Dichiarazione dei Diritti in Internet

"Internet deve essere considerata come una risorsa globale, universalmente accessibile"... il tutto su una Dichiarazione minuziosa e liberale..

.«Internet deve essere considerata come una risorsa globale, universalmente accessibile» che «ha contribuito in maniera decisiva a ridefinire lo spazio pubblico e privato, a strutturare i rapporti tra le persone e tra queste e le istituzioni» e a costruire «modalità nuove di produzione e utilizzazione della conoscenza», consentendo così «lo sviluppo di una società più aperta e libera».
[Dichiarazione dei Diritti in Internet, Preambolo]

 

 

Nell’ambito del semestre di Presidenza italiana dell’Unione Europea, il Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, ha aperto i lavori della riunione dei Presidenti delle Commissioni competenti in materia di diritti fondamentali, svoltasi a Roma il 13 ottobre, presentando la prima bozza della “Dichiarazione dei Diritti in Internet“.

Il documento è il risultato del lavoro di una Commissione di studio, presieduta da Stefano Rodotà e composta per metà da parlamentari e per metà da esperti, voluta dalla stessa Presidente lo scorso mese di luglio.

Da anni si attendeva questo momento. Era il 13 novembre 2007 quando a Rio de Jainero, il Ministro della Cultura brasiliano ed il nostro Sottosegretario alle Comunicazioni firmavano una dichiarazione congiunta impegnandosi a promuovere un “Internet bill of rights“, una carta di principi e diritti fondamentali che avrebbe dovuto occuparsi, tra l’altro di privacy, libertà di informazione, diritto di accesso alla rete e net neutrality.

Nell’ultimo anno diversi paesi europei (e non solo) si sono mossi per redigere un Bill of Rights di Internet. Sul finire del 2013 in Gran Bretagna è stata istituita una commissione sulla democrazia digitale; a inizio 2014 in Germania è stata creata una commissione parlamentare permanente sulla “Digital Society”; la scorsa estate il Parlamento francese ha istituito una “Commission de reflexion et de propositions ad hoc sur le droit et les libertés à l’âge du nemérique” e poco prima il Brasile ha adottato il “Marco Civil di Internet“, che regola l’uso del web. Spiega Juan Carlos De Martin, uno dei 20 membri della Commissione di studio: «L’aspetto interessante è che ognuno era inconsapevole di quanto stessero facendo gli altri, non è stato un fenomeno imitativo, a indicare che i tempi sono maturi».

 

Quella presentata a Montecitorio, qualche giorno fa ambisce ad essere una dichiarazione «..fondata sul pieno riconoscimento di libertà, eguaglianza, dignità e diversità di ogni persona» perché «..la garanzia di questi diritti è condizione necessaria perché sia assicurato il funzionamento democratico delle istituzioni, e perché si eviti il prevalere di poteri pubblici e privati che possano portare ad una società della sorveglianza, del controllo e della selezione sociale». Si evidenzia la dimensione sovranazionale del documento, insita nella stessa natura di Internet, e sottolineato dall’ultimo capoverso del ‘quattordicesimo principio’ e ultimo punto della Dichiarazione: «La costituzione di autorità nazionali e sovranazionali è indispensabile per garantire effettivamente il rispetto dei criteri indicati, anche attraverso una valutazione di conformità delle nuove norme ai principi di questa Dichiarazione».

 

La Carta è composta da un Preambolo e quattordici articoli incentrati sui diritti della cittadinanza in rete e un filo conduttore: i diritti della persona devono prevalere sui profitti.

Si introducono diritti basilari di Internet.

Il “Diritto di Accesso”, che riconosce a ogni persona il «diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate, che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale» (art. 2). Una dichiarazione della volontà di superare tutti i divari digitali, infrastrutturali, economici e culturali (si spera!). Principio ripreso nel tredicesimo punto “Diritto all’educazione”, che riconosce la necessità di mettere tutti nelle condizioni di usare la rete in modo consapevole e sicuro.

 

Il terzo punto è dedicato al delicato tema della “Neutralità della Rete” o “net neutrality“: «..Ogni persona ha il diritto che i dati che trasmette e riceve in Internet non subiscano discriminazioni, restrizioni o interferenze in relazione al mittente, ricevente, tipo o contenuto dei dati, dispositivo utilizzato, applicazioni o, in generale, legittime scelte delle persone». E, punto innovativo del documento italiano, estende la neutralità della Rete anche in mobilità.

