Arte e Capitalismo digitale…

Il capitalismo industriale si trasforma in digitale: una società dell’informazione è anche una società della sorveglianza. Una mostra indaga questi trends

L’arte digitale e l’era del capitalismo… cosa condividono? Forse l’arte si fa digitale anche perché è la società stessa ad essersi fatta digitale. Una mostra riflette su come la digitalizzazione influisca sulle nostre vite, positivamente e negativamete, e si sia ormai diffusa a macchia d’olio

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L’arte digitale e il capitalismo: cosa hanno in comune?

Comunemente il capitalismo si definisce come quel sistema economico in cui il capitale è di proprietà privata. Marx definiva capitalistico quel sistema economico in cui i mezzi di produzione industriali sono nelle mani di pochi, che accumulano capitale attraverso lo sfruttamento dei salariati. Ma al giorno d’oggi si può parlare ancora di capitalismo industriale? In un mondo in cui vanno forte i programmi tipo “Com’è fatto?”, in cui si presenta la lavorazione industriale di un oggetto di uso comune ..perché i bambini non hanno idea di cosa sono le industrie, forse sarebbe meglio parlare di capitalismo digitale. Ormai le risorse sono digitali e il sistema economico attuale tende molto a sfruttare queste risorse, magari per rivalutare altri ambiti, il che forse neanche è del tutto sbagliato.

 

L’arte digitale che riflette sulla digitalizzazione: l’arte si fa digitale perché digitale è il suo oggetto.

Cos’è l’individuo all’interno di una società caratterizzata da una digitalizzazione sempre maggiore della comunicazione e dell’informazione? Ogni medaglia ha due facce e se la digitalizzazione permette una migliore circolazione dell’informazione e comunicazione, c’è anche una maggiore tracciabilità e un maggior controllo, finalizzato anche ad un miglior sfruttamento economico delle nostre emozioni.

C’è una mostra, dal titolo “Smart New World“, che si concentra proprio sulla digitalizzazione, intesa come la dissoluzione e la trasformazione dei dati analogici in dati digitali, pronti per essere immagazzinati e processati. Inoltre la mostra vuole indagare come tutto questo abbia influito sulla nostra società. L’ispirazione agli artisti non viene solo dallo sviluppo rapido della digitalizzazione, ma dalla riflessione sul risvolto che essa ha avuto e quindi la dimensione che ha in ambito culturale, politico e sociale. Ovviamente la riflessione sulla digitalizzazione costante e incalzante è anche sugli eventuali percoli, oltre che sui vantaggi, che essa porta. Le opere d’arte possono avere un potenziale quasi investigativo, avendo questa capacità di riflessione e sapendo cogliere come la digitalizzazione influisce sui nostri pensieri, sul nostro apprendimento e sulla nostra sfera privata.

 

Una mostra di arte digitale organizzata dall’INS.

Ad organizzare la mostra è stata l’INS, società necronautica internazionale. Questa è un network fondato da alcuni artisti e filosofi ed ha sviluppato una procedura d’accesso alla mostra molto particolare. Il visitatore ha l’obbligo di firmare un contratto in cui si prende visione della filosofia della società, fondata sulle condizioni del moderno capitalismo digitale.

Ci sono due opere, tra le altre, che esemplificano gli aspetti negativi della digitalizzazione di cui si parlava prima: la prima è il video autobiografico di Christoph Faluhaber, che racconta le sue performance provocatorie e scomode mostrando il meccanismo degli apparati di sorveglianza diffusi attualmente. Poi abbiamo l’opera del duo Korpys/Löffler che osserva e documenta i metodi di raccolta informazioni dell’agenzia dell’intelligence tedesca.

 

L’arte digitale e la digitalizzazine armata.

Cambiamo registro e riflettiamo ancora sulla digitalizzazione grazie ai film girati da Omer Fast e Santiago Sierra, che trattano di missioni di droni comandati digitalmente e che hanno un ruolo significativo nei conflitti moderni.

Trevor Paglen ci propone una riflessione sulle componenti sconosciute ma tangibili, come edifici e satelliti, che sono utilizzati dalla milizia americana e dall’intelligence.

Laura Poitras, che insieme a Glenn Green­wald è stata la prima persona a poter accedere ai documenti di sorveglianza e di spionaggio che sono stati resi disponibili da Edward Snowden, utilizza del materiale video volto a documentare la costruzione del centro dati di sorveglianza della NSA nello Utah.

 

L’arte digitale e le potenzialità di Internet.

Dalla sorveglianza e dalle forze miliziane passiamo adesso ad un artista che riflette sul potenziale di Internet. Parliamo di Kenneth Goldsmithche che elabora un progetto chiamato “Printing Out the Internet“. Egli riflette sul potenziale della rete ai fini della libertà d’informazione e parità di diritti dell’istruzione. Al contempo rileva che i dati digitali immessi sono talmente tanti che è difficile tenerli sotto controllo.

Ancora su Internet si basa l’opera di Taryn Simon, che vuole mostrare come i motori di ricerca non siano propriamente “neutrali” e influiscano sulla nostra immaginazione.

Ancora, Aleksandra Domanovi riflette sulle parole chiave, quelle utilizzate per effettuare una ricerca, che immettiamo nella barra quando avviamo il browser. L’artista sostiene che acquisire conoscenze attraverso l’immissione di parole chiave influenzi il nostro modo di pensare e percepire. Oltre questo, dà vita ad una coreografia in cui vuole mostrare l’uso spesso compulsivo dei media digitali.

Un altro intervento da segnalare, perché si diversifica dai precedenti, è quello di Simon Denny che trasforma le componenti hardware in scultura, riflettendo sul tema dell’importante sviluppo tecnico, della comunicazione e dell’interfaccia.

La mostra è cominciata il mese scorso a Dusseldorf, al “Kunsthalle Dusseldorf“, e sarà allestita fino agli inizi di agosto.

Roberto Morra

 

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