Breve trattato sulla trasgressione italiana (Parte Seconda)

Cicciolina è la pornografia italiana; ma, la sua è pornografia politica, pura volontà di cambiare il modo di vedere le cose

La politica è sempre stata la mia grande passione. Ho amato moltissimo Marco Pannella. Oggi mi piacerebbe che ci fosse un Gandhi italiano, una figura forte di riferimento che entra in politica per amore del suo Paese e non solo per arricchirsi.

Cicciolina

 Parte Seconda

Due sono, dunque, i punti su cui ruota la questione trasgressiva italiana: l’assolutismo del dogma clero-politico e la donna-demone come metafora di sacrilegio, che, come abbiamo visto, hanno il loro trait d’union nel desiderio di rivoluzione sociale, il cui “symbolon” è un personaggio in particolare: Cicciolina.

È, infatti, con Cicciolina che la trasgressione, passando da erotica a pornografica, accende le luci rosse della censura, e, quindi, il dibattito sulla legittimità o meno della libertà d’essere. Dice bene, a tal proposito, Caterina Soffici quando afferma: «Lei era la provocazione in carne e ossa. Lei era la porno denuncia di ben altri sconci parlamentari e in virtù di questo ventimila persone l’avevano scelta».

(Caterina Soffici , “Cicciolina, la casta non sei tu”, Il Fatto Quotidiano del 25 settembre 2011)
Ma entriamo metaforicamente dentro il personaggio per comprenderne meglio la complessità e goderne delle ricchezze intrinseche.

È chiaro, come già accennato, che Cicciolina è la pornografia italiana; ma, la sua è pornografia politica, pura volontà di cambiare il modo di vedere le cose, e, dunque, desiderio di trasgressione nel senso junghiano del termine.  Questo ci appare chiaro fin dalle parole d’apertura del primo film softcore, nonché primo film italiano del genere, di cui è protagonista, “Cicciolina amore mio” (1979), di Bruno Mattei e Amasi Damiani, in cui sono esposti  nella formula del discorso diretto, privo di retorica e fortemente empatico con l’altro, i principi di quello che possiamo definire un vero e proprio manifesto porno-politico.

Mi vengono in mente, a tal proposito, le parole di Enrico Ghezzi nell’introduzione del libro “Moana e le altre. Vent’anni di cinema porno in Italia”: «La nudità del gesto hard, che non svela il corpo, non lo esibisce, ma lo occulta nel trionfo del dettaglio e nello smontaggio di organi, si converte rapidamente in discorso, si riveste di altre retoriche, si racconta come normalità e umanità della trasgressione. E il movimento del discorso, nonostante la particolarità e le forti diversità politiche in gioco, è lo stesso (come indica infine con chiarezza la “radicale” mediazione pannelliana) del “parlato chiaro” della lega e di mani pulite».

(Enrico Ghezzi, “Senz’altro (il re è vestito), in Moana e le altre. Vent’anni di cinema porno in Italia”, ed. Gremese, Roma 1997,  pag. 5, 6)

In questo “parlato chiaro” ghezziano, la pornografia è trattata politicamente come “res publica” -nel suo senso di cosa riguardante tutti- perché volta a trasgredire le regole comuni e far emergere “il vero io” -Riccardo Schicchi- della società dalla morale. Punto centrale del discorso è il corpo performativo della pornostar da cui passa il piacere dell’interlocutore, quello privo di restrizioni, autentico. Allora, ecco che appare chiaro il concetto per cui, entrare, metaforicamente e visivamente, dentro il corpo di Cicciolina, equivale a rompere il tabù del comune senso del pudore trasformando il modo di guardare le cose e di viverle; quindi, cambiando, in sostanza, la morale collettiva.

E, La trasgressione dall’assolutismo del dogma attraverso il sacrificio della donna-demone, si compie  -siamo nel 1987- nell’elezione di Cicciolina, votata da 20 mila persone sulla lista Radicale, che può varcare trionfalmente le soglie del Parlamento italiano accolta dalla storica frase di Spadolini: «Meglio le luci rosse che i fondi neri».