 

Alla tutela dei ‘dati personali’ con le sue varie declinazioni sono dedicati gli articoli successivi. Ogni persona ha diritto alla protezione dei dati che la riguardano, alle informazioni relative ai soggetti che li trattano e alla possibilità di rettifiche o cancellazioni. La legge italiana sulla privacy già lo prevede, e tuttavia viene ribadita la “proprietà dei dati personali” e il divieto alle raccolta massiva di dati. Richiamo più che evidente allo scandalo Datagate svelato da Edward Snowden, e alla sorveglianza massiva da parte di agenzie governative e imprenditori dei dati -come le agenzie di direct marketing e perfino i social network e i motori di ricerca- che ne fanno commercio e/o li cedono ai Governi ai fini di sorveglianza e controllo senza avvisarne i titolari. Si riconosce poi il diritto all’ “Inviolabilità dei sistemi e domicili informatici”, estendendo ai dati le tutele previste per il domicilio fisico.

 

Oltre al “Diritto all’Identità”, che garantisce a ogni persona di avere in Rete un’identità integrale e aggiornata, e quello all’ “Anonimato” che sancisce il diritto di comunicare elettronicamente in modo anonimo, per poter esercitare libertà civili e politiche, si riconosce il “Diritto all’Oblio”, attraverso la «cancellazione dagli indici dei motori di ricerca dei dati che […] non abbiano più rilevanza».

Altro tema delicato è quello dell’interoperabilità delle piattaforme web, che impone ai responsabili delle piattaforme digitali di comportarsi con «lealtà e correttezza nei confronti di utenti, fornitori e concorrenti». Si entra maggiormente nel dettaglio al secondo capoverso: «Ogni persona ha il diritto di ricevere informazioni chiare e semplificate sul funzionamento della piattaforma, a non veder modificate in modo arbitrario le condizioni contrattuali, a non subire comportamenti che possono determinare difficoltà o discriminazioni nell’accesso».

 

Sul fronte della Sicurezza della rete il punto specifico recita: «..La sicurezza in Rete deve essere garantita come interesse pubblico, attraverso l’integrità delle infrastrutture e la loro tutela da attacchi esterni, e come interesse delle singole persone. Non sono ammesse limitazioni della libertà di manifestazione del pensiero; deve essere garantita la tutela della dignità delle persone da abusi connessi a comportamenti negativi, quali l’incitamento all’odio, alla discriminazione e alla violenza».  Qui si riecheggia il fenomeno dell’hate speech e degli hate crimes. I siti dell’odio che inneggiano alla discriminazione sessuale, razziale, religiosa o che sono veicoli di pregiudizio. L’articolo sottende anche la piaga del cyberbullismo e dello stalking in rete. Contempera il diritto alla libertà d’espressione con la tutela da comportamenti diffamatori e violenti (minacce e linciaggio mediatico) che dalla rete possono tracimare nel mondo fisico.

 

Inoltre è stabilito come dirittofondamentale” anche l’educazione all’uso di Internet incoraggiata dalle stesse istituzioni pubbliche che devono promuovere attività educative rivolte a persone, scuole e imprese.

 

In chiusura si ribadisce la dimensione sovranazionale della Rete, sottolineando lo spirito alla base del documento: «Internet richiede regole conformi alla sua dimensione universale e sovranazionale, volte alla piena attuazione dei principi e diritti prima indicati, per garantire il suo carattere aperto e democratico, impedire ogni forma di discriminazione e evitare che la sua disciplina dipenda dal potere esercitato da soggetti dotati di maggiore forza economica». L’articolo riassume quindici anni di dibattito in sede Onu sull’importanza di regole e principi condivisi per la governancemultiequal-stakeholderdella rete. Cioè, la necessità di un Governo partecipato della gestione di Internet da parte di soggetti pubblici e privati, a ogni livello: infrastrutturale, tecnico, legale e contenutistico. Un approccio di cui l’Italia è pioniera, a dispetto della capacità dei suoi governi di riconoscerlo e sostenerlo.

Il testo è stato pubblicato sul sito della Camera dei Deputati e in contemporanea sulla piattaforma di consultazione pubblica Camera Civi.ci.

Il 27 ottobre partirà anche una consultazione pubblica, della durata di quattro mesi, che vuole dare la possibilità a tutti i cittadini interessati di commentare la proposta, suggerire sviluppi ed estensioni, valutare le proposte della Commissione.

 

Katia Valentini

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