Doctor Krapula –Intervista esclusiva!

Il rock “cosciente” della famigerata band colombiana

Oltre 870.000 fans su Facebook, 227.000 followers su Twitter, una bacheca ricca di prestigiosi riconoscimenti (tra cui figurano 10 premi Shock De La Mùsica , 3 nominations ai premi Mtv e Latin Grammy), 15 anni di carriera, quattro tour mondiali alle spalle ed un quinto in arrivo con date programmate in oltre 15 paesi, tra cui anche l’Italia il prossimo Luglio. Stiamo parlando dei Doctor Krapula, gruppo alternative-rock colombiano che della propria musica, un’irresistibile mix di rock, ska, reggae, punk e salsa, ne ha fatto uno strumento per diffondere messaggi di trasformazione e attivazione della coscienza. Grazie a questa “militanza” infatti, i 5 musicisti bogotani, guidati dal frontman Mario Muñoz, si sono posizionati come leader di un “movimento artistico cosciente” dell’America Latina che guidano insieme a colleghi amici quali Manu Chao. «La nostra musica è gioiosa ma sentiamo profondamente la responsabilità di quello che scriviamo..»

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Non è passato molto dallo scorso 1° Maggio, festa del lavoro/lavoratori in molti paesi del mondo; un giorno più che mai simbolico ed emblematico in questo periodo di grande crisi. Che significato ha per voi? Come e quando viene celebrato nella vostra terra natia, la Colombia?

 Il 1° Maggio è il giorno in cui dobbiamo ricordare che siamo parte di una nazione di nazioni che resistono da 500 anni e lottano per i propri diritti e la propria libertà. Si celebra il 1° Maggio ma continuiamo sempre la lotta.

Quali sono i vostri ascolti abituali e preferiti, al di fuori del vostro campo espressivo più affine?

 “Senor Matanza [Mano Negra] perché descrive molto bene la nostra società.

– Quando è stato il momento in cui vi siete resi conto che i Doctor Krapula avrebbero fatto i musicisti di professione?

 A partire dal secondo disco [Dele la Wuelta al Disco] ci dedichiamo esclusivamente a questo lavoro, da allora, anche se sappiamo che ci manca molto da imparare… a livello tecnico come pratico.

Siete una band che stampa ancora i propri dischi in formato fisico (tra cui l’ultimo, il fortunato “Viva El Planeta”): siete degli inguaribili nostalgici oppure pensate che ne valga ancora la pena in un’epoca in cui la tecnologia digitale sta ormai definitivamente prendendo il sopravvento?

 Ci sarà sempre chi vorrà conservare i suoi dischi in formato cd o in vinile e collezionarli. Ora ci sembra che i computer siano il massimo, ma ci sarà sempre spazio per la musica in formato fisico e soprattutto per la musica dal vivo, che è quella che ci stimola di più.

Tenendo conto della difficoltà di oggi, quali consigli darebbe una band di grande successo e fama come la vostra ad un gruppo emergente che aspirasse a “sfondare”?

Il consiglio è quello di non abbandonare mai i sogni, di pensare che l’arte è lo strumento per pacificare il mondo.

Come già accennato, sarete a breve protagonisti del vostro quinto tour mondiale; toccherà ben quindici stati, tra cui l’Italia il prossimo luglio: cosa dobbiamo aspettarci dai concerti nel nostro Bel Paese? Avete qualcosa di speciale in programma? Qualche sorpresa?

 Molta coscienza, e allegra ribellione… canzoni nuove dall’album “Ama-Zonas”.

Sempre a proposito del nuovo tour, sarà anche celebrativo dei vostri 15 anni di grande carriera: avreste mai pensato, quando vi siete conosciuti nel lontano 1998, che sareste stati così longevi?

 Da sempre abbiamo desiderato essere tanto grandi e longevi come gli Stones… ci manca ancora molto, però perseguiamo sempre questo sogno.

Avete partecipato, tra i tanti, al celebre SXSW Festival di Austin, in Texas, uno degli eventi più ambiti in assoluto da un musicista. Che ricordi avete di quella esperienza?

Centinaia di concerti, centinaia di locali da metter sottosopra… e tutto il pubblico un po’ sballato..

Sempre riguardo alle vostre esperienze live, avete suonato tantissimo nel corso di questi anni: raccontateci due episodi, il più bello ed il più brutto che vi sono capitati.

 Direi che nessun momento è stato brutto… uno solo un po’ spiacevole, ovvero quando ci tirarono uno stivale dei neonazisti nella parte orientale di un paese europeo. Il momento più bello è stato invece quello in cui abbiamo cantato “Seynekun” con Manu Chao.

In un mitico “Rock Al Parque” (uno delle manifestazioni più importanti in America Latina) di qualche anno fa a Bogotà il vostro idolo Manu Chao, appunto, è salito sul palco con voi di fronte a migliaia e migliaia di persone indossando una t-shirt con il nome Doctor Krapula. É stato l’inizio di una grande amicizia e di una serie di importanti collaborazioni, come il progetto “Abre Sierra” in difesa del territorio e degli indigeni della Sierra de Santa Marta in Colombia.

Tutti i momenti in cui la vita ci ha permesso di calcare la scena con grandi artisti sono stati il motore del nostro cammino. Sono stati i nostri maestri e ci hanno aperto le porte della loro saggezza. Inoltre poter contare su di loro nei nostri progetti ambientali è qualcosa di Magico.

La vostra ultima fatica discografica “Viva El Planeta” è stata registrata agli storici Henson Studios di Los Angeles.Vi sono passati tutte le leggende del rock e non solo, dai Doors ai Rolling Stones, passando per i Pink Floyd, Paul McCartney, i Black Sabbath e moltissimi altri.. Che tipo di esperienza è stata? Eravate intimoriti inizialmente?

 Eravamo molto emozionati, però sereni, concentrati e molto pronti.

Parlando sempre del vostro album “Viva El Planeta”, è stato il primo ad essere pubblicato, a differenza dei precedenti, per un’etichetta indipendente, la Star-Arsis.Cosa ha determinato questa scelta?

 Circostanze favorevoli della vita. Non ci piacciono molto le multinazionali di nessun tipo.

Sappiamo che da poco siete divenuti protagonisti di un fumetto. Di che tipo di iniziativa si tratta? Potete rivelarci qualche dettaglio?

 È’ un’iniziativa nata in Italia [grazie a un fumettista fan della band, Fabriziode Fabritiis]… un grande illustratore ci ha disegnati in un’avventura magica attraverso la foresta amazzonica. È un’iniziativa che ci è piaciuta molto e piacerà sicuramente anche ai nostri bambini.

Marco Baricci

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