sarebbe assolutamente desiderabile e quindi accettata come pregio, mentre il contrario accadrebbe in società in cui una donna abbondante e prosperosa è il canone di bellezza..
Vi chiedo, allora, siamo davvero noi a decidere cosa è bello o meno di noi stessi e quindi ad accettarlo? O come spesso accade ciò che crediamo sia il risultato del nostro libero arbitrio è in realtà la scelta di qualcun altro che ha deciso per noi?

A me piacerebbe molto poter affermare che non fatico ad accettare quello che la società annovera come eccessivo, ad esempio fianchi e seni generosi, ci sono giornate in cui io mi piaccio e molto e nelle foto anche quelle fatte di sfuggita io mi riconosco… sono io la donna che vedo; poi invece, ci sono giorni in cui questo non accade.. ma d’altronde: «Una realtà non ci fu data e non c’è, ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere: e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile» (“Uno, nessuno, centomila” – Luigi Pirandello)

Marilena Grasso

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