Dunque, la porno-politica diventa istituzione, ufficializzando la sua posizione nella società.

Come ben si legge tra le righe del Rapporto sulla Pornografia in Italia da parte dell’Eurispes: «Con loro -Schicchi e Cicciolina-  la pornostar si insedia nei talk show televisivi, ammicca alle donne oltre che agli uomini, proponendo un modello di seduzione sbrigliata e incurante delle regole e dei limiti sociali».

(IV rapporto sulla Pornografia in Italia, Eurispes Roma 2005)

In definitiva, la pornostar diventa parte della vita comune; si presenta non più come medium, ma con un profilo definito politicamente, sfruttando la sua immagine eversiva per la denuncia delle illegalità e dei soprusi, e compiendo, così, la trasformazione finale della trasgressione in regola.

Ma, -e questo è il punto chiave di tutta la questione trasgressiva -se la trasgressione diventa regola, trasgredirla equivale, dunque, a negarla. Perciò, respingere la porno-rivoluzione significa restaurare il vecchio sistema repressore, rinnegando Cicciolina, e, relegando la pornografia al luogo osceno da occultare.

A tal proposito, significativa appare la riflessione di Schicchi in una delle sue ultime interviste: «La parola pornografia l’abbiamo fatta diventare un atto d’accusa; cioè pornografia oggi non si può più considerare una parola che determina uno spazio circoscritto a quello che è la rappresentazione cinematografia; la pornografia è quasi una parola che criminalizza un settore, che criminalizza un atto. Allora rivoltiamo questo significato […] Il termine pornografia, che oggi è una parolaccia, rivoltiamolo veramente per quello che può rappresentare. Se il termine pornografia vuol dire essere negativi, pornografia è una brutta città, pornografia è la violenza, pornografia è la corruzione, pornografia è la guerra, pornografia sono le bugie, sono tutti i traffici internazionali e nazionali che ci circondano, perché pornografia non deve essere sesso, ma deve essere rappresentata da tutto quello che ce l’ha tolto».

(Pornologos, Intervista a Riccardo Schicchi, del 2007)

Dunque, vien da chiedersi, se, trasgredire cambiando lo stato delle cose, e, in seguito, trasgredire trasgredendo la trasgressione tornando al punto di partenza, sia il senso di tutto, o, soltanto un brutto gioco del destino. Il fatto certo è che la pulsione trasgressiva è insista nell’essere umano, è evolutiva, dinamica, creativa, e circolare; mai si potrà fermarla nel suo percorso, né si potrà negarla, poiché essa s’imporrà con la forza della sua evoluzione; pertanto, qualsiasi essa sia, la si dovrà accettare, sapendo che prima o poi trasgredirà ancora e ancora, all’infinto.

Giusy Mandalà

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11 Comments

  • ci sarebbe da dire tante altre interessantissime cose o fare mille altre affascinanti osservazioni, ma ha già detto tutto benissimo la Mandalà. Complimenti davvero. da studiare questa analisi.

  • in quegli anni le pornostar svelavano la vera corruzione nell'ostentazione della trasgressione. Oggi invece puttane di alto rango fanno le professionale nel sistema stesso della corruzione. Il porno oggi è stato fagocitato dallo spettacolarismo del sistema. Vittima anche la pornografia. 🙁

  • …anche in quegli anni accadeva la stessa cosa, soltanto che veniva "velata" maggiormente per via di un comune senso del pudore più forte, lasciando a personalità eversive- la metaforica Cicciolina, non tratto della persona storica- il ruolo della spettacolarizzazione della denuncia, non sempre efficace o del tutto veritiera. Però era anni in cui questo faceva rumore, provocava qualcosa. Oggi siamo abituati a quelle immagini che non facciamo più caso ad esse. dunque, la trasgressione che trasgredendo è diventata regola. Grazie a tutti per i complimenti 🙂

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