De Eternità

Tempo ed eternità (Part. 2)

Alcuni sostengono che a ragionare sul tempo si perda tempo. Il fatto che l’esistenza di ciascuno non possa essere concepita al di fuori di esso, dovrebbe essere un fomite per ulteriori approfondimenti

 

 

Al tempo è strettamente correlata l’eternità anche se né rappresenta la negazione.

L’eternità è la condizione di ciò che durerà indefinitamente, di ciò che è sempre stato senza principio e senza fine. L’eternità è dunque una esistenza attiva, che non si può misurare con unità di tempo perché in essa non vi è nessuna successione; è quindi un’attività non solo perfetta ma anche immutabile; donde deriva che si svolge interamente in ogni istante del nostro tempo.

 

In senso perfetto l’eternità è da attribuirsi a Dio, ma anche a Lui solo in quanto Dio solamente è senza principio e senza fine e dura immutabile senza interna successione nel possesso infinito e simultaneo di tutto il suo Essere.

 

Anche le antiche tradizioni cosmologiche definiscono l’eternità come durata indefinita nel tempo, senza inizio e senza fine. Un approfondimento del concetto si ha con la filosofia greca (Anassimandro, Platone, Aristotele), che diversifica la durata degli enti in rapporto al grado di attualità o di pienezza di essere: si distingue così un ordine temporale, proprio degli enti soggetti al divenire, e un ordine intemporale, quello dell’eternità in cui regna l’immutabile.

 

In questa direzione si muove anche il neoplatonico Plotino, che vede nel tempo l’orizzonte del molteplice, mentre assegna l’eternità all’Uno, in cui tutti i molti sono unificati.

 

Fondendo i dati della filosofia con le istanze della teologia patristica, Severino Boezio definisce l’eternità come il «totale, simultaneo e perfetto possesso di una vita senza limiti».

 

Con Tommaso d’ Aquino l’eternità, come abbiamo testé citato, diventa un’attributo specifico di Dio, che evidenzia la completa identità dell’assoluto con se stesso, la sua essenziale unità, trascendente ogni possibile divenire, e quindi ogni durata e misura.

 

Accanto a questa progressiva esplicazione del concetto si riscontra, presso i filosofi antichi e medievali, anche l’accezione di eternità come persistenza nel tempo: é in questo senso che Aristotele e Averroè parlano di eternità della materia, del tempo e del moto.

 

Assecondando questa prospettiva di una durata illimitata del mondo a parte ante, i più noti teologi del XIII secolo hanno disputato vivacemente sulla creazione ab aeterno, discutendo se il mondo sia stato creato nel tempo o prima dell’inizio del tempo. La disputa nascondeva un’antinomia di fondo che, sarà messa in evidenza con molto rigore da Kant: se il mondo ha avuto inizio (si parte dall’ipotesi che sia creato), col mondo è cominciato anche il tempo, e quindi non si può prospettare l’esistenza di un tempo vuoto che abbia preceduto il mondo.

 

La filosofia Hegeliana nega che l’eternità possa essere intesa negativamente come astrazione o negazione del tempo o come se venisse dopo il tempo. L’eternità è per lui il totum simul delle determinazioni dell’Idea.

 

Intemporalità” e “presente eterno” sono le espressioni che più frequentemente ricorrono, anche nella filosofia contemporanea, quando si avvale della nozione di eternità.

 

L’arte ha sempre offerto una rappresentazione splendida dell’eternità, basti pensare alla volta della Cappella Sistina affrescata da Michelangelo, nella quale il Giudizio Universale si innalza ad emblema del passaggio dell’uomo dalla vita terrena (peritura) all’eternità di un’esistenza imperitura, laddove i vivi e i morti entreranno nella luce eterna.

 

Anche la musica ha saputo rendere la “consistenza” dell’eternità, in particolare con Gustav Mahler, il quale, con la sue dieci sinfonie e i lieder, ha lasciato una traccia profondissima della sua tensione verso l’Assoluto e l’Eternità. Le sue opere sono semplicemente degli strumenti tramite i quali l’Universo, l’Infinito e l’Eterno comunicano con l’uomo.

Giuseppe Cetorelli

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