Bluvertigo @Eutropia (09/2014)

I Bluvertigo travolgo, con posatezza, il pubblico romano

C’è una canzone che passa in radio da talmente tanto tempo, da essere diventata quasi cacofonica. Nel testo, a un certo punto, viene ripetuta la frase: «You’re from the 70’s but I’m a 90’s bitch». Tralasciando ogni giudizio di valore, è dal 9 settembre che continua a venirmi in mente questo ritornello, esattamente da quando ho visto i Bluvertigo suonare dal vivo dopo quindici anni.
Correva l’anno 1999, io di lì a poco avrei compiuto diciotto anni e nel frattempo affrontavo l’ultimo anno delle superiori. Vi lascio immaginare che Sturm und Drang si agitava in quel periodo dentro di me: crisi adolescenziali, vagheggiamenti di indipendenza, brufoli, amori che pensavo mi avrebbero fatto concludere questa vita come Sylvia Plath, scelte musicali disperatissime.
In questo panorama sconfortante si erano inseriti i Bluvertigo, gruppo monzese che all’epoca mi fece conoscere mia sorella e che vidi per la prima volta all’Atlantico.
Prima e ultima volta visto che pochi anni dopo il progetto Bluvertigo venne “congelato” (come loro stessi tengono a precisare), per essere ripresentato nel 2014.

Io nel frattempo sono cresciuta (leggi invecchiata), nessun amore mi ha ucciso anche se qualche discreto bruciore di stomaco lo accuso e quando ho saputo che il gruppo di Monza era tornato a suonare, la ggiovane che ancora abita nel mio corpo ha avuto un sussulto.

Così eccomi in un martedì di inizio settembre -non più rovente ma tiepido da felpa la sera– a imbarcarmi per Testaccio.
Il concerto è stato ospitato all’interno della manifestazione Eutropia presso la Città dell’Altra Economia. Per chi non lo sapesse, tipo io che non ci ero mai stata, si tratta degli spazi dell’antico Campo Boario che oggi accolgono –tra l’altro– un ristorante, una libreria e una ludoteca.

Arrivo un bel po’ prima del concerto nella speranza di incontrare qualcuno e fare il colpo gobbo della mia inesistente carriera, giusto in tempo per assistere al soundcheck dei Bluvertigo con un Morgan fino a quel momento non pervenuto.
Non solo non riesco a fermare nessuno, ma anzi io e uno sparuto gruppo di ragazzi veniamo gentilmente scortati fuori, non si sa mai tra di noi si fosse celato un novello Chapman o una Valerie Solanas. Mentre immaginavo già i titoli delle testate nazionali (dopo “Ho sparato a Andy Warhol” a Roma “Sparano a Andy Fumagalli”), mi chiedevo cosa sarebbe potuto succedere durante la serata.

In quanto consumatrice attiva di X Factor, la preoccupazione maggiore era per Morgan: sarà in grado di stare in piedi? Farà scenate? Metterà incinta qualcuna nel tragitto dal backstage al palco? E qui torniamo al ritornello delle Icona Pop e al perché fieramente posso dire di essere una “90’s bitch”.

Da quando sono saliti sul palco a quando ci hanno salutato, i Bluvertigo ci hanno regalato un concerto divertente, non impeccabile ma coinvolgente, che ha ricordato a tutti i presenti quant’eravamo spensierati e completamente “fuori dal tempo”.
Gli enfants terribles sono cresciuti e forse neanche così terribili. Morgan e Andy si presentano come Lestat e Louis di “Intervista Col Vampiro” completi di mantello e maniche a sbuffo, Livio Magnini e Sergio Carnevale (rispettivamente chitarra e batteria) meno istrionici, più composti. Ma un gruppo.

La prima piacevole sorpresa è che non sembra suonare Marco Castoldi and His Discepolis ma una band. Il frontman è tale, si comporta di conseguenza, ma senza boria, senza oscurare la presenza degli altri che riescono a farsi notare anche quando hanno l’aplomb del chitarrista.
Il repertorio attinge un po’ da tutta la “trilogia chimica”. Cantiamo “Il Mio Malditesta“, “Cieli Neri“, “Decadenza” e “La Crisi“. La voce di Morgan risente degli anni e della vita da rockstar, ma in compenso divertono e si divertono, fanno battute e si prendono in giro. Sembra di stare in un locale dove suona un amico di amici di altri amici. Tutto si può dire tranne che non sappiano mettere a loro agio il pubblico. Non hanno la pretesa di intensità di alcuni gruppi in circolazione, non oggi almeno, non qui.

La seconda piacevole sorpresa è che mi sono imbattuta in amici che non pensavo avrei potuto incontrare a un concerto del genere. Invece siamo tutti qui, gli “una volta adolescenti” che per stasera vogliono sentirsi ancora così, senza una casa a cui tornare, bollette da pagare o una cena da procacciare.

Cantiamo a squarciagola “Altre Forme di Vita” e ce ne andiamo via solo quando siamo sicuri che i Bluvertigo abbiano davvero finito e anche se sono mancati pezzi fondamentali come “Iodio” e anche se il gruppo lombardo forse non ha cambiato le nostre vite, in questa notte romana un po’ calda e un po’ fresca mi guardo intorno e penso di non poter chiedere altro.

 Agnese Iannone

Foto: Danilo D’auria

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